Atimpùri!

Qui in paese quando ero bambino c’era un Dio che abitava in chiesa, negli spazi immensi sopra l’altar maggiore dove si vedeva infatti sospeso in alto un suo fiero ritratto tra i raggi di legno dorato. Era vecchio ma molto in gamba (certo meno vecchio di San Giuseppe) e severissimo; era incredibilmente perspicace e per questo lo chiamavano onnisciente, e infatti sapeva tutto e, peggio, vedeva tutto. Era anche onnipotente, ma non in modo assoluto: se no sarebbe andato in giro con un paio di forbici a tagliare il ciccio a tutti i bambini che facevano le brutte cose. I piccoli adopratori del ciccio erano suoi mortali nemici,e potendo li avrebbe puniti senz’altro così, ma grazie a Dio non poteva.

[...]

Atimpùri! Per la prima comunione che si faceva in chiesa a sette anni, ci vestivano da marinaretti; e le bambine in bianco.quando venne il mioturno e dovetti andarmi a confessare per laprima volta, mi era ben chiaro che dovevo confessarmi anche delle brutte cose, anni e anni, una vita intera di brutte cose: ma come, con che parole? Me lo insegnò la Norma. Lei aveva fatto la  comunione qualche anno prima, e per un po' aveva poi scansato i giochi proibiti, a cui tornò in seguito solo di rado e riluttando.

Un giorno che facevo pissìn sul muretto del letamaio, passò la Norma che andava in orto col cestino di fil di ferro a raccogliere insalata. Io mi voltai verso di lei, e cominciai ad invitarla festevolmente agitando quel che tenevo nella manina. Ma la Norma si indignò.

«Va' via, mas'cio!» mi disse. «Pensa che presto fai la cumunione!»

Più tardi ci trovammo in cortile (scendeva la sera) e passeggiando su e giù la Norma mi confidò la formula con cui ci si confessa. La imparai bene a memoria e a suo tempo la ripetei al prete: «Atimpùri!».

Agli adulti e ai preti il gioco creduto segreto era notissimo; ma lo chiamavano così.


Luigi MeneghelloLibera nos a Malo, BUR, 2007, pp. 7-8

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