I filtri d'amore

– Buona gente ma primitiva. Si guardi soprattutto dalle donne. Lei è un giovanotto, un bel giovanotto. Non accetti nulla da una donna. Né vino, né caffè, nulla da bere o da mangiare. Certamente ci metterebbero un filtro. Lei piacerà di sicuro alle donne di qui. Tutte le faranno dei filtri. Non accetti mai nulla dalle contadine –. Anche il podestà è dello stesso parere. Questi filtri sono pericolosi. Berli non è piacevole. Disgustoso anzi. – Vuol sapere di che cosa li fanno? – E il dottore mi si china all’orecchio, balbettando a bassa voce, felice di aver ricordato finalmente un termine scientifico esatto. – Sangue, sa, sangue ca-ta-meniale, – mentre il podestà ride di un suo riso di gola, come una gallina. – Ci mettono anche delle erbe, e pronunciano delle formule, ma l’essenziale è quello. Son gente ignorante. Lo mettono dappertutto, nelle bevande, nella cioccolata, nei sanguinacci, magari anche nel pane. Catameniale. Stia attento –. Quanti filtri, ahimè, avrò bevuto senza saperlo, nel corso dell’anno? Certamente non ho seguito i consigli dello zio e del nipote, e ho affrontato ogni giorno il vino e il caffè dei contadini, anche se chi me lo preparava era una donna. Se c’erano dei filtri, forse si sono vicendevolmente neutralizzati. Certo non mi hanno fatto male; forse mi hanno, in qualche modo misterioso, aiutato a penetrare in quel mondo chiuso, velato di veli neri, sanguigno e terrestre, nell’altro mondo dei contadini, dove non si entra senza una chiave di magía.


Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli, Einaudi, 1948, pp. 19-20.

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