La teoria di Frazer sull'origine della religione

Abbiamo visto che in uno stadio primitivo della società gli uomini, ignari dei segreti processi della natura, e della ristrettezza dei limiti entro cui è nostro potere di governarla e dirigerla, si sono arrogati delle funzioni, che al nostro livello di conoscenze giudicheremmo sovrumane o divine. L'illusione fu mantenuta ed incoraggiata dalle stesse cause che la produssero, e cioè l'ordine e l'uniformità meravigliosa con cui la natura conduce l'opera sua, poiché le ruote della sua macchina girano con una costanza e precisione tali che l'osservatore paziente può in generale anticipare la stagione se non l'ora in cui esse porteranno a compimento le sue speranze ed i suoi timori. Gli eventi di questo ciclo, ricorrenti regolarmente, s'imprimono presto anche nella mente tarda del selvaggio. Egli li prevede e, prevedendoli, scambia la ricorrenza desiderata per un effetto della sua volontà e la ricorrenza temuta per un effetto della volontà dei suoi nemici.

Così le molle che mettono in moto la grande macchina, sebbene ben lontane dalla portata del nostro sguardo, avvolte in un mistero che non potremo mai sperare di penetrare, sembrano all'ignorante a portata della sua mano; egli s'imagina di poterle toccare e di poter quindi produrre con la magia ogni sorta di bene per sé e di male pei suoi nemici. Col tempo la fallacia di questa credenza gli si fa manifesta; scopre che vi son cose che non può fare, piaceri che non si può procurare, dolori che anche il più potente dei maghi non sa allontanare. Il bene irraggiungibile, il male inevitabile sono ora da lui attribuiti a forze invisibili, il cui favore è gioia e vita, la cui collera è dolore e morte. Così la magia tende a esser sostituita dalla religione,
il mago dal sacerdote. A questo stadio del pensiero le cause prime sono concepite come esseri personali, molti in numero e spesso contrastanti in carattere, che hanno la natura e persino la fragilità dell'uomo, sebbene la loro potenza sia più grande della sua, e la loro vita ecceda di gran lunghezza la sua effimera esistenza. Le loro spiccate individualità, i loro nitidi contorni non hanno ancora cominciato, sotto la potente azione della filosofìa, a fondersi e a conglomerarsi in quell'unico e misterioso substrato di fenomeni, che secondo le qualità che la nostra imaginazione gli applica, va sotto l'uno o l'altro degli altosonanti nomi con cui l'ingegno umano vuole nascondere la sua ignoranza.

Così, finché gli uomini considerano gli dèi come loro affini e non li pongono a un'irraggiungibile altezza al di sopra di loro, essi credon possibile per quelli tra loro che sorpassano i compagni di raggiungere un grado divino, dopo la morte o anche durante la vita. Gli dèi incarnati di quest'ultima specie possono considerarsi a metà strada tra l'età della magia e l'età della religione. Se portano il nome di dèi e ne ostentano la pompa, i loro supposti poteri non sono in generale che quelli dei loro predecessori, i maghi. Come loro, devono difendere la gente dagli incantesimi ostili, guarire dalle malattie, accordar la prole, e provvederla di un'abbondante provvista di cibo, regolando il tempo ed eseguendo le altre cerimonie necessarie ad assicurar la fertilità della terra e la moltiplicazione degli animali.


James FrazerIl ramo d'oro, Bollati Boringhieri, pp. 199-200

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