Le cene per i morti alla vigilia di Ognissanti
Non soltanto fra i Celti ma per tutta Europa pare che l'Ognissanti, la notte che segna il passaggio dall'autunno all'inverno, fosse anticamente il tempo dell'anno in cui si supponeva che le anime dei morti tornassero alle loro case per riscaldarsi al fuoco e ristorarsi con le vivande per loro imbandite dagli amorosi parenti in cucina o nella sala da pranzo. Era forse un pensiero naturale che l'avvicinarsi dell'inverno spingesse le povere anime tremanti e affamate dai nudi campi e dalle spoglie selve al ricovero della casa col suo focolare domestico. Non era allora che il bestiame muggente tornava a torme dalle pasture estive nelle foreste e sulle colline per esser custodito e pasciuto nelle stalle, mentre il vento gelido soffiava tra i rami ondeggianti e la neve s'ammucchiava nelle vallette? Come potevano il capo di casa e la massaia negare agli spiriti dei loro morti la buona accoglienza che pur davano alle bestie?
James Frazer, Il ramo d'oro, Bollati Boringhieri, 2013, p. 738.
Queste cene per i morti erano ancora preparate in pieno Novecento in Piemonte.
RispondiEliminaAi morti veniva preparata una cena con delle castagne. La mattina seguente, nello sparecchiare, non bisognava cedere alla tentazione di contare le castagne che i morti avevano mangiato perché ciò avrebbe portato male.