Lo sfruttamento del mito di Adone da parte del cristianesimo

In Sicilia si seminano ancora in primavera come d'estate dei giardini di Adone; da ciò possiamo forse arguire che la Sicilia e la Sardegna celebrassero un tempo una festa primaverile del dio morto e risuscitato. All'avvicinarsi della Pasqua, le donne siciliane seminano del grano, delle lenticchie e dei grani leggeri in piatti, che tengono al buio e innaffiano ogni due giorni. Le piante crescono rapidamente, se ne legano insieme i germogli con dei nastri rossi e si mettono i piatti che li contengono sui sepolcri che si fanno con le imagini dei Cristo morto, il venerdì santo, nelle chiese cattoliche e greche, proprio come i giardini di Adone venivano posti sulla tomba del dio morto. Questo uso non è unicamente siciliano, perché viene osservato anche a Cosenza, in Calabria, e forse anche altrove. L'intero costume — i sepolcri e i piatti con i germogli di grano — può essere la continuazione, sotto un nome diverso, del culto di Adone.

Questi costumi siciliani e calabresi non sono i soli costumi pasquali che somiglino ai riti di Adone, « Durante tutto il venerdì santo, si espone nel centro delle chiese greche una statua di cera del Cristo morto e la folla la ricopre di baci ardenti, mentre tutta la chiesa risuona melanconicamente di canti funebri. A tarda sera, quando son cadute le tenebre, i preti portano questa immagine di cera per la strada sopra una bara decorata di fiori di cedro, rose e gelsomini, e comincia una grande processione della folla che muove in fila serrate, a passo lento e solenne, attraverso l'intera città. Ogni uomo porta un cero ed erompe in dolorosi lamenti. A tutte le case dove passa il corteo vi sono delle donne sedute con dei turiboli per incensare la folla. Così il popolo solennemente sotterra il suo Cristo come se fosse morto allora allora. Alla fine, l'immagine di cera viene deposta ancora nella cappella e risuonano ancora gli stessi funebri canti. Queste lamentazioni, accompagnate da un severo digiuno, continuano sino alla mezzanotte del sabato. Quando l'orologio batte i dodici colpi, appare il vescovo e annuncia la felice novella che " Cristo è risorto! " e la folla risponde: " È vero ", e subito in tutta la città scoppia un'onda di gioia che si manifesta in grida e urla, con scariche ininterrotte di cannonate e moschetti e esplosione di fuochi d'artificio d'ogni specie. Nello spazio di appena un'ora passano dall'estremo digiuno al festino con l'agnello pasquale e il vino puro ».

La Chiesa cattolica ha usato presentare, in maniera analoga, ai suoi fedeli la morte e la risurrezione del Redentore in forma visibile. Questi drammi sacri sono ben adattati a colpire le immaginazioni e a toccare gli ardenti sentimenti di una razza meridionale, a cui la pompa e l'apparato del cattolicesimo convengono meglio che al temperamento dei popoli teutonici.

Quando pensiamo quanto spesso e con quale abilità la Chiesa ha saputo innestare la nuova fede sul vecchio tronco del paganesimo, possiamo facilmente immaginare che la celebrazione pasquale del Cristo morto e risorto fosse venuta da una celebrazione analoga del dio Adone, morto e risuscitato, che, come abbiamo avuto ragione di credere, veniva celebrata nella Siria, negli stessi giorni. Il tipo, creato da artisti greci, della dea addolorata con l'amante morente sulle braccia, somiglia, e può esser stato un modello, alla Pietà dell'arte cristiana, la Vergine con in grembo il corpo del suo divino Figlio morto, di cui l'esempio più celebre è quello di Michelangelo in S. Pietro. Quel nobile gruppo, dove il vivo dolore della madre contrasta così mirabilmente con il languore mortale del figlio, è una delle più ammirabili opere di scultura che esistano. L'antica arte greca ci ha lasciato pochi lavori così belli e nessuno così patetico.

A questo riguardo può essere di non poco valore un noto giudizio di S. Girolamo. Egli ci dice che Betlemme, il tradizionale paese nativo del Signore, era ombreggiato da un piccolo bosco che apparteneva a quel dio siriano anche più antico di lui, Adone, e là dove aveva pianto Gesù bambino, erano state versate lacrime per l'amante di Venere. Benché S. Girolamo non lo dica apertamente, sembra che egli abbia pensato che il boschetto di Adone fosse stato piantato dai pagani dopo la nascita di Cristo, allo scopo di profanare il luogo sacro. Può darsi che in questo S. Girolamo abbia errato. Se infatti Adone era, come io credo, lo spirito del grano, si poteva trovare difficilmente un nome più adatto per la sua dimora che quello di Betlemme, « la Casa del Pane », e, molto probabilmente, egli può essere stato adorato là nella sua Casa del Pane, parecchi secoli prima che nascesse Colui che dirà: « Io sono il pane della vita ». Anche supponendo che Adone seguisse, invece di precedere, Cristo a Betlemme, la scelta della sua dolorosa immagine per allontanare la comunione dei cristiani dal loro Signore non può che colpirci come straordinariamente appropriata, se ricordiamo la somiglianza dei riti che commemoravano la morte e la risurrezione dei due.


James FrazerIl ramo d'oro, Bollati Boringhieri, 2013. pp. 414-416.

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