L'ombra della suocera
[...] se l'ombra è una parte vitale dell'uomo o dell'animale, l'esser toccati da essa può divenire in certi casi pericoloso come se si fosse toccati dalla persona o dall'animale. Così per il selvaggio è una regola scansar l'ombra di quelle persone che per qualche ragione considera pericolose. Tra le classi pericolose contano comunemente i piagnoni e le donne in generale, ma specialmente le suocere. Gli indiani Shuswap credono che, se l'ombra di un piagnone va a cadere su una persona, ciò basta per farla ammalare. Tra i Kurnai dello stato di Victoria, si intimava ai novizi, iniziandoli, di non lasciarsi mai cadere addosso l'ombra di una donna, altrimenti sarebbero diventati magri, pigri e stupidi. Si dice che una volta un indigeno australiano sia quasi morto di paura perché l'ombra di sua suocera gli cadde sulle gambe mentre dormiva sotto un albero. L'orrore e lo spavento con cui il selvaggio ignorante considera la suocera è tra i fatti più familiari dell'etnografia. Nelle tribù Yuin della Nuova Galles del Sud la regola che proibiva a un uomo ogni comunicazione con la madre di sua moglie, era assai stretta. Egli non poteva guardarla e neppure guardar nella sua direzione. Se la sua ombra fosse caduta sulla suocera era questa una causa di divorzio; in questo caso egli doveva lasciare la moglie che tornava a vivere coi parenti. Nella Nuova Britannia l'immaginazione degli indigeni non può arrivare a concepire né l'enormità né la natura delle calamità che risulterebbero se un uomo parlasse accidentalmente con sua suocera; probabilmente il suicidio di uno o di tutti e due sarebbe l'unica risorsa che rimarrebbe. La forma più solenne del giuramento che un indigeno della Nuova Britannia può formulare è questa: « Signore, se non dico la verità, spero di dover stringer la mano di mia suocera ».
James Frazer, Il ramo d'oro, Bollati Boringhieri, p. 232
Ancora un esempio dell'ironia frazeriana.
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