L'uccisione del re divino

Era costume regolare degli Shilluk di dar morte al re appena questi mostrasse segni di cattiva salute o di forze diminuite. Era considerato uno dei sintomi fatali del suo decadimento l'incapacità di soddisfare le passioni sessuali delle sue mogli che erano moltissime, distribuite in un gran numero di case a Fashoda. Quando questa malaugurata debolezza cominciava a manifestarsi, le mogli ne riferivano ai capi i quali, si diceva, intimavano comunemente al re la sua condanna stendendogli un panno bianco sul viso e sulle ginocchia mentre giaceva sonnecchiando nella soffocante calura del pomeriggio. La sentenza di morte era subito seguita dall'esecuzione. Si costruiva una capanna apposta per l'occasione: il re vi veniva condotto e si coricava con la testa sul grembo di una vergine nubile: allora la porta della capanna veniva murata, e senza cibo, senza acqua e senza fuoco la coppia veniva lasciata morire di fame e di soffocazione. Questo era il vecchio costume, ma fu abolito circa cinque generazioni fa per le eccessive sofferenze di uno dei re che morì in questo modo. Si dice che i capi annunciano al re il suo destino e che egli vien strangolato in una capanna costruita apposta per l'occasione.

[...]

Messe da parte le altre ragioni addotte per condannare a morte il re, questa fa pensare che si creda che la fertilità degli uomini, del bestiame e delle messi dipenda simpaticamente dal potere generativo del re, così che l'indebolimento assoluto di quel potere in lui implicherebbe un corrispondente indebolimento negli uomini, negli
animali e nelle piante e ne deriverebbe di conseguenza a breve distanza una completa estinzione di tutta la vita umana, animale o vegetale. Non c'è da meravigliarsi se gli Shilluk, con un simile pericolo davanti agli occhi, siano più che guardinghi a non lasciar morire il re di quel che noi chiamiamo una morte naturale di malattia o di vecchiaia.


James FrazerIl ramo d'oro, Bollati Boringhieri, 2013, 320-322.

Commenti