La sincronicità nel pensiero di Jung

In numerosi commenti alle dottrine orientali, e in modo particolare nel suo studio sull'I Ching, Jung annunciava un nuovo concetto, che avrebbe sviluppato solo nel 1952 con il nome di sincronicità [180]. Egli lo descrive come un principio di connessione acausale e fu colpito dall'importanza di questo principio nel pensiero cinese. Tuttavia vi era già qualcosa che poteva ricordare questo principio nella concezione di Leibniz "dell'armonia prestabilita", in certe osservazioni di Schopenhauer e nel verificarsi abbastanza comune della cosiddetta legge della serie. L'attenzione di Jung era attratta dal verificarsi di "coincidenze significative". Un esempio di queste è fornito dalla storia di una paziente, la cui analisi non faceva progressi a causa del suo Animus iperrazionale. Ella aveva sognato che le era stato regalato uno scarabeo d'oro e, mentre Jung stava esaminando con lei questo sogno, un vero scarabeo andò a sbattere contro il vetro della finestra. Jung lo raccolse e lo diede alla paziente. Ella fu così impressionata che la sua barriera di razionalità fu travolta. Jung confrontò questi fenomeni con i dati sperimentali forniti da Rhine circa la percezione extrasensoriale. Mentre Rhine aveva messo in rilievo la funzione del fattore emotivo nel verificarsi della percezione extrasensoriale, Jung scoperse che nelle sue "coincidenze significative" era in qualche modo presente un elemento archetipico. Infine Jung giunse a porsi il problema se la fisica moderna, distaccandosi dal principio del rigoroso determinismo causale, non si avvicinasse al principio della sincronicità.

_________________________

[180] Jung, La sincronicità come principio di nessi acausali (1952).


Henri F. Ellenberger, La scoperta dell'inconscio, Boringhieri, 1982 (ed. or. 1970), p. 837.

Commenti