Comunismo e millenarismo

Il progetto rivoluzionario, così come è stato elaborato dai rivoluzionari,  è la trascrizione, in chiave laica e politica, del millenarismo antico e medioevale. Nel millenarismo la gente attende la rigenerazione dopo una serie di catastrofi e di  dolori terrificanti. Il male, la sofferenza precede il trionfo del bene, la distruzione di tutti i nemici, di tutti i malvagi, e la liberazione di tutti i sofferenti, di tutti i buoni; la scomparsa definitiva dell'uomo vecchio, corrotto, e l'apparizione della nuova Gerusalemme celeste.

Nell'epoca moderna l'idea di un raddrizzamento del mondo a opera dell'intervento divino si è gradualmente affievolita. Ma al suo posto si è diffusa l'idea che sia possibile un rovesciamento laico, politico: la rivoluzione. Questo modello si è formato a caldo nella rivoluzione francese stessa. Perché la rivoluzione francese ha rovesciato anche l'ordine religioso, anche le gerarchie religiose. In questo modo ha indebolito, tolto credibilità e soprattutto temibilità, al millenarismo religioso. E, nello stesso tempo, ha dato un saggio della nuova apocalisse, della distruzione del vecchio mondo e dell'apparizione del nuovo.

È stato Rousseau a fornire il mito sostitutivo di quello cristiano. L'uomo, dice Rousseau, è per natura buono, ma è reso malvagio dalla società. Se si muta la società, se si realizza il contratto sociale, se si realizza un'altra educazione, allora la bontà originaria può affiorare. Queste idee astratte sono diventate forza trascinante durante lo stato nascente rivoluzionario. I rivoluzionari hanno avuto l'impressione che tutto questo fosse possibile e in breve tempo, che bastasse eliminare l'ostacolo costituito dal vecchio ordinamento e l'uomo nuovo sarebbe sbocciato senza difficoltà. Questa è stata l'esperienza fondamentale che si è rinnovata in continuazione, nei due secoli successivi, fra i rivoluzionari. E il terrore, la ghigliottina, la dittatura napoleonica? Conseguenza di errori, di tradimenti, di eccessi. Oppure del fatto che la rivoluzione era rimasta alla sua prima fase, senza arrivare a incidere in modo più profondo, più radicale, sulle diseguaglianze materiali e sulla povertà. È questa la concezione di Babeuf e, poi, dei rivoluzionari ottocenteschi fino a Marx, fino a Lenin. La rivoluzione francese è andata male perché non è stata radicale abbastanza. Perché è stata soltanto una rivoluzione borghese, quindi non ha inciso il male alla radice. Ma se si fa questo, se si ha il coraggio di farlo fino in fondo espropriando gli espropriatori, allora - sia pur dopo l'inevitabile periodo di dittatura del proletariato - l'uomo nuovo, l'uomo di Rousseau, uscirà fuori e apparirà il comunismo.


Francesco Alberoni, Genesi, Garzanti, 1989, pp. 340-341.

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