Gesù fondatore della chiesa?

In un versetto del vangelo di Matteo (16,18; senza paralleli negli altri sinottici e in Giovanni), teologi e, soprattutto, parroci, trovano in genere la prova dell'intenzione di Gesù di fondare una chiesa: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa». Più di un elemento suggerisce tuttavia di non attribuire a questo passo il rilievo che la tradizione cristiana ritiene legittimo (oltre tutto, «chiesa» è una traduzione fuorviante del termine greco ecclesìa di Matteo: l'idea illustrata è piuttosto quella di convocazione o assemblea).

In primo  luogo, contiene un riferimento a un versetto di Isaia: «Ecco, io pongo in Sion una pietra, una pietra scelta, angolare, preziosa, bene fondata» (28,16). Questo testo, letto soprattutto in chiave messianica, aveva goduto di non poca fortuna nell'epoca anteriore a quella neotestamentaria. Inoltre, a Qumran, nel Commento al Salmo 37 (4QpPs. 37, 3) compare l'immagine dell'«edificazione di un'assemblea» - questa volta però ad opera del Maestro di giustizia.

La possibilità di usare versetti di Isaia o dei Salmi in molteplici accezioni, e di applicarli a persone diverse, com'è documentato, consiglia di ricondurre il passo di Matteo a una prospettiva più modesta di quella adottata dalla chiesa cattolica, la quale lo ha anche eretto a fondamento del primato papale. È azzardatissimo ritenere che rifletta il proposito di Gesù di gettare le basi di una chiesa pur vagamente organizzata, un progetto inimmaginabile in un predicatore degli ultimi giorni della storia come lui. Piuttosto, corrisponde al tentativo di Matteo di dare un senso alla situazione che caratterizzava gli anni in cui scriveva, e quindi di definirla all'interno dei confini escatologici tracciati da Gesù. Applicando il concetto tradizionale di «congregazione di Israele» alla comunità (non alla «chiesa») di quanti gli erano rimasti fedeli, si poteva appunto venire incontro a questa esigenza.

In ogni caso, almeno fino a quando Gesù fu in vita, mancavano totalmente i segni che contraddistinguono una chiesa, ad esempio gerarchie, sacerdoti, riti speciali o cerimonie dalle quali gli «esterni» fossero esclusi. Alcuni elementi soprattutto erano antitetici all'idea stessa di chiesa, come l'assenza programmatica di un luogo stabile, il rifiuto della famiglia, dei beni, delle ricchezze, persino delle minime rassicurazioni materiali. Venivano così privilegiate modalità di vita che non potevano conciliarsi con forme anche molto lasse di organizzazione.

Il programma etico proposto da Gesù, con la sua assoluta radicalità, configurava un quadro esistenziale destinato a diffondersi unicamente presso persone disposte a farlo proprio sotto la sollecitazione della temperie escatologica; un quadro tuttavia in grado, per la sua stessa natura, di dare indicazioni soltanto di raggio molto ravvicinato. Costoro furono gli apostoli e quanti seguirono il modello del carismatico itinerante caratteristico di Gesù, senza «pecunia per le vostre tasche», senza «una borsa per il viaggio, né due tuniche, né calzature e neppure un bastone» mandate come «pecore in mezzo ai lupi» (Mt. 10, 9-10 16; cfr. Mc. 6, 8-9; Lc. 9, 3).


Ugo Bonanate, Nascita di una religione. Le origini del cristianesimo, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 96-97.

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