La balia ideale secondo la trattatistica di un tempo

Poiché con il latte trasmetteva al neonato i suoi vizi e le sue virtù, la balia doveva essere prima di tutto di buoni costumi e di maniere non grossolane, saggia e mansueta, non molto timida ma neppure troppo audace. Secondo qualcuno doveva essere anche una «bella parlatrice, accioche avendo il figliuolo ad imparar da lei i primi accenti e voci, non impari cosa che poi con fatica debba lasciare». Non meno importanti erano le sue caratteristiche fisiche. Di età fra i venti e i trentacinque anni, proveniente da famiglia sana, sposata con un uomo che non avesse mai sofferto di gravi malattie e non fosse comunque infetto da «mal francese», la balia doveva essere di complessione robusta, ma soprattutto simile a quella della madre del bambino che le veniva affidato, ed avere un petto largo, con due mammelle elevate e rotonde, non troppo grandi e molli, ma ben raccolte , con capezzoli pronunciati e sensibili. Non doveva essere incinta ed era anzi bene che fosse «recente di parto», perché quanti più mesi passavano dal momento in cui aveva avuto un figlio, tanto più la qualità del suo latte tendeva a peggiorare. Vi era chi diceva che «i capelli, e le sopracciglia nere, o di un biondo cinerizio, il guardo agradevole, una bella carnagione, dolce il fiato, e la traspirazione, le gengive vermiglie, ed i bei denti sono gl'indizi più certi, che annunzino un buon latte». Ma il latte era troppo importante perché ci si potesse accontentare solo di questi segni indiretti: bisognava esaminarlo attentamente, sottoporlo ad una serie di prove, controllarne il colore, il sapore, la densità. Doveva essere bianco ceruleo, quasi inodore, dolce, non troppo denso. Fattolo cadere su un'unghia inclinata, doveva scorrere facilmente senza lasciare alcuna traccia. Mettendone una goccia negli occhi, non si doveva sentire alcun male. Lasciato per alcune ore in un bicchiere, non doveva produrre alcun «cremore».

Durante il periodo in cui allattava, la balia doveva attenersi a determinate regole di comportamento. Non doveva bere vino, «per non infocare il latte». In generale era bene che seguisse una dieta più simile a quella dei contadini che dei ceti sociali superiori, che mangiasse più legumi che carne, che si nutrisse di cose semplici ed evitasse i cibi elaborati, resi appetitosi dalle droghe e dai sughi, così come le vivande salate, «fumate», molto fermentate, le cipolle, gli agli, gli altri cibi di «odor forte».

Quanto al suo comportamento sessuale, le aspettative cambiavano radicalmente nel corso del tempo. Nel Cinquecento e nel Seicento si riteneva che, durante tutto il periodo dell'allattamento, la balia dovesse restare «casta», astenersi dall'«uso di Venere», perché i rapporti sessuali con il marito potevano «guastare il suo latte». All'inizio del Settecento si tollerava che adempisse con moderazione, una volta ogni tanto, al «debito coniugale», a condizione che facesse passare alcune ore dopo il coito prima di dare il latte, in attesa che si fosse rimesso «in quiete il suo corpo». Alla fine del Settecento si era ormai giunti ad una posizione diametralmente opposta a quella di un tempo, perché si pensava che le relazioni sessuali con il marito, concorrendo al «ben essere totale della Donna», avrebbero avuto effetti positivi sia sul suo latte che sul suo rapporto con il neonato.


Marzio Barbagli, Sotto lo stesso tetto. Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo, Il Mulino, 1988, pp. 373-374.

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