Verità del biblista e verità del fedele

[...] i vangeli contengono una narrazione della vita di Gesù che non è storica in ogni sua parte. Tuttavia, i risultati dell'analisi scientifica (negli ultimi decenni profondamente simili in ambito cattolico, protestante e laico) rimangono del tutto sconosciuti al di fuori della cerchia degli specialisti. Ciò perché gli esegeti neotestamentari (e biblici in genere) perlopiù sono stati, e continuano ad essere, membri delle varie chiese cristiane e, soprattutto, sacerdoti delle diverse confessioni religiose. Quasi tutti, quando salgono sul pulpito, mettendo da parte i saggi critici che hanno scritto e le dotte monografie che hanno letto fino a pochi momenti prima, dimenticano completamente quanto sa anche lo studioso più sprovveduto, e cioè che Gesù non pronunciò tutte le parole a lui attribuite nei vangeli. E nelle prediche, nell'insegnamento religioso, in libri devozionali, non ne fanno cenno (come del resto anche il recentissimo Catechismo della Chiesa Cattolica). E proprio questa scissione di ruoli è la causa di una profonda diversità tra prospettiva esegetica e prospettiva teologica, o meglio, pastorale, che ha una lunga storia nel cristianesimo e che ha determinato la creazione di due verità diverse: una del biblista e una per il fedele.


Ugo Bonanate, Nascita di una religione. Le origini del cristianesimo, Bollati Boringhieri, 1994, pp. 18-19.

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