Il sistema di parentela matrilineare degli indigeni delle Trobriand

Questi indigeni sono matrilineari, cioè vivono secondo un sistema sociale nel quale la parentela viene calcolata soltanto attraverso la madre, e la successione e l'eredità avvengono in linea femminile. Ciò significa che il figlio o la figlia appartengono alla famiglia, al clan e alla comunità della madre: il figlio succede nelle cariche e nella posizione sociale al fratello della madre ed eredita le proprietà non dal padre, ma dallo zio o dalla zia materna.

Ogni uomo o donna delle Trobriand passa a matrimonio dopo un periodo infantile di giochi sessuali, seguito da una generale licenza nell'adolescenza e poi da un periodo nel quale gli amanti vivono insieme in maniera più stabile, abitando in comune con due o tre altre coppie una «casa da scapoli». Il matrimonio, che è in genere monogamico, eccetto fra i capi che hanno più mogli, è un'unione permanente, che richiede esclusività sessuale, comunanza economica e vita domestica indipendente. A prima vista, un osservatore superficiale potrebbe credere che si tratti di un tipo di matrimonio del tutto simile al nostro. In realtà, invece, esso è del tutto differente. Per cominciare, il marito non è considerato il padre della prole nel senso da noi dato a questa espressione; fisiologicamente egli non ha nulla a che fare con la loro nascita, secondo le idee degli indigeni, che ignorano la paternità fisica. I figli, secondo la credenza indigena, vengono introdotti nell'utero materno sotto forma di spiriti piccolissimi, generalmente dallo spirito di una parente della madre. Il marito deve allora proteggere e amare i piccoli, «riceverli nelle braccia quando nascono», ma essi non sono «suoi», nel senso che egli abbia partecipato alla loro procreazione.

Il padre è, così, un amico benevolo e amato, ma non un parente riconosciuto del fanciullo. È un estraneo che ha autorità per le sue relazioni personali col bambino, ma non per la sua posizione sociologica nella famiglia. Parentela reale, cioè identità di sostanza, «identità fisica», esiste soltanto attraverso la madre. Ed è il fratello della madre che è investito di autorità sui figli. Ora, questa persona, a causa del severo tabù che vieta ogni stretta relazione fra fratelli e sorelle, non può mai essere in intimità con la sorella, né, perciò, con la famiglia di questa. Essa riconosce l'autorità del fratello e si china dinanzi a lui come un suddito dinanzi a un capo, ma fra essi non possono esistere rapporti di tenerezza. I figli di lei sono tuttavia gli unici eredi e successori di lui, ed egli esercita sopra di loro una potestas diretta. Quando muore, i suoi beni terreni passano a loro, e durante la vita deve trasmettere loro ogni speciale abilità o competenza che possegga: danza, canto, miti, magia ed arti. È lui, inoltre, che procura alla sorella e alla sua famiglia il cibo, e la maggior parte dei prodotti del suo orto va a loro. Il padre, perciò, viene considerato dai figli solo per le cure affettuose e per la tenera amicizia che li lega. Il fratello della madre rappresenta il principio di disciplina, autorità e potere esecutivo nella famiglia.

Il comportamento della moglie verso il marito non è affatto servile. Essa ha le sue proprietà personali e la sua sfera d'influenza pubblica e privata. Non avviene che i figli vedano la madre oppressa dal padre. D'altro canto, il padre lavora solo in parte per mantenere la famiglia e deve provvedere principalmente alle proprie sorelle: e i ragazzi sanno che quando saranno grandi dovranno lavorare anch'essi a loro volta per le famiglie delle loro sorelle.

Il matrimonio è patrilocale: cioè la ragazza segue il marito nella di lui casa e passa alla comunità di questo, se, come generalmente accade, viene da un'altra località. I ragazzi, perciò, crescono in una comunità dove legalmente sono stranieri, non avendo diritto al suolo, né un legittimo orgoglio per le glorie del villaggio; mentre la loro patria, il loro centro tradizionale di patriottismo locale, le loro proprietà e le glorie dei loro antenati si trovano in altro luogo. Nascono strane combinazioni e confusioni da questa duplice influenza.

Sin dalla più tenera età i figli e le figlie di una stessa madre vengono separati dall'àmbito familiare, in virtù del rigoroso tabù che impone che non ci siano stretti rapporti fra essi e che soprattutto nessun interesse connesso col sesso debba mai accomunarli. Così accade che, pur essendo il fratello la persona che ha autorità sulle sorelle, il tabù gli impedisce di usare di questa autorità a proposito del matrimonio di queste. La prerogativa di dare o di rifiutare il consenso è, perciò, lasciata ai genitori, e il padre - o meglio il marito della madre - è la persona che ha maggiore autorità nella questione del matrimonio della figlia.

La grande differenza fra i due tipi di famiglia che ci accingiamo a  paragonare comincia a farsi chiara. Nel tipo di famiglia proprio della nostra civiltà l'autorità e la potenza del marito e padre sono sostenute dalla società. È in giuoco anche la situazione economica: giacché è lui che provvede al mantenimento della famiglia e può - almeno teoricamente - negarle i mezzi o elargirli generosamente. Nelle Trobriand, invece, ci troviamo di fronte a una madre indipendente il cui marito non ha niente a che fare con la procreazione dei figli e non mantiene la famiglia, non può trasmettere in eredità ai figli i propri beni e non ha socialmente nessuna autorità determinata su di essi. I parenti della madre, invece, hanno una grandissima importanza, specialmente il fratello, il quale è investito di autorità, procura il cibo necessario per vivere e alla morte trasmetterà le proprie sostanze ai figli della sorella. Così la vita sociale e la costituzione della famiglia sono basate su un ordinamento del tutto diverso da quello della nostra.


Bronislaw Malinowski, Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi, Einaudi, 1950, pp. 37-41.

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