I gusti come discrimine sociale

Il gusto per il necessario può solo produrre uno stile di vita che si definisce in quanto tale solo in modo negativo, per difetto, mediante il rapporto di privazione che ha rispetto agli altri stili di vita. Agli uni, gli emblemi elettivi, agli altri le stigmate che contrassegnano finanche i loro corpi. «Proprio come il popolo eletto aveva scritto in fronte che apparteneva a Jehova, così la divisione del lavoro imprime all'operaio della manifattura un marchio che lo consacra come proprietà del capitale». Questo marchio, di cui parla Marx, non è altro che lo stile di vita stesso, con cui i più indigenti si rivelano subito, persino dell'uso che fanno del loro tempo libero, votandosi in tal modo a fungere da punto di riferimento negativo di tutte le iniziative di distinzione, ed a contribuire, in forma tutta negativa, alla dialettica della pretesa e della distinzione, che sta alle radici degli incessanti mutamenti del gusto. Oltre a non possedere quasi nessuna delle conoscenze o delle maniere che acquistano valore sul mercato degli esami scolastici o delle conversazioni mondane e ad avere dei modi di comportarsi privi di qualsiasi valore su questi mercati, essi sono anche coloro che «non sanno vivere», quelli che spendono di più in cibi sostanziosi, più pesanti, più grossolani, che fanno ingrassare di più: pane, patate e grassi, ed anche in quelli più volgari, come il vino; quelli che destinano meno risorse all'abbigliamento ed alla cura del corpo, alla cosmetica ed all'estetica, quelli che «non sono capaci di riposarsi», «che trovano sempre qualcosa da fare», che vanno a piazzare le loro tende nei campeggi più affollati, che si fermano a fare il pic-nic sul bordo delle grandi strade, che si infilano con la loro Renault 5 o la loro Simca 1000 negli ingorghi da inizio delle vacanze, che si lasciano catturare dai divertimenti prefabbricati, studiati apposta per loro dagli ingegneri della produzione culturale di grande serie; coloro che, con tutte queste «scelte» maldestre, non fanno che offrire una conferma al razzismo di classe, se per caso ce ne fosse ancora bisogno, cioè all'idea che hanno proprio quello che si meritano.


Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, Il Mulino, 1983 (ed. or. fr. 1979), pp. 187-188.



Commenti

  1. Quale migliore esempio di quanto scrive Bourdieu che questo spezzone tratto dal "Fascino discreto della borghesia" di Luis Buñuel?

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