La concezione compatibilistica della libertà umana

La definizione canonica di libertà offerta dalla tradizione compatibilistica - secondo una proposta prima abbozzata da Hobbes e poi sviluppata da Locke e da Hume - è quella secondo la quale la libertà equivale alla possibilità di agire senza impedimenti o costrizioni. Secondo questa prospettiva, è libero colui che non è impedito nell'agire (perché non gli si vieta di fare ciò che vuole fare) né vi è costretto (perché non viene obbligato a compiere un'azione che non vorrebbe compiere). La tesi, allora, è che quando non siamo impediti o costretti, possiamo liberamente compiere le azioni che vogliamo. Così, ad esempio, si esprime Hobbes:

Un UOMO LIBERO è colui che, nelle cose che è capace di fare con la propria forza e il proprio ingegno, non è impedito di fare ciò che ha la volontà di fare¹³.

Essere liberi - secondo la versione classica del compatibilismo - equivale a compiere l'azione che si vuole compiere: se io voglio un bicchiere d'acqua, e nulla mi impedisce di prenderlo, allora la mia azione di prendere un bicchiere d'acqua è un'azione libera. In questa prospettiva, tutto ciò che serve per dirci liberi è che le nostre azioni discendano dalla nostra volontà, senza impedimenti o costrizioni. Con le parole di Hume:

Con libertà [...] vogliamo significare soltanto un potere di agire o di non agire, secondo le determinazioni della volontà; ossia che, se preferiamo restar fermi,  possiamo; se preferiamo muoverci, egualmente possiamo¹⁴.

È essenziale notare che - secondo lo spirito del compatibilismo - così definita, la libertà non è affatto in contraddizione con il determinismo (come accade, invece, quando la libertà è intesa nei termini dei libertari). Secondo questa definizione, infatti, un'azione è libera in quanto è determinata dalla volontà (non impedita o costretta) dell'agente. La volontà medesima, tuttavia, è a sua volta completamente determinata da fattori come le esperienze passate dell'agente, l'istruzione che ha ricevuto, l'ambiente circostante o ancora (nelle concezioni più decisamente naturalistiche) dal suo assetto biologico oppure dall'insieme delle variabili fisiche in gioco. In questo modo, non c'è nessuna rottura nella catena deterministica delle cause e degli effetti: la volontà dell'agente è determinata da cause su cui egli non può agire ed essa a sua volta determina, causandole, le azioni che l'agente compie; nondimeno, tali azioni - in quanto discendono dalla sua volontà non costretta né impedita - sono libere.

I compatibilisti classici, peraltro, non si limitavano a sostenere che il determinismo non impedisce la libertà, ma aggiungevano due ulteriori tesi. La prima, che abbiamo già discusso nel capitolo precedente, affermava che il determinismo è anche condizione necessaria della libertà, in quanto la sua alternativa (l'indeterminismo) annichilirebbe la libertà, facendola coincidere con il caso. La seconda tesi è che il determinismo è vero. In questa prospettiva, non è tanto che siamo liberi anche se siamo determinati; siamo liberi grazie al fatto che siamo determinati.

[...]

Tuttavia per gli avversari del compatibilismo è assurdo pensare che le condizioni della libertà discendano dalla volontà dell'agente, ma che ad essa non si applichino, come invece pretendono i compatibilisti. Detto in breve: secondo questa obiezione, la libertà richiede che la volontà si autodetermini, invece di essere eterodeterminata da condizioni ed eventi esterni.

[...]

Secondo questo punto di vista, insomma, la vera libertà richiede, oltre alla facoltà di agire secondo le determinazioni della volontà, anche la libertà del volere. Ma ciò significa che la volontà deve poter sfuggire alla catena delle cause deterministiche, che non lasciano nessuno spazio di libertà di scelta, nessuna possibilità di indeterminatezza. Solo quando venga considerata in questo modo - sostengono gli avversari del compatibilismo - la libertà è degna del suo nome.

Questo è [...] il modo in cui la libertà è concepita dai libertari, secondo i quali essa è inconciliabile con il determinismo scientifico. Ma per i compatibilisti, una volontà che si autodetermina - che è causa delle proprie scelte, che determina il proprio destino - sfugge per definizione alle leggi di natura e diventa ipso facto, una misteriosa eccezione all'ordine del mondo messo in luce dalla scienza.

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¹³ Hobbes, T., Leviathan, 1651.
¹⁴ Hume, D., Enquiries Concerning Human Understanding and Concerning the Principles of Morals, 1748.



Mario De Caro, Il libero arbitrio. Una introduzione, Laterza, 2004, pp. 60-61 e 64-65.

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