L'inesorabile finitudine dell'individuo, della specie, del mondo e le "buone narrazioni" dell'emisfero sinistro.

Dopo Darwin l'idea che le nostre esistenze siano brevi periodi di intenzionalità soggettiva che si instaura fra la nascita e la morte, che prima non c'eravamo e che dopo non ci sa­remo più, che veniamo da un buio di non esistenza al quale torneremo, può essere estesa alla possibilità che anche la storia naturale della nostra specie sia inscritta nel medesimo destino di finitudine. Sono fatti empirici a suggerirlo. Il 99% di tutte le specie vissute sulla Terra è già estinto. Homo sapiens è nato meno di 200 000 anni fa in Africa orientale e da qui a qualche tempo, come è successo per tutte le altre specie, non ci sarà più. La Terra stessa che ci ospi­ta ha avuto un'origine, 4,5 miliardi di anni fa, e scomparirà insie­me al Sole, quando questo esploderà fra 5 o 6 miliardi di anni. Quando succederà, si tratterà di un evento del tutto marginale nel­la storia del cosmo: la fine di una stella posta alla periferia di una fra le 50 miliardi di galassie dell'universo.

L'evoluzione, abbiamo visto, non può essere facilmente assimilata al progresso, semmai a un più neutrale cambiamento. Che in questa doppia finitudine, individuale e di specie, una radicale contingenza sto­rica possa aver avuto un ruolo centrale è probabilmente una prospetti­va che sfida profondamente i nostri adattamenti cognitivi primari. È doppiamente impensabile. Non solo siamo finiti, ma le cose potevano andare diversamente. Non vi era alcuna necessità che arrivassimo fin qui e che fossimo proprio noi a innalzare il vessillo dell'intelligenza au­tocosciente. Siamo l'esito di una sequenza di eventi improbabili - figli di «pura storia» scriveva Stephen J. Gould - che ci sembrano inevita­bili soltanto per l'illusione prospettica del senno di poi. Ebbene, tutto ciò si scontra forse con le modalità con cui agisce il sistema interprete dell'emisfero sinistro che [...] impone un sen­so e un ordine al flusso delle informazioni, cerca gli invarianti e le co­erenze, costruisce buone "narrazioni" piene di senso a cui credere, mettendo ordine anche dove non c'è. Se quelle narrazioni piene di progetto - fondate di volta in volta sulle idee di progresso, di finalità, di necessità, di direzioni del tempo - si sgretolano per via scientifica e non (soltanto) filosofica, di fronte alla non necessità della nostra pre­senza probabilmente sentiamo di "dover fare qualcosa", proprio come di fronte al corpo senza vita di un nostro simile.

Preferiamo allora ricostruire un senso fittizio che restituisca ra­zionalità alla storia che conosciamo ed esorcizzi l'insensatezza del dato empirico facendoci sentire parte di un disegno, nonostante tut­to. Vi è dunque un"' assurdità" non soltanto nel creazionismo [...] a dispetto della sua naturalezza che riflette la nostra programmazione biologica, ma anche nelle "grandi catene dell'essere" che abbiamo sovrapposto all'evoluzione per paura di aver fatto un passo troppo lungo. La speranza è che an­che in questo caso l'esito individuale, come nella dialettica fra emi­sfero sinistro ed emisfero destro, non sia scontato. Vi sono stati ottimi avvocati dell'emisfero destro, che hanno rilevato le anomalie presen­ti nel sistema di credenze e nelle grandi narrazioni che l'emisfero si­nistro (anche degli scienziati, beninteso) ha imposto all' evoluzione. Qualcuno, come Gould, si è spinto a immaginare quanto sarebbe più etica, ed emancipativa, una credenza alternativa e ben fondata: quella di chi accetta la contingenza e la finitudine della nostra pre­senza qui, cogliendone il fascino recondito. È un'altra possibilità, per noi "nati per credere ". Riducendo un po' la lateralizzazione dell'e­misfero sinistro, guadagneremmo l'autonomia e l'umiltà di chi, non potendo delegare ad alcun agente intenzionale nascosto le ragioni della sua esistenza, sa che può contare soltanto sulla sua libertà e, in­sieme, sulla sua responsabilità.


Vittorio Girotto, Telmo Pievani e Giorgio Vallortigara, Nati per credere. Perché il nostro cervello sembra predisposto a fraintendere la teoria di Darwin, Codice, 2008, pp. 177-178

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