La donna, il trovatore, l'amor cortese

Nella società feudale presa nel suo insieme, dove l'uomo era il dominante e la dipendenza della donna da esso era palese e quasi illimitata, l'uomo non aveva nessun bisogno di imporre costrizioni e ritegno ai suoi impulsi. In questa società di guerrieri si parla ben poco d'«amore». Si ha anzi l'impressione che tra questi guerrieri un innamorato dovesse apparire ridicolo. In generale, la donna appariva agli uomini come un essere di specie inferiore. Le donne erano assai numerose e servivano al soddisfacimento degli istinti nella loro forma più elementare. Le donne sono state date all'uomo «per le sue necessità e il suo diletto», è stato detto in un'epoca successiva, ma l'affermazione corrispondeva esattamente al comportamento del guerriero di questo periodo. Nella donna egli cercava il piacere fisico; al di là di questo «non ci sono certo uomini che possiedano tanta pazienza da sopportare le loro donne» 68.

Le costrizioni che gravano sulla vita pulsionale delle donne nella storia dell'Occidente e quindi, prescindendo dalle grandi corti assolutistiche, in tutta la società occidentale sono da sempre assai più forti di quelle dell'uomo di pari grado. Il fatto che in questa società di guerrieri la donna di posizione elevata e quindi fornita di un certo grado di libertà, sia riuscita prima e più facilmente dell'uomo suo pari a raggiungere il controllo, il raffinamento, una feconda trasformazione degli affetti può essere tra l'altro anche espressione di questa costante assuefazione e di un precoce condizionamento in questa direzione. Anche nel rapporto con un estraneo di pari grado sociale, la donna è sempre un essere dipendente, socialmente inferiore.

Di conseguenza, in questa società di guerrieri soltanto il rapporto di un uomo socialmente inferiore e dipendente con una donna socialmente superiore può imporre al primo un certo ritegno, un freno, un dominio degli istinti e portare così a una trasformazione. Non è del resto un caso che in questa situazione umana sorga, come un fenomeno non soltanto individuale ma sociale, quella che noi chiamiamo «lirica» e parimenti, come fenomeno sociale, quella sublimazione e quel raffinamento degli affetti che definiamo «amore». Qui nascono, non soltanto in via eccezionale ma socialmente istituzionalizzati, certi contatti tra uomo e donna che non consentono neppure all'uomo più forte di prendersi semplicemente la donna quando ne ha voglia, che rendono la donna irraggiungibile o difficilmente raggiungibile per l'uomo e nello stesso tempo, forse proprio perché è difficilmente raggiungibile, perché si colloca più in alto, particolarmente desiderabile. Questa è la situazione, la disposizione sentimentale del Minnesang, nella quale da questo momento e per secoli e secoli gli innamorati riconosceranno sentimenti simili ai propri.

Moltissimi trovatori e Minnesänger furono senza dubbio sostanzialmente espressione di una convenzione feudal-cortese, ornamenti della società e strumenti di un gioco sociale. Certamente vi furono moltissimi trovatori il cui rapporto sentimentale con la dama non era affatto così intenso e che, personalmente, preferivano rivolgersi senza problemi ad altre donne più facilmente raggiungibili. Tuttavia quella convenzione e la sua espressione non avrebbero potuto nascere se non ci fossero state effettive esperienze sentimentali di quel tipo. Esse contengono un nucleo di sentimenti non artefatti, di vissuto reale. Non è possibile semplicemente inventare o scovare simili sfumature. Alcuni hanno amato e alcuni di essi hanno avuto forza e grandezza sufficienti per dare espressione letteraria al loro amore; non è certo difficile individuare in quali poeti sentimenti ed esperienze sono reali e in quali sono invece più o meno convenzionali. Certamente qualcuno dovette trovare le parole e i toni giusti per esprimere i propri sentimenti, prima che altri potessero dilettarsene, prima che potessero formarsi certe regole convenzionali. «I buoni poeti, questo è certo, anche nel cantare la follia amorosa hanno saputo inserirvi la loro verità: dalla pienezza della loro vita è scaturita la materia dei loro canti» 69.

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68. P. de Vaissière, Gentilshommes Campagnards de l'ancienne France, Paris, 1903, p. 145.
69. E. Wechssler, Das Kulturproblem des Minnesangs, Halle, 1909 , p. 214.



Norbert Elias, Potere e civiltà, Il Mulino, 2010, pp. 114-115.

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