La genesi sociale dell'assolutismo e il declino del ceto feudale

Per un primo approccio, è possibile illustrare in poche parole alcuni dei più importanti meccanismi che sul finire del Medioevo gradatamente apportarono chances sempre maggiori al potere centrale di una signoria. Questi meccanismi sono abbastanza simili in tutti i maggiori paesi occidentali, ma emergono con particolare chiarezza ed evidenza nell'evoluzione della monarchia francese.

La graduale espansione del settore dell'economia monetaria a spese dell'economia naturale in un determinato territorio ebbe conseguenze assai differenti per la maggioranza della nobiltà guerriera da un lato, per il re e per il principe del territorio dall'altro. Quanto più denaro circolava in un territorio, tanto più decisamente aumentavano i prezzi. Tutti gli strati sociali le cui entrate non aumentavano in misura parallela, tutti coloro che vivevano di rendite fisse ne furono danneggiati: in primo luogo i signori feudali che ritraevano rendite fisse dai loro feudi.

Furono invece avvantaggiate quelle funzioni sociali le cui entrate aumentavano parallelamente alle nuove prospettive di guadagno. In questo ambito rientravano determinati gruppi della borghesia; ma vi rientra in primo luogo il re. Egli, infatti, grazie al suo apparato fiscale poteva accaparrarsi una parte della ricchezza crescente; poteva ricavare una propria quota da ogni guadagno ottenuto sul suo territorio, di conseguenza con l'aumento della circolazione del denaro le sue ricchezze aumentarono straordinariamente.

Grazie a questo meccanismo, che come sempre venne compreso dagli interessati soltanto a poco a poco e per così dire a posteriori, e che fu eretto a principio della politica interna dai rappresentanti del potere centrale, soltanto con un certo ritardo, il signore ebbe a sua disposizione, in modo più o meno automatico un reddito sempre più rilevante. Questa è una delle premesse in base alle quali l'istituzione monarchica acquistò a poco a poco un carattere assolutistico o illimitato.

Parallelamente alle chanches finanziarie di cui il potere centrale poteva disporre, crebbero le chances militari. Colui che poteva disporre delle imposte di un intero paese era anche in grado rispetto a chiunque altro di assoldare un maggior numero di soldati; divenne così, nello stesso tempo, relativamente indipendente dai servizi di guerra cui il feudatario era tenuto in forza dell'investitura feudale.

Come tutti gli altri, anche questo processo comincia abbastanza presto, e soltanto a poco a poco dà luogo a istituzioni fisse. Già Guglielmo il Conquistatore era partito per l'Inghilterra con un esercito composto in parte solo da feudatari e per il resto da mercenari. Ma dovettero passare ancora alcuni secoli prima che i signori centrali istituissero eserciti permanenti. Questi eserciti ebbero come presupposto, oltre al crescente gettito delle imposte, un'offerta eccedente di uomini: ossia quella sproporzione tra il numero degli uomini e il numero e la redditività dei jobs in una determinata società che oggi ha il nome di «disoccupazione». Territori con una popolazione eccedente, ad esempio la Svizzera e certe regioni tedesche, fornivano soldati a tutti coloro che erano in grado di pagarli. Successivamente, la tattica di arruolamento adottata da Federico il Grande dimostrò in qual modo potesse cavarsela un principe se nel suo territorio gli uomini disponibili erano numericamente inferiori alle esigenze militari. In ogni caso, la superiorità militare, che procedeva di pari passo con quella finanziaria, fu la seconda, decisiva premessa che consentì al potere centrale di una monarchia di assumere un carattere «illimitato».

La trasformazione della tecnica militare fu posteriore, e rafforzò l'evoluzione di cui sopra. Grazie al lento sviluppo delle armi da fuoco, la massa dei non nobili che combattevano a piedi finì per avere il sopravvento, sul piano militare, sui nobili numericamente inferiori che combattevano a cavallo. E anche questo fatto giocò a favore del potere centrale.

Il re, che ad esempio in Francia all'epoca dei primi Capetingi era poco più di un barone, un signore territoriale tra altri potenti di pari grado, e spesso addirittura meno potente di altri, con l'aumento delle entrate acquistò anche la possibilità di superare sul piano bellico tutte le forze militari del Paese. Quale casato si sarebbe impadronito del potere era una conclusione legata a tutta una serie di fattori, tra cui certamente anche le qualità personali dei singoli ma spesso anche il caso; l'aumento delle chances finanziarie e militari che a poco a poco si collegavano alla funzione monarchica fu indipendente dalla volontà o dalle qualità del singolo: corrispose infatti ad una legge rigorosa in cui ci imbattiamo dovunque, quando prendiamo in esame i processi sociali.

Tale aumento di chances conseguito dalla funzione centrale fu altresì la premessa per la pacificazione di una signoria più o meno estesa, ad opera appunto del potere centrale.

Entrambi i filoni evolutivi che operarono in favore di un solido potere centrale danneggiarono invece, nel complesso, l'antico ceto guerriero medioevale. Esso non aveva collegamenti diretti con il settore in ascesa dei rapporti basati sull'economia monetaria; non era in grado di trarre profitto dalle nuove chanches di guadagno che si profilavano. Potè soltanto prendere atto della svalutazione, dell'aumento dei prezzi.

Secondo recenti calcoli, intorno al 1200 una sostanza di 22.000 franchi un secolo dopo ne valeva 16.000, nel 1400 7.500 e nel 1500 soltanto 6.500. il movimento si accelerò ulteriormente nel XVI secolo: il valore di detta sostanza scese infatti a 2.500 franchi. E tale fenomeno, che per questo secolo è riferito alla Francia, vale nelle stesse proporzioni per l'intera Europa.

Un movimento le cui radici risalgono al Medioevo, subì dunque una straordinaria accelerazione nel XVI secolo. Dall'epoca di Francesco I al 1610, la moneta francese subì una svalutazione che si può rappresentare con il rapporto 100: 19,67. l'importanza di questa curva di sviluppo per la trasformazione della società è maggiore di quanto si possa indicare in breve. Mentre cresceva la circolazione monetaria e si sviluppava l'attività commerciale, mentre gli strati borghesi e le entrate del potere centrale erano in ascesa, le entrate del resto della nobiltà decrescevano. Una parte dei cavalieri fu condannata ad una vita di miserie, un'altra parte si procacciò con le rapine e la violenza quanto non riusciva più ad ottenere con mezzi pacifici; altri, finché durò, si mantennero vendendo a poco a poco i loro beni; una buona parte della nobiltà, infine, costretta da queste circostanze e allettata dalle nuove possibilità, passò al servizio dei re e dei principi che erano in grado di ricompensarla. Erano le sole possibilità economiche che si offrivano ad uno strato di guerrieri non collegati alla crescita della circolazione monetaria e della rete commerciale.

Abbiamo già detto come l'evoluzione della tecnica militare operò anch'essa a sfavore di questo strato: la fanteria, le spregiate truppe appiedate in guerra divennero più importanti della cavalleria. Ciò distrusse non soltanto la superiorità bellica, ma contemporaneamente il monopolio delle armi detenuto dal ceto guerriero medioevale. Cominciò così quella trasformazione per cui da una condizione in cui i nobili, gli aristocratici erano i soli guerrieri si passò ad una condizione in cui, nel migliore dei casi, i nobili furono gli ufficiali di una truppa plebea che doveva essere pagata. Il monopolio della detenzione delle armi e della potenza bellica passò dalle mani dell'intero ceto nobiliare a quelle di uno solo dei suoi membri, il re o il principe; questi, godendo delle entrate fiscali dell'intero territorio, potè ora stipendiare l'esercito più potente del territorio. Così la massa della nobiltà, un tempo composta di guerrieri o cavalieri relativamente liberi, divenne un gruppo di guerrieri o ufficiali al servizio del potere centrale.


Norbert Elias, Potere e civiltà, Il Mulino, 2010, pp. 13-16.

Commenti