De Martino e la funzione "destorificante" della religione

Come la magia, la religione veniva così considerata quale «tecnica protettiva mediatrice di valori»⁴⁰⁴ (sebbene nella prima, nella magia, risulta prevalere «il momento tecnico della destorificazione mitico-rituale e l’orizzonte umanistico che ne risulta è particolarmente angusto – ma non mai inesistente!»; mentre nella seconda «il rito e il mito sono profondamente permeati di valenze morali, speculative, estetiche ecc.»⁴⁰⁵ ). La religione era dunque vista come una tecnica capace di assicurare un «regime di esistenza protetta»,⁴⁰⁶ di ‘destorificare’ il divenire,⁴⁰⁷ approntando piani ‘metastorici’, cioè regioni protette poste al di sopra del burrascoso flusso storico nelle quali poterci essere e in forza delle quali poter contrastare il rischio angoscioso di passare con ciò che passa.⁴⁰⁸ Dunque, particolari kosmoi che si ‘distaccano’ e si ‘isolano’ da quel ben più vasto kosmos che è la storia (una storia che, crocianamente, è la realtà tutta, e la cui ‘narrazione’ è sempre attuale e sempre da decidere qui ed ora), e che si fissano, attraverso comportamenti precipui (il rito) che non ammettono variazioni o deroghe, a una storia ‘immobile’ che è già stata compiutamente scritta (il mito). Laddove il rischio è di cadere fuori dalla storia; laddove il rischio della presenza si costituisce come una «destorificazione irrelativa», la religione (col suo insieme di dispositivi simbolici), nell’ordire uno spazio che è sì posto fuori dalla storia, ma secondo modalità culturalmente decise (intersoggettive, non autistiche), contrappone a questa irrelata destorificazione (che è poi la ‘follia’ clinicamente intesa) «una destorificazione istituzionale del divenire».⁴⁰⁹

[...]

La religione (e così la mitologia) edifica un ‘cosmo comunitario’ – un cosmo limitato e limitante – che salva dalla radicale alienazione del non-esserci attraverso un’alienazione ‘controllata’. Il negativo è in tal modo fermato e, nello stesso tempo, è ricompreso all’interno di quell’ordine (in quanto è reso ‘domestico’, noto e prevedibile) in una forma rigida, come rigido è il piano positivo che la religione assicura. Viene pertanto ad istituirsi una maschera della storia, ovvero uno scudo che protegge dalla storia. [...]

Ma anche il riferimento alla ‘maschera’ fatto poco sopra si può dire appropriato. Infatti, secondo De Martino le religioni, ma altresì i vari istituti metastorici, e dunque le ideologie e la metafisica, svolgono la funzione di ‘mascherare’ la storia, ovvero consentono all’ethos di procedere in modo coperto, laddove (in date civiltà, in date epoche) non è possibile progredire senza una deviazione, per così dire, ‘sotto coperta’, attraverso, cioè, un Umweg * protettivo. «Il nesso mitico-rituale», annota sui suoi quaderni De Martino, «è la ‘parola’ della crisi: parola che, nelle condizioni date, è la vita, la verità e la via, in quanto aiuta a vivere da uomini, ridischiude al destino umano, indica la via da percorrere per attuarlo pur nei limiti e al livello di un mondo culturale definito. Attraverso il ‘divino’ l’umano è mediato, secondo modi che sono gli unici possibili nella condizione data».⁸⁰¹ Ebbene, il ‘divino’ – che vive, è vero ed è la via perché e finché rende possibile la vita, la verità e l’orientamento – cinge con una mano paterna la presenza, e così la copre e la chiude entro un regime protetto: la sottrae dalle acque della «naturalità cieca», in cui è a rischio di inabissarsi, consentendole di prender dimora in una «terra emergente di valori umani e mondani».⁸⁰² La sua è la «parola della crisi» che nomina il negativo e lo tiene a distanza – parola che consente all’uomo di vivere una vita umana. Ma tale mediazione, questa parola, quella mano paterna, sono appunto una maschera – una copertura che cela la storia e cela all’uomo il proprio esserci nella storia in quanto produttore di storia:

La destorificazione è l’occultamento protettivo della storicità dell’esistere, del nesso vissuto fra situazione e trascendimento secondo forme di coerenza culturale. La destorificazione mette capo pertanto ad un orizzonte simbolico mitico-rituale, all’essere metastorico trascendente e in sé già ‘compiuto’, e che, per essere già compiuto, non può essere modificato, ma solo ‘ripetuto’ (attraverso la iterazione rituale). La parola ‘destorificazione’ equivale in questo senso a ‘mistificazione’ e ‘alienazione’: ma accentua ciò che propriamente viene mistificato e non riconosciuto come proprio, cioè la storicità. L’uomo – è questa la sua condizione – ‘fa la storia’, la costruisce, scegliendo e valorizzando: non può non storificarsi per questo suo concreto scegliere e valorizzare. Ma quando il riconoscimento integrale di tale condizione minaccia di compromettere lo stesso ethos del trascendimento, l’uomo, per proteggersi dalla crisi esistenziale, destorifica il suo ‘far storia’, e istituisce il dispositivo mitico-rituale, per il quale sta nella storia ‘come se’ non ci stesse, cioè riassorbendo la proliferazione storica del divenire, e dei momenti critici in cui la storicità sporge, nella iterazione di una metastorica realtà sempre identica a se stessa.⁸⁰³

Attraverso la mistificazione della storia ad opera del simbolo mitico-rituale, l’uomo può sottrarsi alle situazioni sporgenti, all’imprevedibile, al divenire. L’uomo sta nella storia come se non ci stesse, trovando rifugio in un piano metastorico, posto al di sopra di essa.

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404 De Martino, Morte e pianto rituale..., p. 36.
405 Ivi, p. 40.
406 Ivi, p. 39.

407 Una preziosa analisi del concetto di ‘destorificazione’ si trova in M.Massenzio, Il problema della destorificazione, «La Ricerca Folklorica», XIII ,1986, pp. 23-30.

408 Károly Kerényi, a proposito della mitologia, parlava della tecnica del «passo indietro»: un immergersi nel passato «per affrontare così, protetto e in pari tempo trasfigurato, il problema del presente» (K. Kerényi, Origine e fondazione nella mitologia, in C.G. Jung, K. Kerényi, Prolegomeni allo studio scientifico della mitologia, tr. it. di A. Brelich, Bollati Boringhieri, Torino 1972, p. 18). Sul «passo indietro», quale «tecnica di destorificazione», si veda anche De Martino, La fine del mondo..., br. 120, pp. 233-234.
409 De Martino, Morte e pianto rituale..., p. 37. 

801 De Martino, Storia e metastoria..., pp. 114-115.
802 Ivi, p. 114.
803 Ivi, p. 122. 

* [Strada più lunga, giro più lungo.]



Sergio Fabio Berardini, Ethos Presenza Storia. La ricerca filosofica di Ernesto De Martino, Università degli Studi di Trento, 2013, pp. 163-164 e 352-355 (versione in pdf, liberamente scaricabile dal sito dell'Università di Trento, sottolineature e nota in asterisco mie).
 

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