La fede innerva il rapporto dell'uomo col mondo e con i suoi simili


Il bambino cresce nei suoi primi anni accompagnato da fede: crede nella mamma e nel babbo, poi nel maestro, nelle persone grandi, nel prete, poi nei libri e nei cattivi compagni. Ci vuol un'educazione per farlo dubitare. La ragione emerge dalla fede, però la vita naturale dell'uomo non è nel dubbio intelligente, ma nella fede cieca. In casa e poi fuori è con fede che facciamo amicizie, che ci sposiamo o ci innamoriamo, che mettiamo al mondo figlioli. Con fede ancora più grande si va in guerra e si sente dentro di noi che ce la faremo; e quando questo non accade e la fede viene smentita, quella fede ha almeno dato una forza maggiore e quindi ha rappresentato per se stessa, anche se infondata, anche se cieca, un argomento ed una probabilità di più in favore di chi è caduto. Chi ha fede si salva nelle catastrofi più facilmente di chi dubita.

Non bisogna dare alla parola fede il significato straordinario e dogmatico che ordinariamente essa riceve; la fede non è l'accettazione di un catalogo di tesi; è una potenza vitale e polivalente. Tutto quello che si fa e si ottiene nell'esistenza è fondato sopra una fede, le lotte sono contrasti di fedi, le vittorie frutto di fedi rigogliose e tenaci. Cade bene chi con fede buona cade. Senza fede, brutta è ogni vittoria. La stessa verità filosofica, e quindi razionale, è un prodotto della fede. Per scoprire la verità e soprattutto per accettarla ci vuole coraggio, ossia fede. I grandi filosofi furono uomini, nel loro campo, coraggiosi più che intelligenti. Le verità filosofiche e scientifiche urtarono spesso interessi stabiliti o passioni accasermate degli uomini e quindi suscitarono resistenze; ma oltre a questo suscitarono nell'animo stesso di chi le scoprì timori reverenziali. Per accettarle fu necessario che il filosofo o lo scienziato lottasse con se stesso. Per farle accettare poi si può dir che quasi sempre fu necessaria una lotta.

Non c'è contrasto tra ragione e fede; la ragione ha un campo limitato: è un fiammifero entro le tenebre; la fede è il senso della direzione entro le tenebre, ed è l'indefinito se non l'infinito; non si sa dove cominci ed è impossibile che abbia un termine; eppure è presente ogni giorno, ogni ora, ogni minuto delle nostre decisioni, in cui la ragione non basta mai e deve avere il supplemento o il sostituto della fede; non ci accorgiamo nemmeno di vivere secondo la fede, come non ci accorgiamo di respirare, finché ci manca l'aria.

Le favole delle religioni (e le favole di tante altre fedi: la fede nella patria, nella famiglia, nell'onore, nella scienza, nel benessere, nell'uguaglianza, nella verità) cadono appena esaminate dal ghiaccio occhio caprino della ragione. La fede le rende attuali ed attive, sono il moto della nostra vita, e ci mantengon in equilibrio come la bicicletta che, se si fermasse, cascherebbe sotto il peso del nostro corpo. Finché si muove, la bicicletta va, in equilibrio instabile: se si ferma, andiamo noi per terra.


Giuseppe Prezzolini, Dio è un rischio, Club degli Editori (su licenza Rusconi), 1981,  pp. 139-140.

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