Il cervello delle donne


[Spigolature dal bel libro di L. Brizendine sul cervello e la fenomenologia psicologico-comportamentale della donna. Libro che tutti i sostenitori del primato assoluto della cultura sulla natura dovrebbero leggere attentamente e senza pregiudizi. I titoli dei brani sono miei]


La donna è mobile

Abbiamo scoperto che gli ormoni condizionano a tal punto il cervello femminile da spingerlo a percepire in maniera diversa la realtà e la vita stessa della donna, dando forma ai suoi valori e ai suoi desideri, e determinando le sue priorità. La loro azione si fa sentire in ogni fase della vita, fin dalla nascita. Ogni stato ormonale – infanzia, adolescenza, giovinezza e menopausa – agisce da stimolante per differenti connessioni neurologiche, responsabili di nuovi pensieri, emozioni e interessi. A causa di queste fluttuazioni attive dai tre mesi di vita fino a ben oltre la menopausa, lo stato neurologico di una donna non è mai costante. Mentre quello di un uomo è equiparabile a una montagna, che viene erosa impercettibilmente nel corso dei millenni da ghiacciai, intemperie e movimenti tettonici profondi, lo stato neurologico femminile può essere invece paragonato al tempo atmosferico, in perpetuo cambiamento e difficile da prevedere. [pp. 18-19]


Le differenze fondamentali tra il cervello femminile e quello maschile

Al microscopio o tramite una scansione fMRI le differenze tra cervello maschile e femminile si rivelano complesse e diffuse. Nei centri cerebrali del linguaggio e dell'ascolto, per esempio, le donne possiedono l'undici per cento di neuroni in più rispetto agli uomini; l'ippocampo, principale centro di controllo delle emozioni e di formazione dei ricordi, è più sviluppato nel cervello femminile, così come l'insieme dei circuiti del linguaggio e dell'osservazione delle emozioni altrui. Ecco perché, in media, le donne sono più abili nell'esprimere le emozioni e nel ricordare i dettagli degli eventi che le suscitano. D'altra parte, negli uomini lo spazio cerebrale preposto all'impulso sessuale è due volte e mezzo più grande e anche i centri cerebrali destinati all'azione e all'aggressività sono più ampi; in media il cervello maschile è attraversato da pensieri sessuali molte volte al giorno, mentre quello di una donna solo una, al massimo tre o quattro nei giorni più focosi.

Queste varianti nella struttura di base potrebbero spiegare anche alcune differenze percettive. Uno studio ha esaminato come il cervello di uomini e donne reagiva alla vista di una coppia intenta a conversare. Le aree sessuali maschili si sono accese immediatamente: lo consideravano un potenziale incontro sessuale. Nel cervello femminile invece non si è verificata alcuna attivazione delle zone sessuali: la situazione veniva percepita semplicemente come una chiacchierata tra due persone.

Gli uomini hanno anche processori più grandi nel centro dell'area più primitiva del cervello, che registra la paura e scatena l'aggressività: l'amigdala. Ecco perché alcuni di loro possono arrivare a uno scontro fisico in pochi secondi, mentre molte donne fanno di tutto per evitare il conflitto, il cui stress psicologico si registra più profondamente in alcune zone del loro cervello. Benché viviamo nell'urbanizzato mondo moderno, abitiamo corpi progettati per vivere allo stato brado, e il cervello di ogni donna porta ancora con sé gli antichi circuiti neurali delle sue antenate più forti, messi a punto per il successo genetico, e ancora in grado di rispondere efficacemente alle tensioni sperimentate nelle epoche primordiali. Oggi, questi stessi istinti ancestrali, un tempo innescati soltanto da pericoli di tipo fisico, trovano applicazione in sfide più attuali – la casa, i bambini, il lavoro – che se affrontate senza un aiuto sufficiente, portano le donne a considerare qualche bolletta non pagata una minaccia per la stessa sopravvivenza. Il cervello femminile è costretto a reagire come se sulla famiglia incombesse una catastrofe imminente; il cervello maschile non ha la stessa percezione, a meno che non si senta minacciato da un pericolo fisico immediato. Queste varianti nella struttura di base danno origine a molte differenze nel comportamento e nelle esperienze quotidiane degli uomini e delle donne. [pp. 20-22]


La predisposizione femminile alla ricerca dell'armonia e della concordia


L'estrema efficienza delle donne nel leggere le espressioni dei volti altrui, cogliere i toni emotivi nelle voci e rispondere a segnali non verbali è il risultato di millenni di messa a punto genetica ed evolutiva che ieri come oggi ha probabilmente conseguenze concrete sulla sopravvivenza. Se si riesce a interpretare volti e voci, si può capire di che cosa ha bisogno un neonato, si può prevedere che cosa farà un maschio più grosso e più aggressivo e intuire quando è necessario unirsi ad altre femmine per respingere gli attacchi di qualche cavernicolo infuriato.

Per il cervello femminile mantenere a ogni costo l'armonia sociale è una questione di vita o di morte, anche se oggi le cose sono molto cambiate. […]

Le ragazze, non essendo influenzate dal testosterone ma governate dagli estrogeni, preferiscono evitare gli attriti perché la discordia le mette in conflitto con il loro bisogno di restare in armonia, di ricevere approvazione e cure dagli altri. I ventiquattro mesi di bagno agli estrogeni durante la pubertà infantile rafforzano l'impulso delle bambine a creare legami sociali basati sul compromesso e sulla comunicazione.

È il cervello che stabilisce nei bambini piccoli le differenze linguistiche legate al sesso – ciò che in inglese si definisce «genderlects». Nei suoi studi sulle competenze lessicali di bambini tra i due e i cinque anni, Deborah Tannen notò che le femmine di solito avanzano proposte di collaborazione cominciando le frasi con una formula esortativa, per esempio: «Dai, giochiamo alle signore!». Le bambine, in effetti, usano di preferenza il linguaggio per ottenere il consenso, influenzando gli altri senza dire loro in modo esplicito che cosa fare. Quando Leila arrivava al parco giochi, invece di partire all'attacco diceva: «Negozio», si guardava attorno e attendeva una risposta delle altre possibili compagne di gioco. Come è stato rilevato in vari studi, le bambine prendono decisioni collettive, riducendo al minimo tensione, conflitto o manifestazioni di supremazia; esprimono spesso consenso al suggerimento di un'amica, e quando espongono le loro proposte personali, lo fanno in forma di domanda: «Io faccio la maestra, va bene?». Geni e ormoni hanno creato nel loro cervello una realtà in base alla quale i rapporti sociali sono il perno della loro identità.

Anche i maschi sanno come utilizzare gli strumenti linguistici a loro disposizione per socializzare, ma le ricerche dimostrano che in genere non lo fanno; preferiscono invece usare il linguaggio per impartire ordini, far eseguire compiti, vantarsi, minacciare, ignorare i suggerimenti di un compagno o i suoi tentativi di prender parte al discorso. Poco dopo l'arrivo di Joseph al parco giochi, Leila finiva sempre col mettersi a piangere. A questa età i maschietti non esitano a entrare in azione o afferrare qualsiasi oggetto desiderino: Joseph prendeva i giocattoli di Leila ogni volta che voleva, e in genere distruggeva quanto la cuginetta e le altre bimbe stavano costruendo. I maschi si comportano così anche tra loro, senza preoccuparsi del rischio di conflitti: la competizione fa parte della loro costituzione e di norma ignorano gli ordini o i commenti delle bambine.

Il cervello dei bambini, plasmato dal testosterone, non cerca affatto il legame sociale come invece fa quello delle bambine. Gli scienziati ritengono oggi che il cervello maschile venga inondato dal testosterone durante lo sviluppo, subendo più facilmente handicap nella sfera sociale. Infatti i disturbi dello spettro autistico e la cosiddetta sindrome di Asperger – disturbi che impediscono alle persone di cogliere le sfumature dei rapporti sociali – sono otto volte più comuni nei maschi. Forse una dose maggiore di testosterone in persone affette da tali disturbi potrebbe essere in grado di inibire alcuni circuiti cerebrali preposti alla sensibilità emozionale e sociale.

[…]

Alcuni studi sulle femmine di primati non umani suggeriscono che queste differenze tra i sessi sono innate, e sono dovute allo stesso apporto ormonale. Le femmine di primate, a cui i ricercatori hanno bloccato la produzione di estrogeni durante lo sviluppo infantile, in seguito non hanno sviluppato il consueto interesse verso i piccoli. Inoltre, le femmine a cui è stato iniettato testosterone allo stato fetale finiscono con l'amare maggiormente i giochi turbolenti rispetto alla media. Ciò vale anche per gli esseri umani: benché non siano stati eseguiti esperimenti di tale genere, si può riscontrare il medesimo comportamento nel caso della rara carenza enzimatica chiamata iperplasia adrenale congenita (CAH), che si manifesta in circa un bebè su diecimila.

Emma non voleva giocare con le bambole: le piacevano i camion, i soldatini e i giochi di costruzioni. A due anni e mezzo, se le si chiedeva se fosse un maschietto o una femminuccia, rispondeva che era un maschio e mollava un pugno all'interlocutore, partiva a razzo, e «il mio piccolo terzino», così come la chiamava la madre, travolgeva chiunque entrasse nella stanza; faceva la lotta con gli animali di peluche, sbatacchiandoli così forte da condannarli a un breve destino. Era violenta e le bambine dell'asilo non volevano giocare con lei. Rispetto alle coetanee era anche un po' in ritardo con lo sviluppo del linguaggio; però le piacevano i vestiti, e adorava che la zia le mettesse in piega i capelli. Sua madre Lynn, ciclista appassionata, sportiva e insegnante di scienze, si chiedeva se il fatto di essere un'atleta ne avesse influenzato il comportamento. Emma, in realtà, era affetta da CAH.

L'iperplasia adrenale congenita stimola le ghiandole adrenali del feto a secernere grandi quantità di testosterone, l'ormone del sesso e dell'aggressività, a partire dall'ottava settimana dal concepimento: proprio il periodo in cui il cervello comincia a prendere forma maschile o femminile. Prendendo in esame feti di femmine il cui cervello viene inondato da dosi massicce di testosterone in quest'arco di tempo, si nota che il comportamento e presumibilmente le strutture cerebrali di queste bambine sono più simili a quelli dei maschi che delle femmine. Dico «presumibilmente» perché il cervello di un bambino che ha appena imparato a camminare non è così facile da studiare: è infatti difficile immaginare un piccolo di due anni che sta tranquillo per un paio d'ore in una macchina per la risonanza magnetica senza bisogno di sedazione. Molto però si può dedurre anche dal comportamento.

Lo studio dell'iperplasia adrenale congenita fornisce prove che il testosterone erode le strutture cerebrali, normalmente robuste, delle bambine. A un anno di età le bambine affette da CAH ricercano minori contatti visivi rispetto alle coetanee sane e sono molto più propense ad azzuffarsi e inventarsi giochi con mostri e supereroi piuttosto che accudire bambole o travestirsi da principesse. Sono inoltre più abili nelle prove di orientamento dove ottengono risultati simili a quelli dei maschietti, mentre riescono meno bene in quelle che misurano il comportamento verbale, l'empatia, le cure parentali e la sfera affettiva, tratti tipicamente femminili. In conclusione, la predisposizione del cervello maschile e di quello femminile ai rapporti sociali è influenzata in modo significativo non solo dai geni, ma dalla quantità di testosterone che entra in contatto col cervello fetale. Lynn fu confortata dallo scoprire che i comportamenti della figlia avessero una motivazione scientifica, poiché nessuno si era preso la briga di spiegarle che cosa succede in un cervello affetto da CAH. [pp. 38-45]


Perché i giovani sono così predisposti agli alti e bassi d'umore

Durante la pubertà i centri emozionali di una ragazza diventano estremamente reattivi. Il suo sistema cerebrale di controllo delle reazioni e degli impulsi – la corteccia prefrontale – intorno ai dodici anni di età ha generato moltissime cellule, ma le connessioni sono ancora fragili e immature. Di conseguenza, i cambiamenti d'umore dell'adolescente, causati in parte dal maggior numero di impulsi emotivi che erompono dall'amigdala, sono più repentini e plateali. Come un vecchio televisore in bianco e nero che riceva un segnale satellitare, la corteccia prefrontale non riesce a gestire l'aumento di traffico proveniente dall'amigdala, e spesso ne viene sopraffatta. Per questo motivo le adolescenti, quindi, spesso si attaccano a un'idea e la perseguono, senza fermarsi a considerarne le conseguenze, e si ribellano a qualsiasi autorità voglia frenare i loro impulsi.

Una mia paziente, Joan, all'epoca della fine della scuola superiore si era messa con un ragazzo del luogo che era stato in un riformatorio, e che, a sedici anni, era diventato padre di un bambino. Passò tutta l'estate con lui e quando venne il momento di partire per l'università, non voleva lasciarlo. Quando i genitori minacciarono di portarle via l'auto e trascinarla di peso all'università, scappò con il ragazzo. Alla fine tornò in sé e andò all'università, ma trascorse molto tempo prima di riprendere ad avere un rapporto civile con i genitori. In situazioni del genere un cervello adolescente stenta a ragionare con criterio.

Basta pensare a Romeo e Giulietta. Sarebbe stato tutto più semplice se solo i due amanti avessero saputo che i loro circuiti cerebrali stavano subendo una radicale trasformazione, che i loro ormoni sessuali, stimolando la crescita delle cellule cerebrali e delle relative diramazioni, si sarebbero trasformati in collegamenti stabili solo dopo molti anni, quando queste diramazioni fossero riuscite a inserirsi nel punto giusto della corteccia prefrontale. Il cervello di Giulietta, comunque, sarebbe maturato due o tre anni prima di quello di Romeo… ridonandole in anticipo la saggezza perduta. Alla loro età, questi fasci di diramazioni, presenti soprattutto nelle connessioni fra il centro delle emozioni situato nell'amigdala e il centro del controllo emotivo della corteccia prefrontale, sono incompleti: per funzionare in modo adeguato sotto stress, devono prima rivestirsi di una sostanza, detta mielina, che permette una rapida trasmissione degli impulsi. Ciò potrebbe non verificarsi sino alla fine dell'adolescenza o ai primi anni dell'età adulta. Senza una trasmissione rapida della corteccia prefrontale, grossi afflussi di impulsi emozionali hanno spesso come conseguenza comportamenti aspri e irriflessivi, e un sovraccarico dei circuiti.

Quando l'amigdala di un'adolescente viene turbata da impulsi indesiderati, come il divieto, imposto dai genitori, di partecipare a una festa, può limitarsi a rispondere con un «Vi odio!». Bisogna però stare attenti ai sottili segnali di ribellione che possono seguire, poiché c'è sempre un modo per eludere il controllo.

Le mutevoli condizioni ormonali che interessano il cervello femminile per tutto il periodo mestruale rendono la miscela ancor più esplosiva. Se gli estrogeni e il progesterone si limitassero ad aumentare durante l'adolescenza fermandosi al livello più alto, il cervello femminile si assesterebbe in modo permanente, ma come si è visto questi ormoni si presentano a ondate. Durante una settimana positiva del ciclo mestruale, la corteccia prefrontale dell'adolescente non è sottoposta ad alcuna tensione e può funzionare in modo normale: in questi giorni la ragazza può dimostrare buone capacità di giudizio e condotta adeguata; ma basta la minima tensione – una delusione o un brutto voto – in un giorno di sindrome premestruale a far deragliare la corteccia prefrontale, provocando una risposta emotiva esagerata e un comportamento incontrollabile, coronato da urla e porte sbattute.

Placare l'amigdala esagitata di un'adolescente può rivelarsi difficile. Quando sono sotto stress, molte ragazze cercano conforto nelle droghe, nell'alcool e nel cibo (smettendo del tutto di mangiare o al contrario ingozzandosi). I genitori devono imparare a non dare troppo peso a violente scenate o dichiarazioni drammatiche, ma restare calmi: le adolescenti enunciano le proprie intenzioni – e le vivono – con tale passione che si corre il rischio di prestarvi ascolto senza rendersene conto. Va tenuto sempre presente che in una adolescente i circuiti di controllo degli impulsi non riescono a gestire gli stimoli; che piaccia o meno, bisogna fornire il controllo che il loro cervello non riesce a esercitare da solo. Anche se Joan aveva odiato i genitori che minacciavano di portarle via l'auto, anni dopo mi confidò: «Hanno fatto bene». Toccava a loro comportarsi con il buonsenso che all'epoca le mancava. [pp. 75-78]


Il testosterone, il carburante dell'amore

La scintilla che fa scattare il desiderio sessuale è l'androgeno testosterone, la sostanza chimica da alcuni definita erroneamente ormone maschile. In effetti è un ormone del sesso e dell'aggressività, ma ne possiedono in quantità sia gli uomini che le donne: i primi lo producono nei testicoli e nelle ghiandole adrenali, le seconde in queste e nelle ovaie. Nei maschi come nelle femmine il testosterone è il carburante chimico che fa funzionare il motore sessuale del cervello: quando ce n'è a sufficienza, il testosterone fa andare su di giri l'ipotalamo, innescando impulsi erotici, provocando fantasie sessuali e suscitando sensazioni fisiche nelle zone erogene. Il meccanismo è identico per uomini e donne, ma esiste un'enorme differenza nella quantità di testosterone prodotto per mettere in moto il cervello: gli uomini ne hanno in media da dieci a cento volte in più delle donne.

Anche un atteggiamento civettuolo nasce dall'azione del testosterone. Le ricerche hanno scoperto che femmine di ratto con alti livelli di testosterone sono più giocherellone delle altre, e adottano un comportamento più vivace, paragonabile all'umana provocazione sessuale. Nelle donne, l'inizio delle pulsioni sessuali è correlato ai livelli di testosterone. Uno studio su ragazzi agli ultimi anni delle superiori ha scoperto che livelli più alti di testosterone erano collegati a una maggiore frequenza di fantasie sessuali e di masturbazione. Un altro studio sulle adolescenti ha invece rivelato che l'aumento di testosterone indicava l'approssimarsi del primo rapporto sessuale.

Nonostante il testosterone stimoli un brusco innalzamento dell'interesse sessuale negli adolescenti di entrambi i sessi, esiste tra loro una significativa differenza nella libido e nel comportamento sessuale. Tra gli otto e i quattordici anni, il livello degli estrogeni in una ragazza aumenta da dieci a venti volte, mentre quello di testosterone soltanto di circa cinque volte; tra i nove e i quindici anni il livello di testosterone in un maschio aumenta di venticinque volte e gli adolescenti di questa età di solito hanno un impulso sessuale tre volte maggiore rispetto alle coetanee, differenza che si protrarrà per tutta la vita. Mentre i ragazzi hanno un livello di testosterone in crescita costante durante tutta la pubertà, gli ormoni sessuali di una ragazza salgono e scendono ogni settimana, facendone variare l'interesse sessuale quasi quotidianamente.

Se in una femmina il testosterone scende sotto un determinato livello, la donna perderà ogni interesse verso il sesso. Jill, un'insegnante quarantaduenne sulla soglia della premenopausa, era venuta da me in quanto la mancanza di libido le causava problemi coniugali. Il suo livello di testosterone era molto basso, quindi cominciai a sottoporla a una terapia a base di questo ormone. Per controllare la sua risposta alla cura, le chiesi di prendere nota di quante fantasie o sogni sessuali avesse, e quanto si masturbasse o avesse la tentazione di farlo. Se le avessi fatto annotare solamente il numero di rapporti sessuali, con molta probabilità avremmo registrato soltanto la libido del marito. Le chiesi di tornare dopo tre settimane per verificare i suoi progressi. Durante il periodo fra i due appuntamenti, Jill per sbaglio raddoppiò la dose di testosterone. Quando arrivò alla clinica, rossa come un peperone per l'imbarazzo, mi raccontò dell'errore e di come ora i suoi impulsi sessuali erano tanto forti che tra una lezione e l'altra si precipitava in bagno a masturbarsi. «Sta diventando proprio una seccatura, ma adesso capisco che cosa si prova ad essere un ragazzo di diciannove anni!» commentò.

Se Jill avesse aspettato ancora un po' prima di tornare da me, forse un altro ormone del suo ciclo mestruale avrebbe compensato l'esagerato apporto di testosterone. Quest'ultimo infatti è la scintilla principale di cui ha bisogno il cervello per accendere il desiderio, ma non è l'unica sostanza neurochimica che influenzi l'interesse sessuale femminile: il progesterone, che aumenta nella seconda metà del ciclo mestruale, frena il desiderio e agisce in modo da ribaltare in parte l'effetto del testosterone. Alcuni stupratori vengono addirittura trattati con iniezioni di progesterone per diminuire l'impulso sessuale.

Il testosterone sale spontaneamente – insieme con gli impulsi sessuali – durante la seconda settimana del ciclo, al picco della fertilità, subito prima che abbia luogo l'ovulazione. Gli estrogeni da soli non provocano un aumento della libido, ma raggiungono l'apice a metà del ciclo mestruale, assieme al testosterone. Rendono così le donne più ricettive nei confronti del sesso, contribuendo in larga misura alla lubrificazione vaginale.

[…]

Nei maschi, i centri cerebrali correlati al sesso sono circa due volte più grandi delle strutture analoghe nel cervello femminile. In questo caso, le dimensioni sono in parte responsabili delle differenze nel modo in cui uomini e donne pensano, sperimentano e reagiscono al sesso. In parole povere, gli uomini hanno in mente il sesso più delle donne: avvertono una pressione nelle gonadi e nella prostata se non eiaculano spesso; hanno uno spazio cerebrale e un potere di elaborazione di fantasie sessuali doppio rispetto alle femmine. Se nelle donne le emozioni viaggiano su una superstrada a otto corsie, mentre gli uomini si accontentano di una stradina di campagna, i secondi hanno un centro di elaborazione dei pensieri sul sesso grande come un aeroporto internazionale, mentre le donne solo una pista d'atterraggio per aeroplanini turistici. Ciò con tutta probabilità spiega perché l'ottantacinque per cento degli uomini fra i venti e i trent'anni pensi al sesso ogni cinquantadue secondi, e le donne una sola volta nell'arco delle ventiquattr'ore o al massimo tre o quattro nei giorni più fertili.

Il sesso non è proprio la prima cosa a cui pensa una donna, perciò l'uomo deve spesso trasformarsi in abile persuasore.

Queste differenze del cervello si manifestano già otto settimane dopo il concepimento, quando nel feto maschile il testosterone stimola la crescita dei centri cerebrali relativi al sesso situati nell'ipotalamo. Durante la pubertà, poi, nel maschio una seconda massiccia ondata di testosterone rafforza e ingrandisce altre connessioni cerebrali, che forniscono ulteriori informazioni ai centri del sesso, nonché al sistema visivo, olfattivo, tattile e cognitivo. Il testosterone, che tra i nove e i quindici anni aumenterà di venticinque volte, alimenterà tali connessioni sessuali, più grandi nel cervello maschile, per il resto della giovinezza.

Molte di queste strutture e connessioni esistono anche nel cervello femminile, ma sono grandi la metà. Da un punto di vista biologico, le donne dedicano meno spazio mentale alla ricerca del piacere sessuale, e il loro interesse sale e scende seguendo il ciclo mensile del testosterone, mentre i sistemi cerebrali maschili dedicati al sesso scattano ogniqualvolta una femmina compare alla vista. [pp. 123-127]

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Per la gran parte dell'età adulta i maschi producono da dieci a cento volte più testosterone delle femmine: i livelli di questo ormone vanno da trecento a mille picogrammi per millilitro negli uomini, in confronto ai venti-settanta delle donne. Benché il testosterone maschile diminuisca in media del tre per cento all'anno a partire dal picco più alto, situato all'età di venticinque anni, di solito si mantiene al di sopra dei trecentocinquanta picogrammi per millilitro fino alla mezza età e oltre… e trecento sono sufficienti perché un uomo conservi l'interesse sessuale. Per fare scattare gli impulsi sessuali di una donna ci vuole molto meno testosterone, ma ce n'è comunque bisogno per mettere in azione il centro cerebrale del sesso; il picco più alto si riscontra nelle giovani attorno ai diciannove anni, mentre nelle donne fra i quarantacinque e i cinquanta il livello scende perfino del settanta per cento. Se la quantità disponibile è così bassa, il centro del sesso situato nell'ipotalamo, come un'auto rimasta senza benzina, non trova il carburante chimico necessario per accendere il desiderio sessuale e la sensibilità genitale: i motori fisici e mentali dell'eccitazione sessuale sono in panne. [p. 227]

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Oltre gli effetti che provoca sul centro cerebrale del sesso, il testosterone favorisce l'acutezza mentale, nonché la crescita muscolare e ossea. Il suo risvolto negativo è che può causare perdita di capelli, acne, afrore eccessivo, crescita di peli sul viso e abbassamento del tono di voce. [pp. 230-231]



Perché le donne tendono maggiormente a soffrire di stati ansiosi


L'ansia è uno stato che subentra quando tensione o paura attivano l'amigdala, facendo sì che il cervello concentri tutta l'attenzione conscia sulla minaccia incombente. Nelle donne l'ansia è quattro volte più diffusa.

La maggiore rapidità con cui la donna si allarma rispetto a un uomo, benché possa non sembrare una caratteristica adattativa, in realtà permette al suo cervello di concentrarsi sul pericolo e rispondere con tempestività a ciò che minaccia la prole.

Sfortunatamente per le donne, questa esasperata sensibilità moltiplica per due la probabilità di soffrire di depressione e ansia, in particolare durante l'età riproduttiva. Questo preoccupante fenomeno è presente in tutte le culture, in Nordamerica, Europa, Medio Oriente e Asia. Mentre gli psicologi hanno puntato soprattutto su spiegazioni culturali e sociali, un numero sempre maggiore di neuroscienziati sta scoprendo che sensibilità alla paura, stress, geni, estrogeni, progesterone e biologia cerebrale strutturale rivestono ruoli importanti. Si ritiene che il numero di donne con sintomi depressivi sia aumentato a causa di variazioni genetiche e dell'influenza sui circuiti cerebrali di estrogeni e serotonina. [p. 173]



Louann Brizendine, Il cervello delle donne, Rizzoli, 2009.

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