Come interpretare l'episodio biblico dell'albero della conoscenza del bene e del male

Nel centro del Paradiso stavano l’Albero della Vita e l’Albero della Conoscenza del bene e del male, e Dio proibì a Adamo di mangiare i frutti di quest’ultimo: «Ma dell’Albero della conoscenza del bene e del male non mangiare, perché in qualsiasi giorno tu ne avrai mangiato, di morte morrai». Perché Dio non nomina l’Albero della Vita? È questo un doppione dell’Albero della Conoscenza, oppure, come credono alcuni studiosi, l’Albero della Vita era «nascosto» e sarebbe diventato identificabile, e quindi accessibile, soltanto nel momento in cui Adamo avesse conseguito la conoscenza del bene e del male, cioè la sapienza? Noi propendiamo per questa seconda ipotesi. L’Albero della Vita può dare l’immortalità, ma non è affatto facile trovarlo; è «nascosto», come ad esempio l’erba dell’immortalità che Gilgameš cerca in fondo all’oceano; oppure è custodito da mostri, come le mele d’oro del giardino delle Esperidi. La coesistenza dei due alberi miracolosi – l’Albero della Conoscenza e l’Albero della Vita – non è tanto paradossale quanto parrebbe a prima vista. La ritroviamo in altre tradizioni arcaiche: sull’ingresso orientale del Cielo, i Babilonesi ponevano due alberi, quello della Verità e quello della Vita; e un testo di Ras Shamra ci dice che Alein concede a Ltpn insieme la sapienza e l’eternità.

Il serpente persuade Adamo ed Eva a mangiare il frutto dell’ Albero della Conoscenza, affermando che ne riceveranno la divinità e non la morte: «No davvero che non morirete. Dio però sa che in qualunque giorno ne mangerete, vi si apriranno gli occhi e sarete come Dio, conoscendo il bene e il male». L’uomo sarà simile a Dio soltanto per il fatto di conoscere il bene e il male, oppure perché, diventato onnisciente, potrà «vedere» dove sta l’Albero della Vita e sapere come si ottiene l’immortalità? Il testo biblico non potrebbe essere più chiaro. «Il Signore Iddio (...) disse: "Ecco, Adamo è divenuto quasi uno di noi, e conosce il bene e il male; che egli non abbia a stender la mano e prendere anche dall’Albero della Vita, a mangiarne e vivere in eterno!”» L’uomo dunque poteva conseguire la divinità soltanto mangiando i frutti del secondo albero: quello dell’Immortalità. Perché allora il serpente tentò Adamo, incoraggiandolo a gustare l’Albero della Conoscenza, che poteva dargli soltanto la sapienza? Se il serpente prefigurava lo spirito del male, e come tale ostacolava l’immortalità dell’uomo, avrebbe dovuto proibirgli di avvicinarsi all’Albero della Vita. Il serpente rappresenta l’ostacolo che l’uomo incontra nella sua ricerca della fonte d’Immortalità, l’Albero della Vita. Questa interpretazione è confermata da altre tradizioni che segnaleremo fra poco. Ma la tentazione del serpente si può spiegare anche altrimenti: il serpente voleva ottenere l’immortalità per sé (come di fatto la ottenne nei miti di altri popoli), e bisognava che scoprisse l’Albero della Vita, confuso in mezzo alla moltitudine d’alberi del Paradiso, per mangiare lui per primo i suoi frutti. Per questo istiga Adamo a «conoscere il bene e il male»; con la sua conoscenza, Adamo gli avrebbe insegnato dov’era l’Albero della Vita.


Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, 2014 (ed. or. fr. 1948), pp. 261-262 [Ho omesso le note]

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