Il simbolismo dell'acqua

L’immersione nell’acqua simboleggia la regressione nel preformale, la rigenerazione totale, la nuova nascita, perché l’immersione equivale a una dissoluzione delle forme, a una reintegrazione nel modo indifferenziato della preesistenza. E l’uscita dalle acque ripete il gesto cosmogonico della manifestazione formale. Il contatto con l’acqua implica sempre rigenerazione; da una parte perché la dissoluzione è seguita da una «nuova nascita», dall’altra perché l’immersione fertilizza e aumenta il potenziale di vita e di creazione. L’acqua conferisce una «nuova nascita» per mezzo del rituale iniziatico; guarisce col rituale magico, garantisce la rinascita dopo la morte con i rituali funebri. Incorporandosi tutte le virtualità, l’acqua diventa un simbolo di vita (l’«acqua viva»). Ricca di germi, feconda la terra, gli animali, le donne. Ricettacolo di ogni virtualità, fluida per eccellenza, sostegno del divenire universale, l’Acqua è paragonata o direttamente assimilata alla Luna. I ritmi lunari e acquatici sono orchestrati dallo stesso destino; comandano la comparsa e la scomparsa periodica di tutte le forme, danno al divenire universale una struttura ciclica.

Per questo, fin dalla preistoria, il complesso Acqua-Luna-Donna era percepito come il circuito antropocosmico della fecondità. Sui vasi neolitici (civiltà detta di Walternienburg-Bernburg) l’acqua era rappresentata col segno VVV, che è anche il più antico geroglifico egiziano dell’acqua corrente. E già nel Paleolitico la spirale simboleggiava la fecondità acquatica e lunare; segnata sugli idoli femminili, omologava tutti i centri di vita e di fertilità. Nelle mitologie amerindiane, il segno glittico dell’acqua, rappresentato da un vaso pieno d’acqua nel quale cade una goccia da una nuvola, si trova sempre associato a emblemi lunari. La spirale, la lumaca (emblema lunare), la donna, l’acqua, il pesce, appartengono costituzionalmente allo stesso simbolismo di fecondità, verificabile su tutti i piani cosmici.

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Simbolo cosmogonico, ricettacolo di tutti i germi, l’acqua diventa la sostanza magica e medicinale per eccellenza; guarisce, ringiovanisce, assicura la vita eterna. Il prototipo dell’acqua è «l’acqua viva», che un’ulteriore speculazione ha talvolta proiettato nelle regioni celesti, come nel caso del soma celeste, dello haoma bianco in cielo ecc. L’Acqua viva, le fontane di giovinezza, l’Acqua della Vita ecc. sono le formule mitiche di una stessa realtà metafisica e religiosa: nell’acqua risiedono la vita, il vigore e l’eternità. Naturalmente quest’acqua non è facilmente accessibile, né lo è da tutti. È custodita da mostri, si trova in territori difficilmente penetrabili, la possiedono divinità o demoni ecc. La strada per raggiungere la sorgente e conquistare l’«acqua viva» implica una serie di consacrazioni e di «prove», precisamente come la ricerca dell’«Albero della Vita»

[...] ricordiamo l’importanza dell’«acqua non cominciata» in moltissimi sortilegi e medicature popolari. L’«acqua non cominciata», quella di un vaso nuovo, che non fu profanata dall’uso quotidiano, concentra in sé le valenze germinative e creatrici dell’Acqua primordiale. Guarisce perché, in un certo senso, ripete la Creazione. Vedremo più avanti che gli atti magici «ripetono» la cosmogonia perché sono proiettati nel tempo mitico della Creazione dei mondi, sono semplice ripetizione dei gesti compiuti allora, ab origine. Nel caso della terapia popolare con l’acqua «non cominciata», si cerca la rigenerazione magica dell’ammalato mediante il contatto con la sostanza primordiale; l’acqua assorbe il male, grazie al suo potere di assimilare e disintegrare tutte le forme.

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La purificazione per mezzo dell’acqua ha le stesse proprietà; tutto si «scioglie» nell’acqua, ogni «forma» si disintegra, qualsiasi «storia» è abolita; nulla di quanto esisteva prima rimane dopo un’immersione nell’acqua; nessun profilo, nessun «segno», nessun «avvenimento». L’immersione equivale, sul piano umano, alla morte, e sul piano cosmico alla catastrofe (il diluvio) che scioglie periodicamente il mondo nell’Oceano primordiale. Disintegrando ogni forma, abolendo ogni storia, le acque possiedono questa virtù di purificazione, di rigenerazione e di rinascita, perché quel che viene immerso in essa «muore», e, uscendone, è simile a un bambino senza peccati e senza «storia», capace di ricevere una nuova rivelazione e di iniziare una nuova vita «propria».

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Le acque purificano e rigenerano perché annullano la «storia», restaurano – sia pure per un momento – l’integrità aurorale.

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Lo stesso meccanismo rituale della rigenerazione per mezzo delle acque spiega l’immersione delle statue delle divinità in uso nel mondo antico. Il rituale del bagno sacro era praticato abitualmente nel culto delle Grandi Dee della fecondità e dell’agricoltura. In questo modo le forze esauste della divinità si reintegravano, garantendo un buon raccolto (la magia dell’immersione provocava la pioggia) e la moltiplicazione feconda delle sostanze. [...] L’immersione del crocifisso o di statue della Madonna e dei santi, per scongiurare la siccità e ottenere la pioggia, si praticava dai cattolici fin dal XIII secolo, e continuò, malgrado la resistenza del clero, fino al XIX e al XX secolo.



Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, 2014 (ed. or.  fr. 1948), p. 170-177. [ho omesso le note].

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