Che cos'è un mito?

Sarebbe difficile trovare una definizione del mito che possa essere accettata da tutti gli studiosi e sia nello stesso tempo accessibile ai non-specialisti. D'altra parte, è possibile trovare anche una sola definizione che possa includere tutti i tipi e tutte le funzioni dei miti, in tutte le società arcaiche e tradizionali? Il mito è una realtà culturale estremamente complessa, che può essere analizzata e interpretata in prospettive molteplici e complementari.

Personalmente, la definizione che ci sembra meno inadeguata, perché è la più vasta, è la seguente: il mito narra una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel Tempo primordiale, il tempo favoloso delle « origini ». In altre parole, il mito narra come, grazie alle gesta degli Esseri Soprannaturali, una realtà è venuta ad esistenza, sia che si tratti della realtà totale, il Cosmo, o solamente di un frammento di realtà: un'isola, una specie vegetale, un comportamento umano, un'istituzione. Il mito quindi è sempre la narrazione di una « creazione »: riferisce come una cosa è stata prodotta, ha cominciato ad essere. Il mito parla solo di ciò che è accaduto realmente, di ciò che si è pienamente manifestato. I personaggi dei miti sono Esseri Soprannaturali; essi sono conosciuti soprattutto per ciò che hanno fatto nel tempo prestigioso delle « origini ». I miti rivelano quindi la loro attività creatrice e svelano la sacralità (o semplicemente la « soprannaturalità ») delle loro opere. Insomma, i miti descrivono le diverse, e talvolta drammatiche, irruzioni del sacro (o del « soprannaturale ») nel Mondo. È questa irruzione del sacro che fonda realmente il Mondo e che lo fa come è oggi. Anzi: in seguito agli interventi degli Esseri Soprannaturali l'uomo è quello che è oggi: un essere mortale, sessuato e culturale.

Si avrà poi occasione di completare e precisare queste vaghe indicazioni preliminari, ma è necessario sottolineare subito un fatto che ci sembra essenziale: il mito è considerato come una storia sacra e quindi una « storia vera », perché si riferisce sempre a delle realtà. Il mito cosmogonico è « vero », perché l'esistenza del Mondo è lì per provarlo; il mito dell'origine della Morte è ugualmente « vero », perché la mortalità dell'uomo lo prova, e così via.

Poiché il mito riporta le gesta degli Esseri Soprannaturali e la manifestazione delle loro potenze sacre, diventa il modello esemplare di tutte le attività umane significative. Quando il missionario-etnologo C. Strehlow chiedeva agli australiani Arunta perché celebravano certe cerimonie, gli rispondevano invariabilmente: « Perché gli antenati le hanno prescritte così » 

I Kai della Nuova Guinea si rifiutavano di modificare il loro modo di vivere e di lavorare e spiegavano: « Così hanno fatto i Nemu (gli Antenati Mitici) e noi facciamo nello stesso modo ».

Interrogato sulla ragione di un particolare di una cerimonia, un cantore Navaho rispose: « Perché il Popolo Santo lo fece in questo modo la prima volta ».

Troviamo la medesima giustificazione nella preghiera che accompagna un rituale tibetano primitivo: « Come è stato tramandato dall'inizio della creazione della terra, così dobbiamo sacrificare... Come i nostri antenati fecero nei tempi antichi, così facciamo oggi ». Così suona la giustificazione invocata dai teologi e dai ritualisti indù: « Dobbiamo fare ciò che gli dei hanno fatto all'inizio » (Satapatha Bràhmana, VII, 2, 1, 4). « Così hanno fatto gli dei, così fanno gli uomini » (Taittiriya Bràhmana, 1, 5 , 9 , 4).

Come abbiamo mostrato altrove, anche la condotta e le attività profane dell'uomo trovano i loro modelli nei gesti degli Esseri Soprannaturali. Presso i Navaho « le donne devono sedersi con le gambe ripiegate da un lato, gli uomini con le gambe incrociate davanti, perché è detto che all'inizio la Donna Cangiante e l'Uccisore di Mostri si sono seduti in queste posizioni ». Secondo le tradizioni mitiche di una tribù australiana, i Karadjeri, tutte le loro usanze, tutti i loro atteggiamenti sono stati stabiliti nel « Tempo del Sogno » da due Esseri Soprannaturali, i Bagadjimbiri (per esempio, la maniera di cuocere un cibo o di cacciare un animale con l'aiuto di un bastone, la posizione speciale che si deve assumere per urinare, ecc.).

Inutile moltiplicare gli esempi. Come abbiamo mostrato in Le Mythe de l'Eternel Retour, e come si vedrà ancor meglio in seguito, la funzione principale del mito è di rivelare i modelli esemplari di tutti i riti e di tutte le attività umane significative, sia dell'alimentazione e del matrimonio, sia del lavoro, dell'educazione, dell'arte o della saggezza. Questa concezione non è senza importanza per la comprensione dell'uomo delle società arcaiche e tradizionali, e vi ci soffermeremo più avanti.

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Notiamo che, come l'uomo moderno si considera formato alla Storia, l'uomo delle società arcaiche si dichiara il risultato di un certo numero di avvenimenti mitici. Né l'uno né l'altro si considera « dato », « fatto » una volta per tutte, come, per esempio, si fa un arnese in un modo definitivo.

Un moderno potrebbe ragionare così: io sono quello che sono oggi perché mi è capitato un certo numero di avvenimenti, ma questi sono stati possibili perché l'agricoltura è stata scoperta circa otto o novemila anni fa e perché le civiltà urbane si sono sviluppate nel Medio Oriente antico, perché Alessandro Magno ha conquistato l'Asia e Augusto ha fondato l'Impero Romano, perché Galileo e Newton hanno rivoluzionato la concezione dell'Universo, aprendo la strada alle scoperte scientifiche e preparando lo sviluppo della civiltà industriale, perché vi è stata la Rivoluzione francese e perché le idee di libertà, di democrazia e di giustizia sociale hanno rivoluzionato il mondo occidentale dopo le guerre napoleoniche, e così via.

Ugualmente un « primitivo » potrebbe dire: io sono quello che sono oggi, perché una serie di avvenimenti è accaduta prima di me. Soltanto, deve immediatamente aggiungere: avvenimenti che sono accaduti nei tempi mitici e che, di conseguenza, costituiscono una storia sacra, perché i personaggi del dramma non sono esseri umani, ma Esseri Soprannaturali. Ancora: mentre un uomo moderno, pur considerandosi il risultato del corso della Storia universale, non si sente in obbligo di conoscerla nella sua totalità, l'uomo delle società arcaiche non solo è obbligato a ricordarsi la storia mitica della sua tribù, ma ne riattualizza periodicamente una grandissima parte. È qui che si comprende la differenza più importante tra l'uomo delle società arcaiche e l'uomo moderno: l'irreversibilità degli avvenimenti, che per il secondo è la nota caratteristica della Storia, non costituisce un'evidenza per il primo.

Costantinopoli fu conquistata dai Turchi nel 1453 e la Bastiglia è caduta il 14 luglio 1789. Questi avvenimenti sono irreversibili. Evidentemente, essendo il 14 luglio divenuto festa nazionale per la Repubblica Francese, si commemora annualmente la presa della Bastiglia, ma non si riattualizza l'avvenimento storico propriamente detto. Per l'uomo delle società arcaiche, invece, ciò che è successo ab origine può essere ripetuto per la forza dei riti. L'essenziale è dunque, per lui, conoscere i miti; non solamente perché i miti gli offrono una spiegazione del Mondo e del suo modo di esistere nel Mondo, ma soprattutto perché, ricordandoseli, riattualizzandoli, è in grado di ripetere ciò che gli Dei, gli Eroi o gli Antenati hanno fatto ab orìgine. Conoscere i miti significa apprendere il segreto dell'origine delle cose. In altri termini, si apprende non soltanto come le cose sono venute ad esistenza, ma anche dove trovarle e come farle riapparire quando scompaiono.


Mircea Eliade, Mito e realtà, Borla, 2007 (ed. or. 1963), pp. 27-36 [ho omesso le note, che comunque riguardano solo riferimenti bibliografici].

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