Il diavolo e gli spiriti secondo Freud

[1] [...] il diavolo, angelo espulso dal paradiso egli stesso, certamente non è altro che la personificazione della vita pulsionale rimossa e inconscia.

[2] Spiriti e demoni [...] non sono che le proiezioni delle sue emozioni. Egli [l'uomo primitivo] trasforma le sue cariche affettive in personaggi con i quali popola il mondo, e ritrova poi al di fuori di sé i propri processi mentali interiori, in maniera del tutto analoga a quella seguita da un ingegnoso paranoico, Schreber, il quale trovava i legami e le soluzioni della sua libido rispecchiati nella sorte dei “raggi di Dio” di cui andava discorrendo.

Non intendiamo, in questa come in un’altra occasione precedente, affrontare il problema dell’origine della tendenza a proiettare all’esterno processi mentali. C’è un’ipotesi, però, che possiamo arrischiare: questa tendenza si trova rafforzata nei casi in cui la proiezione reca con sé il vantaggio di un sollievo psichico. Un vantaggio del genere è prevedibile con certezza quando gli impulsi, che aspirano tutti all’onnipotenza, entrano in conflitto tra loro; perché evidentemente non tutti possono diventare onnipotenti.

[3] Gli stati di possessione demoniaca corrispondono alle nostre nevrosi, per la spiegazione delle quali noi facciamo ricorso ancora una volta a forze psichiche. I demoni sono, a nostro avviso, desideri cattivi, ripudiati, che derivano da moti pulsionali che sono stati respinti e rimossi. Noi non facciamo nulla di più che eliminare la proiezione nel mondo esterno ipotizzata dal Medioevo a proposito di tali entità psichiche; noi riteniamo che esse abbiano avuto origine nella vita intima dei malati dove in effetti dimorano.

[...]

Sappiamo innanzitutto che Dio è un sostituto del padre, o più precisamente è un padre che è stato innalzato, oppure, ancora, è una copia del padre, così come il padre è stato visto e vissuto nell’infanzia, dal singolo nella sua infanzia personale, e dal genere umano, nella sua preistoria, come padre dell’orda primordiale. In seguito il singolo vide suo padre in un modo diverso, lo ridimensionò; eppure l’immagine ideativa che di lui si era fatta da bambino rimase, e, fondendosi con la traccia mnestica del padre primordiale trasmessagli per eredità, diede luogo alla rappresentazione individuale di Dio. La storia segreta del singolo che l’analisi ha scoperto ci ha anche insegnato che questo rapporto col padre fu forse ambivalente fin dall’inizio, o comunque lo divenne ben presto; in esso erano cioè implicite due spinte emotive antagoniste, non solo un impulso all’affettuosa sottomissione, ma anche una tendenza all’ostilità e alla sfida. A nostro giudizio questa ambivalenza caratterizza anche il rapporto della specie umana con la sua divinità. Il non risolto conflitto tra la nostalgia del padre da un lato, e la paura e la sfida filiale nei suoi confronti dall’altro, ci ha permesso di spiegare importanti caratteristiche e decisive vicissitudini delle religioni.

Quanto al demone malvagio, sappiamo che esso è considerato come l’antitesi di Dio, pur essendo, per sua natura, molto affine a Dio. È vero che la sua storia non è stata indagata così bene come quella di Dio, che non tutte le religioni hanno accolto la figura dello Spirito Maligno, dell’avversario di Dio, e che il suo prototipo nella vita individuale resta a tutta prima oscuro. Ma una cosa è certa: gli dei possono diventare demoni malvagi quando nuove divinità li soppiantano. Quando un popolo è stato vinto da un altro, accade non di rado che le abbattute divinità dei vinti si trasformino per il popolo dei vincitori in demoni. Il demone malvagio della fede cristiana, il diavolo del Medioevo, era secondo la stessa mitologia cristiana un angelo decaduto che aveva una natura simile a quella di Dio. Non occorre una grande perspicacia psicoanalitica per arguire che Dio e il diavolo furono originariamente identici, un’unica figura che in seguito fu scissa in due figure dotate di attributi opposti. Quando le religioni erano agli inizi lo stesso Dio possedeva ancora tutte le terrificanti caratteristiche che in seguito si assommarono fino a convergere in un personaggio ad esso opposto.

È questo un esempio del ben noto processo per cui una rappresentazione che ha un contenuto contraddittorio (ambivalente) si scompone in due termini opposti in netto contrasto tra loro. Comunque le contraddizioni specifiche attinenti alla natura originaria di Dio rispecchiano l’ambivalenza che caratterizza il rapporto del singolo col proprio padre personale. Se il Dio giusto e misericordioso è un sostituto del padre, non c’è da stupirsi che anche l’atteggiamento ostile nei confronti del padre, per cui il figlio lo odia e lo teme e si lamenta di lui, abbia trovato espressione nella creazione di Satana. Il padre sarebbe dunque l’archetipo individuale sia di Dio sia del diavolo. Tuttavia le religioni recherebbero l’impronta indelebile del fatto che il padre primordiale era un essere di illimitata malvagità, meno simile a Dio che al diavolo.


Sigmund Freud

[1] "Sogni nel folklore", in Opere complete (edizione digitale), Bollati Boringhieri, 2013 , p. 2892.
[2] "Totem e tabù", ibid., pp. 3087-88.
[3] "Una nevrosi demoniaca del secolo decimosettimo", ibid., pp. 4711-12; 4724-26. [Sottolineature mie. Note omesse.]

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