Il mito della nascita dell'eroe e l'ipotesi sul Mosè egizio

Nel 1909 Otto Rank – allora subiva ancora la mia influenza – pubblicava per mio incitamento uno scritto dal titolo Il mito della nascita dell’eroe.²⁸³ Vi si tratta del fatto che “quasi tutti i principali popoli civili... fin da tempi remoti hanno celebrato nella poesia e nella leggenda i loro campioni, re e principi mitici, fondatori di religioni, di dinastie, di imperi, di città, in breve i loro eroi nazionali. In particolar modo la storia della nascita e dei primi anni di queste persone fu arricchita di peculiarità fantastiche, la cui stupefacente somiglianza, talvolta l’accordo letterale, in popoli diversi, separati da grandi distanze e totalmente indipendenti tra loro, è nota da tempo e ha colpito molti studiosi”. Se ricostruiamo, seguendo Rank e con una tecnica in qualche modo simile a quella di Galton,²⁸⁴ una “leggenda mediana” che metta in rilievo i lineamenti essenziali di tutti questi racconti, ne ricaviamo il quadro seguente:

“L’eroe è figlio di genitori di altissimi natali, il più delle volte è figlio di re.

“Il suo concepimento è preceduto da difficoltà, come astinenza o lunga sterilità o amplesso segreto dei genitori a causa di divieti od ostacoli esterni. Durante la gravidanza o ancor prima un annunzio premonitore (sogno, oracolo) mette in guardia circa la sua nascita, che in genere costituisce una minaccia per il padre.

“Per tal ragione il bimbo appena nato è condannato alla morte o ad essere esposto, generalmente per volontà del padre o di chi lo rappresenta; di regola è abbandonato alle acque in una cassetta.

È allora salvato da animali o da umili persone (pastori) e allattato da un animale femmina o da umile nutrice.

“Cresciuto, dopo vicende molto complicate ritrova i nobili genitori, si vendica del padre da un canto, e dall’altro viene riconosciuto e diventa grande e famoso.”
La figura storica più antica cui viene collegato questo mito della nascita è Sargon di Agade, fondatore di Babilonia (circa 2800 a.C.). Per noi, non è senza interesse riportare qui il racconto a lui stesso attribuito:

“Sargon, il re potente, il re di Agade io sono. Mia madre fu una vestale, mio padre non l’ho conosciuto, mentre il fratello di mio padre abitava sulle montagne. Nella mia città Azupirani, che giace sulle rive dell’Eufrate, mia madre, la vestale, mi concepì. In segreto mi partorì. Mi pose in un recipiente di giunchi, chiuse con pece il mio sportello e mi abbandonò alla corrente, che non mi sommerse. La corrente mi portò ov’era Akki, che attinge l’acqua. Akki, che attinge l’acqua, nella bontà del suo cuore mi trasse fuori. Akki, che attinge l’acqua, mi allevò come suo figlio. Akki, che attinge l’acqua, fece di me il suo giardiniere. Mentre facevo il giardiniere, [la dea] Ishtar si innamorò di me, divenni re e per quarantacinque anni esercitai la sovranità reale.”

I nomi più noti della serie che comincia con Sargon sono Mosè, Ciro e Romolo. Oltre ai quali, tuttavia, Rank ha raccolto un grande numero di figure eroiche appartenenti alla poesia o alla leggenda, cui viene attribuita, interamente o in frammenti ben riconoscibili, la stessa vicenda giovanile: Edipo, Karna, Paride, Telefo, Perseo, Eracle, Gilgamesh, Anfione e Zeto, e altri.²⁸⁵

Fonte e intento di questo mito ci sono divenuti noti per merito delle ricerche di Rank. Mi basterà farvi riferimento, con poche brevi osservazioni. Eroe è colui che coraggiosamente si leva contro il padre e alla fine lo supera vittoriosamente. Il nostro mito insegue questa lotta nella preistoria individuale, perché fa nascere il bambino contro la volontà del padre e lo fa salvo nonostante le cattive intenzioni di questi. L’esposizione nella cassetta è una inconfondibile raffigurazione simbolica della nascita: la cassetta è il grembo materno, l’acqua è il liquido amniotico. In moltissimi sogni il rapporto genitori-figlio è raffigurato col trarre o col salvare dalle acque.²⁸⁶ Quando la fantasia popolare attribuisce il mito della nascita che stiamo descrivendo a una personalità eminente, intende così riconoscere in quella figura un eroe, annunciare che egli ha adempiuto allo schema della vita eroica. La fonte di tutta questa creazione poetica, però, è il cosiddetto “romanzo familiare” del fanciullo,²⁸⁷ mediante il quale il figlio reagisce al mutamento delle sue relazioni emotive con i genitori, in special modo con il padre. Gli anni dell’infanzia sono dominati da una straordinaria sopravvalutazione del padre: re e regine nel sogno e nella fiaba significano sempre solo i genitori, mentre più tardi, sotto la spinta della rivalità e della delusione reale, subentra il distacco dai genitori e l’atteggiamento critico verso il padre. Le due famiglie del mito, la nobile e la umile, sono perciò entrambe riflessi della famiglia autentica, quale appare al bambino in successivi momenti della sua vita.

[Queste considerazioni preliminari introducono l'ipotesi di Freud circa le origini del monoteismo ebraico, da lui fatte risalire a un Mosè egizio, alto funzionario dell'entourage del faraone Amenofi IV; quest'ultimo fu lo zelante promotore di una riforma religiosa in senso strettamente monoteistico che riconosceva come unico dio Atòn (culto solare). Alla morte del faraone, però, la riforma religiosa, mal digerita da popolo e clero, venne ripudiata e il faraone eretico fatto oggetto di damnatio memoriae. Fu allora che il Mosè egizio, desideroso di continuare il culto monoteistico del dio Atòn, scelse come suo referente il popolo ebraico dimorante in Egitto e ne divenne il capo religioso, introducendo presso di loro anche la circoncisione (già praticata dagli Egizi). Fu questo Mosè egizio a condurre gli Ebrei in terra di Canaan. Tuttavia gli Ebrei si ribellarono a Mosè e lo uccisero (schema che Freud riprende dall'uccisione del padre primordiale da parte dei figli in Totem e tabù). Col tempo, però, la figura di Mosè acquista la dimensione di un eroe mitico (come nell'orda primitiva il padre ucciso viene in seguito venerato nella memoria e le proibizioni sessuali da lui introdotte rispettate come "obbedienza postuma"). Gli Ebrei provenienti dall'Egitto, i Leviti, si unirono in seguito a quelli che adoravano il dio Yahweh, un dio che avevano assimilato dalle popolazioni arabe madianite, e che aveva le caratteristiche di un dio vulcanico. Yahweh acquistò a poco a poco le caratteristiche di Atòn, senza però perdere la bellicosità delle sue origini. Il dio dell'ebraismo sarebbe dunque il prodotto di una fusione di due componenti del popolo ebraico]



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²⁸³ O. Rank, Der Mythus von der Geburt des Helden, n. 5 della collana “Schriften zur angewandten Seelenkunde” (Franz Deuticke, Vienna 1909). Lungi da me l’intento di sminuire il valore dei contributi originali apportati da Rank alla questione. [Sono tratte da quest’opera tutte le citazioni tra virgolette che seguono.]
²⁸⁴ [Freud amava spesso riferirsi alla tecnica del montaggio fotografico mediante immagini sovrapposte usata da Galton; vedi ad esempio L’interpretazione dei sogni (1899), in OSF, vol. 3, cap. 4, Premessa.]
²⁸⁵ [Karna è un eroe del Mahabharata, Gilgamesh è un eroe babilonese; tutti gli altri appartengono alla mitologia greca.]
²⁸⁶ [Vedi ad esempio L’interpretazione dei sogni cit., cap. 6, par. E.]
²⁸⁷ [Il termine “romanzo familiare”, per indicare la costruzione di un mito sulle proprie origini illegittime, ricorre sin dal 1898, nell’analisi, inviata da Freud a Wilhelm Fliess, della novella La giustiziera di C. F. Meyer. Vedi lo scritto di Freud, Il romanzo familiare dei nevrotici (1908), in OSF, vol. 5, inserito dapprima nel volume succitato di Otto Rank.]


Sigmund Freud, "L'uomo Mosè e la religione monoteistica", in Opere complete (ed. digitale), Bollati Boringhieri, 2013, pp. 5732-5734.

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