Caratteristiche e funzioni dell'archetipo nella psicologia di Jung

Il numero degli archetipi costituisce il contenuto proprio dell'inconscio collettivo. È relativamente limitato, perché corrisponde "alle possibilità tipiche di esperienze fondamentali" vissute dall'essere umano fin dai tempi più remoti. Il loro senso per noi risiede appunto in quell'"esperienza primordiale" di cui essi sono gli esponenti e i mediatori. I motivi delle immagini archetipiche sono uguali in tutte le civiltà, e corrispondono alla parte filogeneticamente determinata della struttura umana. Li ritroviamo in tutte le mitologie, favole, tradizioni religiose, in tutti i misteri. Che altro sono i miti della "traversata marittima notturna", dell'"eroe errante" o del "drago-balena" se non la nostra eterna conoscenza del tramonto e delle rinascita, divenuta immagine? Prometeo che ruba il fuoco, Ercole che uccide il drago, i numerosi miti della creazione, il peccato originale, i sacrifici misterici, la maternità della vergine, il perfido tradimento ai danni dell'eroe, lo sbranamento di Osiride e molti altri miti e favole rappresentano decorsi psichici in forma simbolica e figurata. E parimenti il serpente, il pesce, la sfinge, gli animali soccorritori, l'albero cosmico, la Grande Madre, il principe fatato, il puer aeternus, il mago, il Saggio, il paradiso, ecc. sono figure e contenuti dell'inconscio collettivo. Possono ridestarsi a nuova vita in ogni singola psiche individuale, esplicando il loro magico effetto addensandosi in una specie di "mitologia individuale" che presenta un impressionante parallelismo con le grandi mitologie tradizionali di tutti i popoli e di tutte le età, e nel suo divenire illustra insieme l'origine, l'essenza e il senso di quelle.

La somma degli archetipi significa dunque per Jung la somma di tutte le latenti possibilità della psiche umana: un enorme, inesauribile materiale di antichissime cognizioni sui più profondi nessi tra Dio, l'uomo e il cosmo. Scoprire questo materiale nella propria psiche, ridestarlo a nuova vita e integrarlo nella coscienza, vuol dire nientemeno che sopprimere l'isolamento dell'individuo e inserirlo nel corso del divenire eterno. Così ciò a cui qui abbiamo accennato diventa qualcosa di più che conoscenza e psicologia. Diventa una dottrina e una via. L'archetipo, fonte primordiale dell'esperienza umana universale, giace nell'inconscio, e di qui invade potentemente la nostra vita. Risolvere le sue proiezioni ed elevare i suoi contenuti fino alla coscienza, è nostro compito e dovere.

Un aspetto particolarmente significativo dell'efficacia degli archetipi è stato posto in risalto da Jung, quasi come ultimo frutto delle sue ricerche, nei suoi studi sulla "sincronicità come principio di nessi acausali". Egli ha gettato nuova luce sui fenomeni della percezione extrasensoriale, quali la telepatia, la chiaroveggenza, il cosiddetto "miracolo", scientificamente spiegabili finora solo in misura insoddisfacente, e fatto oggetto di osservazione e ricerca scientifica avvenimenti ed esperienze finora trascurati o addirittura negati, insoliti, definiti in generale come "caso". Egli denomina sincronicità (in contrapposizione a sincronismo) un principio esplicativo che integra la causalità, e la definisce come "coincidenza temporale di due o più eventi non correlabili tra loro causalmente, di significato uguale o simile", come possono essere vissuti significativamente ad esempio nella forma di un incontro di percezioni interne (intuizioni, sogni, visioni, idee improvvise ecc.) con eventi esterni, siano questi del passato, del presente o del futuro. La sincronicità è in primo luogo solo un "fattore formale", un "concetto empirico" che postula un principio necessario per una conoscenza globale, e che si aggiunge "come quarta alla triade riconosciuta, spazio, tempo, causalità". Secondo Jung, tali fenomeni sincornistici si verificano per un "sapere aprioristico presente e attivo nell'inconscio", che si fonda su un ordinamento analogico del microcosmo con il macrocosmo, sottratto al nostro arbitrio, nel quale gli archetipi possiedono la funzione di operatori ordinanti. Nella coincidenza dotata di senso di un'immagine interna con un avvenimento esterno, che costituisce l'essenza dei fenomeni di sincronicità, si pone in evidenza sia l'aspetto spirituale sia l'aspetto materiale-corporeo dell'archetipo. È altresì l'archetipo che suscita mediante la sua aumentata carica energetica o la sua azione numinosa, quella emotività rafforzata nell'individuo in questione, ovvero lo pone in uno stato di parziale abaissement du niveau mental che costituisce la premessa perché tali fenomeni di sincornicità sorgano e vengano esperimentati. Si può persino dire con Jung: "L'archetipo è la forma dell'ordinamento psichico a priori, riconoscibile mediante introspezione." Partendo d aquesto, si pone tutta una serie di nuovi interrogativi che richiedono ulteriore studio e discussione.

"Gli archetipi furono e sono forze vitali psichiche che pretendono di venir prese sul serio e anzi, nella maniera più singolare, provvedono anche a farsi valere. Essi furono sempre garanti di protezione e salvezza e l'offesa recata ad essi porta la conseguenza ben nota alla psicologia dei primitivi, dei perils of the soul. Essi sono, infatti, moventi infallibili dei disturbi nevrotici e anche psicotici, dato che essi si comportano esattamente come gli organi del corpo o i sistemi funzionali organici trascurati o lesi.

Non per nulla le figure e le esperienze archetipiche sono fin dai tempi remoti un preziosissimo patrimonio di tutte le religioni della nostra terra. E sebbene siano state più volte costruite a dogma e spogliate della loro forma originaria, ancor oggi agiscono nella psiche con tutta la forza elementare del loro contenuto gravido di significati, specialmente là dove la fede religiosa è viva nell'uomo, trattisi del simbolo del Dio che muore e risorge, del mistero dell'Immacolata Concezione nel cristianesimo, nel velo di Maia presso gli indiani o della preghiera verso l'Oriente per i maomettani. Soltanto là dove la fede e il dogma sono irrigiditi in forma vuote, come è avvenuto per gran parte nel nostro mondo occidentale altamente civilizzato, tecnicizzato, dominato dal razionalismo, essi hanno perduto anche la loro forza magica e lasciato gli uomini privi di aiuto e di appoggio, in preda alle tempeste dell'esterno e dell'interno.

Togliere l'uomo moderno alla sua solitudine e al suo disorientamento, favorire la sua reimmissione nel grande fiume della vita, aiutarlo ad acquistare una totalità che gli faccia ricollegare, sciente e volente, il suo chiaro lato conscio con l'oscuro lato inconscio: ecco il senso e lo scopo della dottrina di Jung, guida di anime.


Jolande Jacobi, La psicologia di C.G. Jung, Boringhieri, 1973 (prima ed. or. 1944; la presente traduzione si basa sulla sesta edizione del 1971), pp. 66-70 [ho omesso le note di questo passo]

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