La mitopoiesi è qualcosa di inestirpabile dall'animo umano

Riklin ha messo in evidenza il meccanismo onirico delle fiabe. Lo stesso ha fatto Abraham per i miti. Egli dice: "Il mito è un frammento sorpassato della vita psichica infantile del popolo"; e ancora: "Il mito è un vestigio della vita psichica infantile di un popolo e il sogno è il mito dell'individuo". Da tutto ciò deriva quasi automaticamente la conclusione che le epoche creatrici hanno pensato come ancora oggi noi pensiamo nei sogni. Di fatto non è difficile scoprire nel fanciullo i rudimenti della formazione dei miti, di fantasie prese per realtà che talvolta riecheggiano la storia. A dire il vero, dopo l'affermazione che il mito è derivato dalla vita psichica "infantile" del popolo va posto un grande punto interrogativo. Al contrario il mito è il prodotto più maturo creato dall'umanità primitiva. I lontani progenitori dell'uomo, muniti di branchie, non erano affatto embrioni, ma animali pienamente sviluppati, e così anche l'uomo che pensava e viveva nel mito era una realtà fattasi adulta e non un bambino di quattro anni. Il mito non è un fantasma infantile, ma un importante requisito della vita primitiva.

Si obietterà che le inclinazioni mitologiche dei bambini sono state loro inculcate dall'educazione. L'obiezione è oziosa. Gli uomini si sono mai veramente liberati dal mito? Chiunque abbia occhi e senno è in grado di vedere che il mondo è morto, freddo e infinito, e mai fino ad ora è stato visto un dio e mai i nostri sensi ci hanno imposto di fare dell'esistenza di un tal dio un'esigenza. V'era bisogno al contrario di una più forte coercizione interiore, che può essere spiegata solo dalla forza irrazionale dell'istinto, per erigere, ad esempio, quelle posizioni di fede religiosa la cui assurdità era già rilevata da Tertulliano. Così è possibile certo lasciare un bambino all'oscuro del contenuto di antichi miti, ma non è possibili sottrargli il suo bisogno di mitologia e ancor meno la capacità di produrne. Si può affermare che se si riuscisse a recidere d'un tratto tutte le tradizioni esistenti nel mondo, tutta la mitologia e tutta la storia religiosa tornerebbero da capo con la generazione successiva. Solo a pochi individui, nell'epoca di una certa spavalderia intellettuale, vien fatto di disfarsi della mitologia; la massa non vi riesce mai. Tutta l'istruzione e tutti i lumi di questo mondo non giovano a nulla; distruggono solo una manifestazione transitoria, ma non l'impulso creativo.


Carl Gustav Jung, Opere, Vol. 5. Simboli della trasformazione, Boringhieri, 1970, p. 38 [Sottolineature mie]

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