L'inconciliabile diversità dei desideri umani di fronte alle utopie sociali

[Jung soleva spesso inframmezzare i suoi studi con delle considerazioni sui fatti storici contemporanei come il nazismo o il bolscevismo. Questo suo interesse per la storia politico-sociale derivava dal fatto che lo studioso svizzero, al contrario di Freud, partiva dal sociale (l'inconscio collettivo è qualcosa che appartiene a tutta l'umanità, dalla più remota alla più recente, dalla più primitiva alla più evoluta) per arrivare all'individuale. Le epoche storiche e le nazioni (ma anche le scuole filosofiche, i movimenti letterari, religiosi, politici, ecc.) potevano perciò essere oggetto di analisi psicologica allo stesso modo degli individui]

In questa nostra epoca nella quale sulla base delle conquiste della Rivoluzione francese, Liberté, Egalité, Fraternité, si è venuta sviluppando un’ampia corrente intellettuale di ispirazione sociale, che non soltanto abbassa o innalza i diritti politici al medesimo livello generale, ma crede anche di poter eliminare l’infelicità con regolamentazioni e livellamenti esteriori, in un’epoca come questa è un compito veramente ingrato parlare dell’assoluta disparità degli elementi che compongono una nazione. Nonostante sia certamente una bella cosa che ognuno sia uguale di fronte alla legge, che ognuno abbia diritto di votare e che nessuno possa, in base a privilegi ereditari di casta, essere, ingiustamente, da più del proprio fratello, non è altrettanto bello il voler estendere le stesse idee di uguaglianza ad altri campi della vita. Bisogna essere davvero alquanto miopi od osservare la società umana da una distanza molto nebulosa per poter credere che, disciplinando la vita in modo uniforme, si possa giungere a una più uniforme distribuzione della felicità. Sarebbe come illudersi, ad esempio, che un ammontare uguale delle entrate, cioè dei mezzi esteriori di vita, debba avere per tutti lo stesso valore. Ma che può fare un legislatore con tutti coloro per i quali le maggiori possibilità risiedono all’interno anziché all’esterno? Per equità egli dovrebbe dare a uno il doppio di quanto dà a un altro, perché per uno è poco ciò che per un altro è molto. Nessuna legislazione sociale potrà aver ragione delle diversità psicologiche esistenti fra gli uomini e che costituiscono il fattore indispensabile all’energia vitale di una società umana. Per questo è assai utile parlare delle differenze esistenti tra gli uomini. Queste differenze creano esigenze di felicità talmente diverse che nessuna legislazione, per quanto perfetta, può soddisfarle, sia pure approssimativamente. E neppure è pensabile una forma generale qualsiasi di vita esteriore, per quanto giusta e ragionevole essa possa apparire, che non rappresenti un’ingiustizia per l’uno o per l’altro tipo di persone. Il fatto che, nonostante quanto siamo venuti dicendo, visionari di ogni specie, di tipo politico, sociale, filosofico e religioso mettano tutto in opera per ricercare quelle condizioni esterne generali e uniformi che dovrebbero rappresentare una maggiore possibilità di felicità per tutti, mi pare dipendere da un comune atteggiamento troppo orientato verso l’esterno [ovvero, troppo estroverso, secondo la sua tipologia psicologica].


Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, Boringhieri, 1984 (ed. or. 1922), pp. 536-37

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