Tipo estroverso e tipo introverso in psicologia

[Il seguente brano è un'illustrazione delle tipologie psicologiche contenute nello studio di Otto Gross del 1902 dal titolo: Die zerebrale Sekundärfunktion (La funzione secondaria cerebrale). Riporto questi passaggi perché Jung si trova fondamentalmente d'accordo con le tesi di Gross sui tipi psicologici. È bene però specificare preliminarmente cosa intendeva Gross per "funzione secondaria cerebrale" riportando la definizione che lo stesso Jung dà di questo concetto qualche pagina prima: "Gross intende per “funzione secondaria” un processo delle cellule cerebrali che s’istituisce dopo l’esplicazione della “funzione primaria”. La funzione primaria corrisponderebbe alla prestazione vera e propria della cellula, alla produzione cioè di un processo psichico positivo, diciamo di una rappresentazione. Una tale prestazione corrisponde a un processo energetico, e cioè presumibilmente alla risoluzione di una tensione chimica, a una dissociazione chimica. Dopo una tale scarica istantanea che Gross chiama funzione primaria, interviene la funzione secondaria, cioè una ricostituzione, una ricostruzione rigeneratrice. Questa funzione richiederà un tempo maggiore o minore a seconda dell’intensità del precedente dispendio di energia. Durante questo periodo la cellula si trova in uno stato mutato rispetto al periodo anteriore, in uno stato in certo modo di eccitazione che non può non influenzare l’ulteriore decorso psichico."]


[I passaggi seguenti si riferiscono al tipo introverso] L’accumularsi di complessi fra loro insufficientemente connessi determina naturalmente una forte segregazione dall’esterno e, come diremmo noi, una forte congestione interna della libido. Pertanto si riscontra normalmente una straordinaria concentrazione sui processi interiori, a seconda dell’indole individuale, sulle sensazioni fisiche se si tratta di un individuo orientato sensorialmente o sui processi intellettivi se si tratta di un individuo atteggiato intellettualmente. La personalità appare inibita, assorbita, o distratta, “immersa in pensieri”, oppure intellettualmente unilaterale o ipocondriaca. In ogni caso vi è una scarsa partecipazione alla vita esteriore e una chiara tendenza alla misantropia e alla solitudine, sovente compensata da un particolare amore per gli animali o le piante.

In compenso i processi interiori sono tanto più attivi, giacché, di quando in quando, complessi fino a quel momento scarsamente o per nulla collegati “vengono a contatto” improvvisamente, dando così origine a una nuova intensa funzione primaria, la quale suscita una prolungata funzione secondaria che amalgama i due complessi. Si potrebbe pensare che in tal modo tutti i complessi vengano prima o poi a contatto, e che possano così dar vita a una generale unità e omogeneità dei contenuti psichici. Questo benefico risultato si avrebbe naturalmente solo nel caso che nel frattempo si potessero arrestare le vicende della vita esteriore. Ma poiché questo non è possibile, sopravvengono sempre nuovi stimoli a produrre funzioni secondarie che intralciano e sconvolgono le direttive interiori. Questo tipo ha quindi la spiccata tendenza a tener lontani gli stimoli esterni, a evitare ogni mutamento, ad arrestare se possibile il flusso costante della vita, finché l’amalgama interiore non sia completato. Un malato rivelerà chiaramente questa tendenza; si ritirerà il più possibile da ogni cosa cercando di condurre una vita solitaria. Ma la guarigione si verificherà solo nei casi lievi.

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È evidente che questo tipo è caratterizzato da fenomeni affettivi del tutto particolari. Come abbiamo visto, questo tipo realizza le associazioni corrispondenti alla rappresentazione originaria. Esso associa ampiamente il materiale appartenente al tema, sempre che non si tratti di materiali già collegati ad altri complessi. Qualora uno stimolo colpisca tale materiale, ossia un complesso, si produce una reazione violenta, un’esplosione affettiva, oppure non si produce assolutamente nulla, se l’isolamento del complesso non lascia penetrare nulla. Ma se la realizzazione si verifica tutti i valori emotivi vengono liberati; si produce una forte reazione affettiva con prolungati effetti ritardati che spesso rimangono inosservati all’esterno, ma che per contro incidono tanto più fortemente all’interno. Le conseguenti vibrazioni affettive pervadono l’individuo e lo rendono incapace di accogliere nuovi stimoli, finché il processo affettivo non sia esaurito. L’accumularsi di stimoli diviene qualcosa d’insopportabile, per cui intervengono violente reazioni di difesa. Se il cumulo dei complessi è forte si può determinare un atteggiamento cronico di difesa che può trasformarsi in sospettosità e, in casi patologici, perfino in delirio di persecuzione.

Le esplosioni improvvise alternate ad atteggiamenti di riservatezza e di difesa possono conferire alla personalità un aspetto bizzarro così che tali uomini diventano un enigma per il loro ambiente. La diminuzione della prontezza, derivante dal fatto che l’individuo è assorto in ciò che accade dentro di lui, ha come conseguenza la mancanza di presenza di spirito e di rapidità di reazione. Ne derivano spesso situazioni imbarazzanti da cui non ci si sa trar fuori: ragion di più per ritirarsi dalla società. Le eventuali esplosioni provocano inoltre uno scompiglio nei rapporti con gli altri, e per imbarazzo e perplessità non ci si sente in grado di riportare i rapporti sul loro giusto binario. Questa lentezza nell’adattamento conduce a una serie di esperienze negative che provocano immancabilmente un sentimento d’inferiorità, se non addirittura di animosità la quale spesso si rivolge contro i reali o presunti autori dell’incidente. La vita interiore affettiva è molto intensa e a cagione delle molte risonanze affettive si giunge a una gradazione estremamente sottile dei toni e della loro percezione e quindi a una particolare sensibilità emotiva, la quale si rivela anche esteriormente con un particolare atteggiamento di timore e ansietà di fronte a stimoli emotivi e a tutte le situazioni suscettibili di provocare tali impressioni. La sensibilità si rivolge specialmente verso le situazioni emotive dell’ambiente. Brusche manifestazioni di opinione, dichiarazioni passionali, influenze sentimentali e simili, vengono perciò evitate a priori, nel timore che la propria emotività possa nuovamente provocare un’impressione piena di risonanze che si teme di non poter dominare. A lungo andare questo tipo di sensibilità dà facilmente luogo a una certa malinconia fondata sul sentimento di esclusione dalla vita. In un altro punto Gross sostiene che “la profondità di pensiero” costituisce una particolare caratteristica di questo tipo. Nello stesso brano vien altresì posto in rilievo che la realizzazione del valore affettivo conduce facilmente alla sopravvalutazione affettiva, al “prendersela troppo a cuore”. Il forte rilievo dei processi interiori e della vita emotiva ci fa riconoscere facilmente in questo quadro l’introverso.

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Il tipo dalla coscienza estesa [cioè l'estroverso], secondo Gross, è prevalentemente pratico, per il rapido adattamento all’ambiente. La vita interiore non prevale in quanto non giunge alla formazione di grandi complessi rappresentativi. Le persone di questo tipo “si dimostrano energici propagatori della loro personalità; a un livello superiore, anche di grandi idee ricevute belle e fatte”. Gross considera elementare la vita affettiva di questo tipo; in coloro che stanno più in alto essa si organizzerebbe “mediante l’accoglimento dall’esterno di ideali belli e fatti”. In tal modo l’attività, e corrispondentemente anche la vita affettiva (come dice Gross) può diventare eroica. “Ma essa è pur sempre banale.” Sembrerebbe che “eroico” e “banale” non si possano accordare. Ma Gross ci mostra subito ciò che intende dire: in questo tipo non vi è una connessione sufficientemente perfezionata fra il complesso delle rappresentazioni erotiche e il rimanente contenuto di coscienza, vale a dire gli altri complessi di carattere estetico, etico, filosofico e religioso. Freud parlerebbe qui di rimozione dell’elemento erotico. Per Gross la marcata presenza di questa connessione costituisce “il segno specifico della natura superiore”. Per la formazione di questa connessione è indispensabile una funzione secondaria prolungata, giacché la sintesi può prodursi solo approfondendo gli elementi e mantenendoli per lungo tempo coscienti. A dire il vero la sessualità può essere convogliata sui binari dell’utilità sociale attraverso gli ideali assunti, tuttavia essa “non si solleva mai al di sopra dei limiti della trivialità”. Questo giudizio alquanto severo concerne un fatto che si può facilmente comprendere in base alla natura del carattere estroverso: l’estroverso si orienta esclusivamente su dati esterni cosicché la sua attività psichica è sempre accentrata su di essi. Gli resta quindi poco o nulla per porre ordine nei suoi affari interni. Questi devono subordinarsi a priori alle disposizioni provenienti dall’esterno. Stando così le cose non si può avere un collegamento tra le funzioni più sviluppate e quelle meno sviluppate, giacché questo richiede molto tempo, molta fatica, un lento e diffìcile lavoro di autoeducazione che non può essere effettuato senza introversione. All’estroverso manca il tempo e la voglia per far questo e inoltre glielo impedisce la non dissimulata diffidenza con la quale egli guarda al mondo interiore, diffidenza pari a quella con la quale l’introverso guarda al mondo esteriore.

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Per l’uomo a funzione secondaria protratta [ovvero l'introverso], invece, i fatti interiori, le astrazioni, le idee o universali stanno sempre in primo piano; e sono per lui la vera realtà alla quale deve riferire tutti i fenomeni singoli. Egli è perciò naturalmente realista (nell’accezione scolastica della parola). Dato che per l’introverso il modo di considerare le cose ha sempre maggior peso che non la percezione del mondo esterno, egli tende a essere relativista. L’armonia dell’ambiente gli dà un piacere particolare; essa corrisponde al suo interiore bisogno di armonizzare i suoi complessi isolati. Egli evita “ogni forma di comportamento sfrenato”, giacché esso potrebbe provocare stimoli perturbatori. (I casi di esplosioni emotive vanno considerati a parte!) Minime sono le considerazioni di natura sociale, dato l’assorbimento nei processi interiori. Il forte predominio delle proprie idee ostacola l’accoglimento di idee e di ideali altrui. L’intensa elaborazione interiore dei complessi rappresentativi conferisce alle idee uno spiccato carattere individuale. “La vita affettiva è raramente utilizzabile per fini sociali, essa ha sempre carattere individuale.”

Questa affermazione di Gross va sottoposta a una critica accurata, giacché essa contiene un problema che, a mia esperienza, può ingenerare i maggiori equivoci nella valutazione dei tipi. L’introverso intellettuale, cui evidentemente qui Gross si riferisce, tenta di non manifestare all’esterno alcun sentimento, ma solo delle opinioni e un comportamento logicamente corretti, se non altro in primo luogo perché ha una naturale ripugnanza per l’esibizione dei sentimenti e in secondo luogo perché teme che un comportamento scorretto provochi stimoli perturbatori, cioè affetti nel suo prossimo. Egli teme gli affetti spiacevoli negli altri, perché attribuisce agli altri la sua stessa ipersensibilità e perché egli stesso è sempre stato turbato dal comportamento sconsiderato e discontinuo dell’estroverso. Egli rimuove i propri sentimenti, che perciò possono anche accentuarsi fino alla passionalità e che sono quindi da lui avvertiti anche troppo chiaramente. Le emozioni che lo tormentano gli sono perfettamente note. Confrontandole con i sentimenti esternati dagli altri, e com’è naturale anzitutto dai tipi a sentimento estroverso, trova che i suoi “sentimenti” sono completamente differenti. Si crea perciò il convincimento che i suoi “sentimenti” (più esattamente le sue emozioni) sono unici nel loro genere, cioè che appartengono a lui soltanto.

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Con ciò Gross coglie un elemento essenziale della mentalità introversa: l’introverso tende a sviluppare il pensiero in sé stesso, prescindendo completamente da ogni realtà esteriore. Ciò rappresenta un vantaggio e un pericolo allo stesso tempo. È un grande vantaggio poter sviluppare un pensiero astrattamente, al di là della sensorialità. Ma il pericolo sta nel fatto che in tal modo il corso dei pensieri si allontana da ogni possibilità di applicazione pratica, perdendo proporzionalmente il suo valore vitale. L’introverso rischia perciò costantemente di uscir troppo dalla vita e di considerare troppo le cose nel loro aspetto simbolico. Anche questo tratto è rilevato da Gross. L’estroverso però non si trova in condizioni migliori; solo che per lui le cose si presentano diversamente. Egli ha la capacità di abbreviare la sua funzione secondaria in modo tale da vivere quasi esclusivamente funzioni primarie positive, cioè non si sofferma più su nulla e finisce col sorvolare sulla realtà in una specie di ebbrezza, senza più vedere né rendersi conto delle cose, utilizzandole soltanto come stimolanti. Tale capacità, se da un lato ha il vantaggio di risolvere le situazioni più difficili (“Tu sei perduto se credi al pericolo.” Nietzsche), ha nello stesso tempo un grande inconveniente, perché finisce per concludersi con una catastrofe, portando spesso a un caos pressoché inestricabile.

Secondo Gross, dal tipo estroverso proverrebbero i cosiddetti geni “civilizzatori”, da quello introverso i cosiddetti geni “culturali”. La prima forma corrisponde all’“attuazione pratica” la seconda all’“ideazione astrattiva”. Gross esprime alla fine la convinzione che il nostro tempo ha soprattutto bisogno di una coscienza ristretta e approfondita, mentre i tempi passati avevano una coscienza più vasta e più superficiale.

Noi amiamo ciò che è ideale, profondo, simbolico. Dalla semplicità all’armonia, è questa l’arte dell’alta cultura. ¹

Così scriveva Gross nel 1902. Come stanno le cose ora? Se si dovesse esprimere un’opinione, bisognerebbe dire: noi abbiamo bisogno di entrambe le cose, di civilizzazione e di cultura, riduzione della funzione secondaria negli uni e prolungamento negli altri. Infatti noi non otteniamo l’una cosa senza l’altra, e – bisogna purtroppo ammetterlo – all’umanità di oggi mancano entrambe: e, per esprimerci con maggior prudenza, ciò che sovrabbonda nell’uno, scarseggia nell’altro. Il gran parlare che si fa del progresso umano è infatti divenuto sospetto e non ispira fiducia.

Riepilogando, vorrei far notare in che notevole misura le idee di Gross corrispondano alle mie. La mia stessa terminologia – estroversione, introversione – può trovare una giustificazione nelle concezioni di Gross. [pp. 300-308]

[...]

[Quelle che seguono sono considerazioni di Jung sui tipi psicologici che non fanno più riferimento allo studio di Gross. I titoli sono miei]


L'atteggiamento teso e quello disteso dei due tipi psicologici


L’atteggiamento teso è senz’altro caratteristico dell’introverso, mentre l’atteggiamento sciolto, disteso rivela l’estroversione,² sempre prescindendo da situazioni eccezionali. Tuttavia le eccezioni sono frequenti anche in uno stesso individuo. Si dia all’introverso l’ambiente armonico che pienamente gli si addice ed egli si distenderà fino a una totale estroversione, così che verrà fatto di pensare di trovarsi di fronte a un estroverso. Si ponga invece l’estroverso in una silenziosa camera oscura nella quale tutti i complessi rimossi possano aggredirlo ed egli verrà a trovarsi in uno stato di tensione, nel quale avvertirà fino all’estremo anche lo stimolo più lieve. Le mutevoli situazioni della vita quindi possono anche influenzare e modificare momentaneamente il tipo, senza tuttavia che, normalmente, l’atteggiamento preferenziale venga durevolmente modificato; l’introverso, ad onta dell’occasionale estroversione, rimane un introverso; e lo stesso discorso può farsi per l’estroverso. [p. 311]

[...]


Il "tener duro" e il misoneismo dell'introverso


[...] l’introverso si separa del tutto dall’oggetto, e si esaurisce completamente da un lato adottando provvedimenti difensivi, dall’altro tentando vanamente di imporsi all’oggetto e di prendere il sopravvento. Ma questi sforzi sono costantemente ostacolati dalle impressioni sconvolgenti che egli riceve dall’oggetto. Suo malgrado, l’oggetto gli si impone stabilmente, provoca in lui le emozioni più sgradevoli e più persistenti e non gli dà tregua. L’introverso ha continuamente bisogno di un immane lavorio interiore per poter “tener duro”. Perciò la sua forma tipica di nevrosi è la psicoastenia, malattia che è caratterizzata da un lato da una grande sensibilità e dall’altro da una grande esauribilità e stanchezza cronica.

[...]

Oggetti nuovi e ignoti destano timore e diffidenza come nascondessero pericoli sconosciuti; oggetti tradizionali sono come attaccati con fili invisibili alla sua anima; ogni mutamento è avvertito come perturbatore, se non addirittura come un pericolo, giacché a lui appare come un animarsi magico dell’oggetto. L’ideale diviene un’isola solitaria, dove si muove solo ciò cui si permette di muoversi. Il romanzo Auch Einer di F. Th. Vischer dà modo di vedere bene addentro in questo aspetto dello stato d’animo introverso e insieme nel simbolismo dell’inconscio collettivo che ne sta alla base e che io, in questa descrizione dei tipi, debbo trascurare in quanto non è specifico di un tipo, ma generale. [pp. 414-415]

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¹ Otto Gross, Die zerebrale Sekundärfunktion, Lipsia, 1902, p. 68 sg.
² Questa tensione e distensione si può eventualmente costatare persino nel tono della muscolatura. Normalmente la si vede espressa nel volto.


Carl Gustav Jung, Tipi psicologici, Boringhieri, 1984 (ed. or. 1922) [sottolineature mie; ho omesso diverse note non rilevanti]

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