La religione come diga di protezione contro l'irrompere caotico dell'inconscio

La psicoanalisi freudiana si limita, com'è noto, a rendere conscio il mondo dell'ombra e il male; dà semplicemente il via alla guerra civile latente, e di ciò deve accontentarsi. Sta al paziente cercare di cavarsela. Purtroppo Freud ha completamente trascurato il fatto che l'uomo non ha potuto ancora mai cavarsela da solo con le potenze degli Inferi, cioè dell'inconscio, e che ha dovuto sempre ricorrere all'aiuto spirituale fornitogli dalla sua religione particolare. La scoperta dell'inconscio comporta l'esplosione di un grande dolore spirituale; è come se una fiorente civiltà fosse abbandonata all'irrompere di orde barbariche o se la rottura delle dighe esponesse una fertile pianura alla furia di un torrente tumultuoso. La guerra mondiale fu una simile irruzione che, come null'altro potrebbe fare, mostra quanto sia sottile il muro che divide un mondo ordinato dal caos eternamente in agguato. Ma così avviene in ogni individuo: dietro il suo mondo razionalmente ordinato, una natura oltraggiata dalla ragione attende, assetata di vendetta, la caduta del muro divisorio per traboccare, devastandola, nella vita cosciente. Fin dai tempi originari e più primitivi l'uomo è consapevole di questo pericolo, del pericolo che corre la psiche; e con le sue pratiche magiche e religiose si è  protetto da quella minaccia o ha guarito i mali psichici che l'hanno colpito. Perciò lo stregone è sempre anche sacerdote, guaritore del corpo e dell'anima, e le religioni sono sistemi di guarigione per i mali della psiche. Questo vale in misura del tutto particolare per le due più grandi religioni dell'umanità, il cristianesimo e il buddhismo. L'uomo sofferente non trova mai aiuto nelle sue proprie elucubrazioni, ma soltanto nella verità sovrumana, rivelata, che lo solleva dalla sua dolorosa condizione.

Ormai il male è fatto, la psiche è stata danneggiata. Ecco perché i  malati costringono il medico dell'anima in un ruolo sacerdotale, attendono e pretendono da lui che li liberi dai loro dolori. È per questo che noi medici psicologi dobbiamo occuparci di problemi che, a rigore, competono propriamente alla facoltà di teologia, ma a cui non possiamo abbandonarli, essendo chiamati in causa giorno per giorno e direttamente incalzati dalle necessità psichiche dei malati. Ora, dato che in linea di massima ci vengono meno tutti i concetti e punti di vista tradizionali, dobbiamo anzitutto accompagnare il paziente lungo la via della sua malattia, la via del suo errore, che acuisce ancor più i suoi conflitti e accresce il suo isolamento fino a renderlo insopportabile, nella speranza che dal profondo della psiche, dalla quale proviene la devastazione, spunti anche il rimedio che lo salverà.

Quando cominciai a seguire questa via, non sapevo dove conducesse. Non sapevo quello che nasconde la profondità della psiche, quella profondità che da allora ho indicato come inconscio collettivo e i cui contenuti ho chiamato archetipi. A partire dalla notte dei tempi si sono sempre ripetute irruzioni dell'inconscio, poiché la coscienza non esiste da sempre; così in ogni bambino si riforma sempre di nuovo nei primi anni di vita. Dapprincipio la coscienza è debole e facilmente sopraffatta dall'inconscio; ed è quel che avvenne anche nella storia psichica dell'umanità. Di quelle battaglie sono rimaste le tracce; per esprimerci scientificamente, diremo che si sono formati meccanismi di difesa istintivi, che intervengono automaticamente quando se ne sente il bisogno; sono quelle idee soccorritrici che, innate nella psiche umana dalla quale non possono essere sradicate, intervengono spontaneamente ed efficacemente al momento opportuno. La scienza può soltanto rilevare l'esistenza di questi fattori psichici e tentare di spiegarli razionalmente, ma la soluzione dell'enigma è soltanto retrocessa a un ipotetico stato iniziale; ma non per questo è trovata. Qui incontriamo l'ultima domanda: da dove viene la coscienza? Che cos'è, in fin dei conti, la psiche? E qui la scienza finisce.

È come se, al momento culminante della malattia, l'elemento distruttivo si tramutasse in elemento guaritore. Questo è dovuto al fatto che i cosiddetti archetipi si sono risvegliati a vita autonoma prendendo su di sé la guida della personalità psichica in luogo dell'Io prigioniero delle sue impotenti voglie e tendenze. Una persona religiosa direbbe: Dio si è messo al timone, ma con la maggior parte dei miei pazienti io devo evitare questa formulazione, per quanto essa possa essere adeguata, perché è troppo simile a ciò che essi dovettero inizialmente rifiutare. Devo esprimermi con maggior modestia e dire: l'attività propria della psiche si desta; questa formula si adatta anche meglio ai fatti osservabili. Il grande rivolgimento accade cioè nell'istante in cui compaiono nei sogni o nelle fantasie motivi che non si può dimostrare abbiano origine nella coscienza. Il fatto che dall'oscuro regno della psiche si faccia incontro al malato qualcosa di estraneo, che non è Io e che si trova perciò al di là dell'arbitrio personale di questo, agisce come una grande illuminazione. Ritrovato l'accesso alle fonti della vita psichica, il malato comincia a guarire.


Carl Gustav Jung, Opere. 11. Psicologia e religione, Boringhieri, 1979, pp. 325-327.

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