I tre filoni interpretativi sull'origine della religione: conoscitivo, emozionale, sociale

In breve, le teorie scientifiche sociali sull’origine della religione si possono classificare in tre tipi; ciascuno contiene implicito, o svolge esplicitamente alcuni elementi di analisi funzionale, le esporremo, con qualche commento ad alcuni autori principali, poi torneremo agli aspetti funzionali delle loro teorie, in un’esposizione sistematica.

Il primo gruppo dà risalto agli aspetti conoscitivi della religione, il bisogno di spiegare avvenimenti misteriosi e paurosi. Questa teoria si può definire fondamentalmente intellettualistica, individualistica ed evoluzionista. Secondo quest’interpretazione la religione nasce dallo sforzo dei primitivi di spiegare i sogni, gli echi, le visioni, e anzitutto la morte. l’elemento chiave, secondo la famosa formulazione del Tylor, è il concetto di anima, che dà “alla mente selvaggia” la spiegazione di molti stati fisici e mentali incomprensibili: sono “effetti dell’assenza dell’anima”. Questa visione animistica del mondo, base della religione secondo il Tylor, rappresenta “una filosofia primitiva discretamente coerente e razionale”.

Questa concezione razionalistica della religione venne facilmente collegata alla teoria dell’evoluzione. Se l’animismo è un tentativo primitivo di spiegare i fatti incomprensibili di un mondo complicato, si modificherà gradatamente con l’aumentare delle conoscenze umane circa il mondo, e si può presumere che alla fine la religione sparirà, quando la sua funzione fondamentale – spiegare – verrà assunta da altri elementi della cultura, specialmente dalla scienza.

Una lunga critica di questa concezione è inutile ai nostri fini. La teoria appare ovviamente inadeguata come spiegazione totale; benché la reazione contro queste spiegazioni razionalistiche del comportamento umano sia forse andata troppo oltre. Le opere dello Spencer e del Tylor oggi sembrano stranamente anacronistiche, perché non hanno pienamente esplorato le profonde qualità emotive della religione.

Ricordiamo come realmente agisce la religione. Alla morte di un carissimo amico o parente noi non reagiamo in modo unicamente conoscitivo; non ci basta sapere soltanto come è morto. Vogliamo qualcosa di più soddisfacente della fredda conoscenza. Il nostro equilibrio emotivo è stato turbato, le nostre speranze e desideri frustrati. In breve, abbiamo bisogno di un’interpretazione in termini di sentimenti e valori.¹

La teoria animistica delle origini religiose è inadeguata anche perché trascura gli elementi sociali e di gruppo della vita religiosa. Come si spiega l’elemento obbligatorio delle credenze religiose e la sua continuazione nella vita moderna, malgrado le accresciute conoscenze delle cause di avvenimenti su cui si basava l’animismo? Una teoria adeguata deve considerare gli aspetti integrativi, sociali, della religione.

[…]

Un secondo punto di vista capitale circa l’origine della religione insiste molto sui bisogni emotivi dell’uomo. Tesi facilmente traducibile nell’interesse per le funzioni, le fonti, della continuata influenza della religione, in contrasto con tentativi di ricostruzione storica. […]

Alcuni autori tuttavia prendono questo punto di vista per base di una teoria sull’origine della religione. Ad esempio Freud, in Totem e tabù e altrove, svolge la sua idea delle “forme elementari della vita” (noto titolo del Durkheim). È concezione del tutto diversa da quella del Tylor: secondo Freud il totemismo deriva dalla primitiva uccisione del padre da parte dei figli maschi, anzitutto perché il padre tiranno prendeva per sé tutte le donne dell’orda, poi per il senso di colpa, la rimozione, che ne conseguiva. Da qui vengono le forme posteriori della religione e l’intero schema della cultura. […] Le proposizioni che svolge in proposito hanno, almeno in parte, bisogno di una conferma, diversamente dalla sua teoria delle origini.

P. Radin interpreta l’origine della religione in un modo che la collega strettamente alla teoria funzionale: si domanda “Che cosa ha portato l’uomo, in origine, a postulare il soprannaturale?” Per rispondere, tentiamo di ricostruire le condizioni della vita umana all’alba della civiltà. Disponendo di una preparazione tecnologica del tutto inadeguata, l’uomo era allora impotente di fronte alle forze poderose e capricciose dell’ambiente:

La sua mentalità era ancora dominata in gran parte da caratteristiche nettamente animali, benché fossero già presenti in lui, naturalmente, i valori della vita: il desiderio di riuscire, di esser felice, di vivere a lungo... Era allora impossibile ogni sicurezza economica, e non possiamo sbagliare di molto presumendo che dove non esiste la sicurezza economica, con le sue conseguenze, sorge necessariamente un senso di impotenza e di insignificanza… In queste circostanze è naturale che la psiche si rifugi in fantasie compensative… Il fine di tutti i suoi sforzi era di canalizzare le sue paure, i suoi sentimenti, di rendere validi i suoi sogni compensativi.²

Così, secondo il Radin, la religione sorge anzitutto dalle reazioni emotive dell’uomo ad una situazione minacciosa. La terza serie di ragionamenti circa l’origine della religione è diversa dall’accento individualistico delle prime due: vede la religione anzitutto come un prodotto della vita di gruppo e della reciproca azione sociale. Ancora una volta, non essendo direttamente interessati alla rassegna completa delle teorie delle origini, ci contenteremo di ricordare brevemente soltanto due autori che concentrarono la loro attenzione sugli elementi sociali. Queste idee si possono facilmente trasporre in termini funzionali, prescindendo dalla questione delle origini storiche – anzi il Simmel, che insiste sulle relazioni umane come fonte della religione, dice che cerca di descrivere non l’origine storica, ma quel che chiama “origine psicologica”, come una fonte fra molte. Il secondo autore che citeremo a questo proposito, il Durkheim, è anzitutto importante non per quel che pensa delle origini, ma per la sua analisi funzionale.

Il Simmel svolge questa tesi: una delle fonti della religione sta nelle relazioni umane, che in sé non sono religiose. “Non credo che i sentimenti e gli impulsi religiosi si manifestino unicamente nella religione...”³ La religione potenzia ed astrae dal loro contenuto particolare certe relazioni umane – esaltazione, abnegazione, fervore, e simili – largamente presenti nella vita sociale. Ad esempio la fede è anzitutto una relazione fra individui: le nostre relazioni con gli altri non sono basate su quel che sappiamo sicuramente di loro. “Il compito sociale di questa fede non è stato mai indagato, ma è certo che se mancasse la società si disgregherebbe… Lo sviluppo più elevato della fede si è incarnato, per modo di dire, nella fede in una divinità, è stato liberato dal suo correlativo sociale.”⁴ Dunque, secondo il Simmel, la religione è uno svolgimento delle relazioni sociali.

Il Durkheim insiste assai più del Simmel sull’origine sociale della religione; per lui la società è oggetto di venerazione religiosa e fonte fondamentale del “sacro”. La principale funzione della religione è la conservazione dell’unità sociale: così tutto ci riporta alla stessa idea: i riti sono anzitutto mezzi per riaffermare periodicamente il gruppo sociale”.⁵ Il Durkheim richiama l’attenzione su aspetti della religione che certo non erano stati adeguatamente considerati: rito, culto, organizzazione, relazioni con la struttura sociale. E in questo contesto interpreta i culti totemici, che ritiene “forme elementari della vita religiosa”:

Da questo possiamo ricostruire ipoteticamente in che modo sia sorto originariamente il culto totemico. Uomini che si sentono legati, in parte da vincoli di sangue, ma ancor più da comunanza di interessi e di tradizioni, si uniscono e prendono coscienza della loro unità morale… sono portati a rappresentare tale unità nella forma di una consubstanzialità specialissima: vedono se stessi partecipare alla natura di un dato animale. In queste circostanze hanno un modo solo di affermare la loro esistenza collettiva: affermando che somigliano agli animali di quella specie, non soltanto nel silenzio dei loro pensieri, ma anche mediante atti materiali.⁶

Come teoria dell’origine della religione, l’interpretazione di Durkheim è indubbiamente unilaterale ed è, come tutte le altre, indimostrabile. La sua importanza sta specialmente nell’aver concentrato l’attenzione sugli aspetti collettivi della religione: è fondamentalmente un’interpretazione funzionale, non uno studio delle origini.

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¹ Kinsley Davies, Human Society, p. 517
² Paul Radin, Primitive Religion, its Nature and Origin, pp. 6-9
³ Georg Simmel, A Contribution to the Sociology of Religon, “American Journal of Sociology” (novembre 1905) p. 360.
⁴ Ibid., p. 366-367.
⁵ Émile Durkheim, The Elementary Forms of Religious Life, p. 387.
⁶ Ibidem.


J. Milton Yinger, Sociologia della religione, Boringhieri, 1961 (ed. or. 1957), pp. 60-65 (sottolineature mie; ho omesso alcune note).

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