Può esistere una religione privata?

Capitale difficoltà di una definizione funzionale è che non esiste un punto ovvio ove fermarsi, dicendo "qui finisce la religione e comincia la non religione". In una società religiosamente eterogenea e mutevole, sorge la questione di sistemi di credenze privati. Si possono chiamare religioni? Non sono forse tentativi di compiere le funzioni che si propongono le fedi storicamente identificate e comuni a molti? Secondo noi, la risposta dev'essere negativa. Certo le affermazioni "per lui il lavoro è una religione", o "si è votato alla scoperta della cura del cancro", con senso religioso implicito, contengono una parte di verità; i sistemi privati di credenze e di azione possono avere aspetto religioso. Senonché una religione completa è fenomeno sociale, è condivisa, assume molti degli aspetti più significativi soltanto nell'azione scambievole del gruppo. sia i sentimenti che l'hanno fatta nascere, sia le "soluzioni" che offre sono sociali, sorgono dal fatto che l'uomo è animale sociale. I "problemi supremi", che abbiamo trovato al centro della ricerca religiosa, sono supremi anzitutto perché pesano sull'associazione umana; anche la morte, fondamentalmente, non è crisi individuale ma crisi di gruppo, minaccia la compagine della famiglia e della comunità.

Joachim Wach ritiene che tutte le religioni, nonostante l'ampiezza delle variazioni, sono caratterizzate da tre espressioni universali: quella teoretica (sistema di credenze), quella pratica (sistema di culto), e quella sociologica (sistema di relazioni sociali). Se non vi sono tutte e tre, potranno aversi tendenze religiose, elementi religiosi, non una religione piena, che affronta tutte le funzioni scambievolmente collegate di cui parlavamo. Benché la prima espressione - il sistema di credenze - sia quella che meglio si presenta all'uomo moderno come cuore della religione, ricerche etnologiche ed etimologiche suggeriscono che la religione come culto e la religione come sistema di relazioni sociali sono forse aspetti più fondamentali, mentre le credenze subentrano come tentativo di dare coerenza e significato al culto e alle associazioni, nate da bisogni profondamente sentiti. La parola religione può venir dal latino religare, legare insieme, o da religere eseguire con cura, che suggeriscono identità di gruppo o di rituale. E la testimonianza di quasi tutti gli antropologi conferma la tesi che il posto vitale della religione, nelle società primitive, venga dagli atti religiosi e dalle associazioni, più che dalle credenze. Forse questo vale meno per le società colte, ove la ricerca di spiegazioni è più radicata e gli specialisti della religione cercano di collegarla con una società complessa e mutevole.

La crescente importanza dell'aspetto "credenze" non deve però indurci a interpretare male la natura di un sistema intellettuale religioso. È un gruppo di "ipotesi potenti" e di "supercredenze", di deduzioni che si slanciano al di là di quelle ammesse pesando freddamente i fatti. L'uomo non è calmo di fronte ai bisogni da cui sorge la religione. Dice il Durkheim: "La scienza è frammentaria e incompleta, progredisce lentamente e non è mai finita, ma la vita non può aspettare. Perciò le teorie destinate a far vivere e agire gli uomini sono obbligate a oltrepassare la scienza e a completarla prematuramente."¹

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¹ Émile Durkheim, The Elementary Forms of Religious Life (trad. inglese) p. 431.



J. Milton Yinger, Sociologia della religione, Boringhieri, 1961 (ed. or. 1957), pp. 14-15.

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