Il ruolo dell'exemplum nella predicazione

L'Exemplum è un argomento di tipo analogico, una storia, per l'appunto, esemplare, con la quale si raccontano fatti concreti, legati al soggetto del discorso per via induttiva: si tratta di un caso particolare addotto a sostegno di una tesi. Può essere un fatto reale o immaginario, un aneddoto, una similitudine, il detto o l'impresa memorabile di un personaggio noto o esemplare. Presuppone l'idea che il reale sia scandito da una serie di regolarità. Ciò che è evocato come exemplum non deve essere considerato nella sua unicità o nella sua contestualità, ma come fatto assoluto, e cioè 'senza legami' (ab-solutus) con il contesto preciso di realtà in cui si è svolto: il caso particolare infatti è pensato come elemento rivelatore della generale struttura del reale e delle leggi che lo governano. A partire dalla situazione concreta, oggetto della quaestio, il destinatario è chiamato a risalire per induzione alla categoria generale e astratta cui questa appartiene, e poi di nuovo discendere a un particolare della stessa classe. L'exemplum, dunque, è una similitudine estesa o, se vogliamo, una sineddoche (ab uno disce omnes) [...], vale a dire, un argomento strettamente affine, per affetti sul pubblico e struttura cognitiva, ad alcune tecniche dell'ornatus.

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Secondo un predicatore domenicano, Stefano di Borbone, l'exemplum è inoltre un sermo corporeus, un discorso con un corpo, e cioè delle parole che sembrano cose. Metafora, questa, che rimanda ad almeno tre diverse caratteristiche dell'exemplum: la prima è che le cose, più dei concetti astratti, commuovono, perché le passioni sono più vicine ai sensi che non alla ragione. La seconda è che le cose possono essere credute più facilmente, perché si crede più volentieri a ciò che cade sotto i nostri sensi. La terza è che il paragone con oggetti concreti può rappresentare uno strumento linguistico adatto a definire quegli oggetti del discorso che non sono alla portata degli oggetti astratti: è il caso dell'ineffabile e, ad esempio, del divino.

Quando Dante racconta di aver oltrepassato la soglia della propria umanità nel vedere Beatrice, rinuncia a spiegare l'evento attraverso concetti astratti (per verba), ma racconta piuttosto una storia: il mito di Glauco. Glauco era quel pescatore che un giorno, rovesciando le reti su una zolla d'erba non ancora battuta, aveva visto i pesci guizzare e tornare al loro elemento. Incuriosito, aveva voluto assaggiare anche lui di quell'erba; si era sentito, allora, estraneo alla terra e si era tuffato in mare. Là era stato reso dio dalle divinità marine. Come Glauco, così Dante:

                    Nel suo aspetto tal dentro mi fei,
                      qual si fé Glauco nel gustar de l'erba
                      che 'l fé consorto in mar de li altri dei.
                        Trasumanar significar per verba
                      non si poria; però l'essemplo basti
                      (Paradiso, I, 67-71).

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La forza persuasiva dell'exemplum risiede nella sua capacità di trasformare, attraverso il confronto con il passato, il tempo lineare ed aperto del presente-futuro in un tempo circolare. In questa maniera decidere quale comportamento adottare nel presente diventa più semplice, la decisione si spoglia dei margini di rischio dovuti all'incertezza del futuro perché, se oggi noi ci comportiamo come, in una analoga situazione, si comportò in passato il protagonista della nostra storia esemplare, allora il nostro destino futuro sarà analogo al destino di quel Tale, un destino che noi già conosciamo perché già dato, conchiuso. [E qui non possono non tornare in mente le considerazioni di Kerényi, Eliade, De Martino sulla funzione esemplare del mito archetipico]

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Con il progressivo organizzarsi della Chiesa in sistema istituzionale, la predicazione evangelica divenne una delle forme più comuni di discorso retorico. Questo fatto fu sicuramente determinante per la fortuna e la diffusione dell'exemplum, poiché le storie esemplari apparvero subito estremamente efficaci per una retorica di tipo pedagogico, come quella che serviva appunto per l'evangelizzazione.

I predicatori additavano al loro pubblico un comportamento da imitare o da rifiutare in funzione della salvezza eterna. In questo senso l'exemplum si mostrava particolarmente adatto anche per un altro suo carattere specifico: quello di essere un fatto, alla lettera, memorabile. In base alla fisiologia aristotelica si credeva, per l'appunto, che le immagini si ricordassero molto meglio rispetto ai concetti astratti, ed è su questo assunto che si fondavano le tecniche che la retorica insegnava nella quarta delle sue partizioni, la memoria.

Ora, l'exemplum era appunto un discorso per immagini, un discorso che aveva un corpo. E, d'altra parte, se ciò che si cercava di insegnare era un modello di comportamento da  mettere poi concretamente in atto, era necessario che venisse ricordato perché fosse ripetibile [...].


Maria Pia Ellero - Matteo Residori, Breve manuale di retorica, Sansoni, 2001, pp. 23-25 [ho omesso i riferimenti bibliografici sintetici intra-testo]

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