Le variabili che influiscono sul potere economico delle chiese

[...] sembrano implicite le variabili che seguono, e le terremo presenti nel discutere una parte del materiale sulla religione e la distribuzione della ricchezza.

1) Grado di secolarizzazione. Dove le questioni della vita hanno quasi tutte un aspetto religioso, l'importanza della religione per l'economia sarà probabilmente più grande, e la classe sacerdotale avrà molti appoggi. Dove molte questioni importanti - ad esempio la sanità, la tecnologia - sono concepite anzitutto in termini laici, come avviene oggi negli Stati Uniti, l'influenza economica della religione è ridotta.

2) Natura delle tradizioni e delle organizzazioni religiose. Le religioni in cui le questioni etiche sono meno importanti, in cui i mezzi di raggiungere la salvezza sono più completamente istituzionalizzati e dominati da un solo gruppo ecclesiastico, e meno controllati dal singolo credente, sono quelle che favoriscono l'acquisto del potere da parte dei capi religiosi professionali.

3) Natura della distribuzione del potere negli aspetti laici della società. Quando il potere economico e quello politico sono fortemente concentrati nelle mani di un piccolo gruppo dirigente, l'alto clero ha probabilità di occupare posizioni influenti e di partecipare largamente al reddito di una società. In tali circostanze il compromesso della chiesa col mondo è molto spiccato; i governanti e i loro sistemi sono sostenuti e difesi, con critiche minime. Questo avviene in parte perché il problema dei capi religiosi, da noi discusso, è particolarmente acuto nelle società autoritarie; in parte avviene perché, in tali società, il clero, sostenendo il gruppo dominante, può ottenere utili elevati. Nelle situazioni democratiche, dove il potere è diffuso, il gruppo dominante è meno disposto a dividere l'influenza e il reddito con i capi religiosi, purché santifichino la loro posizione dominante. I gruppi laici potenti hanno poco da guadagnare, perché gli strati inferiori della società hanno altri mezzi di presentare le loro rivendicazioni: azione politica, sindacati operai, eccetera. Interessa poco turare uno dei buchi del setaccio, inibire sotto auspici religiosi rivendicazioni di una parte maggiore dei beni di questo mondo, quando in ogni caso queste rivendicazioni si possono manifestare sotto altri auspici. Inoltre in una società democratica le classi inferiori sono meno disposte ad accettare un sistema religioso che si è completamente adattato al gruppo dominante, perché hanno altri mezzi di agire per i loro fini.

Le tre variabili sono strettamente connesse, ed il loro effetto combinato può influire fortemente sulla ricchezza delle chiese e sul reddito del clero. Negli Stati Uniti, per esempio, i professionisti della religione, per solito, non sono ben pagati, il loro reddito è inferiore a quello dei lavoratori industriali. A questo risultato contribuiscono tutte e tre le variabili: molte questioni che prima avevano un aspetto fortemente religioso sono state fortemente secolarizzate; si insiste molto sulla tolleranza religiosa e sul diritto dell'individuo di interpretare la religione a modo suo - il contrario del monopolio dei mezzi di salvezza. Infine il potere laico è assai largamente diffuso.

Confrontando tale situazione con quella dell'Europa medievale, si vede bene l'importanza dei tre fattori per la ricchezza della chiesa e il reddito del clero. Nel  Medioevo l'interpretazione degli avvenimenti medici, agricoli, astronomici, eccetera, era assai meno laicizzata. Una sola chiesa, organizzata in elaborata gerarchia, col monopolio dei sacramenti, valendosi di una lingua sconosciuta alle masse, dominava il campo religioso. L'iniziativa individuale nelle cose della religione, la credenza che il laico potesse aver contatto diretto con Dio, senza il tramite della chiesa, erano azioni eretiche, severamente punibili. Infine nel mondo laico il potere era in gran parte concentrato nelle mani dell'aristocrazia ereditaria. In queste circostanze la chiesa e il clero disponevano di grandi ricchezze. Certo erano distribuite in modo assai diseguale, i preti, in maggioranza, erano tutt'altro che ricchi, ma la ricchezza totale, specialmente terriera, era grande. Scrive Preserved Smith:

La ricchezza della chiesa era enorme, benché esagerata da quei contemporanei che la valutavano a un terzo della proprietà terriera totale dell'Europa occidentale. Oltre al reddito delle proprie terre, la chiesa percepiva decime e imposte... Il clero pagava quote alla Curia... i preti si rifacevano facendo pagar care le loro prestazioni. Nei tempi in cui la "povertà apostolica" era l'ideale cristiano, le persone pie spesso si scandalizzavano delle ricchezze del clero.1

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1. The Age of Reformation, pp. 21-22.


J. Milton Yinger, Sociologia della religione, Boringhieri, 1961 (ed. or. 1957), pp. 238-240.

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