L'ironia: una definizione tecnica

L'ironia (gr. eironeìa 'dissimulazione, finzione) è il tropo che consiste nell'affermare il contrario di quello che si pensa, ma in modo da rendere chiara la propria intenzione [...]. Da questo punto di vista l'ironia è affine all'antifrasi, cioè al rovesciamento esatto del senso - quello che si realizza, per esempio, quando diciamo 'bel colpo!' a chi ha appena fatto un guaio - e opposta alla metafora, perché corrisponde al locus a contrario, inverso al locus a simili, al quale rinvia quest'ultima.

I contesti tipici dell'ironia sono quello dialogico e quello controversiale: l'oratore finge di condividere pienamente l'opinione del suo avversario, ma l'intenzione ironica è rivelata sia dal contesto del discorso, sia, in genere, dalla pronuncia e dall'actio. Alcune teorie recenti [...] hanno posto la situazione dialogica - effettiva o implicita - alla base di ogni manifestazione dell'ironia. Il meccanismo fondamentale di questa figura non sarebbe dunque il capovolgimento del proprio pensiero, l'antifrasi, ma la 'citazione' implicita del pensiero altrui (di un singolo, della maggioranza) attraverso la quale, per contrasto, il soggetto fa sentire la propria voce. Nella prima strofa della Ginestra, Leopardi descrive lo spettacolo delle città sepolte dall'eruzione del Vesuvio, e poi conclude: «dipinte in queste rive / son dell'umana gente / Le magnifiche sorti e progressive». L'affermazione ottimistica è in aperto contrasto con quello che precede: in realtà, qui Leopardi cede la parola ai suoi avversari, a quelli che credono alle «magnifiche sorti e progressive» dell'umanità (l'ultimo verso è addirittura una citazione, come spiega una nota d'autore), e finge di condividerne le opinioni solo perché il contesto dimostri la loro inconsistenza e falsità.

Il seguente esempio di ironia citazionale è tratto da una recensione alle poesie di Ungaretti. L'oggetto dell'ironia in questo caso è l'uso del linguaggio figurato, o, per meglio dire, la 'densità' di tale uso presso i poeti ermetici. I versi di Ungaretti in questione sono i seguenti: «era una notte afosa e d'improvviso vidi zanne viola / in un'ascella che fingeva pace». La recensione:

È provato che nelle notti afose le ascelle fingono pace. Allora, gli ingenui, coloro che nulla sanno delle insidie ascellari, si accostano ad esse fiduciosi, fanno per toccarle, e tac!, proprio in quel momento ecco spuntare le caratteristiche zanne viola delle ascelle (G. Mosca, in «Bertoldo», 30 giugno 1939 [...]).

L'ironia è contemporaneamente citazione e denegazione, dialogismo e antagonismo, menzione e distacco: si evoca la parola altrui, ma non la si assume in proprio. Per questa 'ascrizione di responsabilità' ad altri, l'ironia permette di aggirare censure morali o politiche, di far passare dei contenuti altrimenti indicibili: si afferma alla lettera ciò che si nega in figura, e solo in senso figurato chi parla si assume piena responsabilità [...].

A questo 'effetto di deresponsabilizzazione' sono funzionali i cosiddetti indici di ironia, ossia quell'insieme di segnali, linguistici ed extralinguistici (prosodici, mimici), che segnalano il valore ironico di un enunciato e orientano il destinatario verso una corretta, non letterale, interpretazione. L'ironia infatti è una figura fondata su un paradosso, perché risulta tanto più efficace quanto meno è esplicita, quanto più rischia di essere irriconoscibile come figura. Comprendere l'ironia mobilita sia una conoscenza dell'enciclopedia e del contesto di realtà alla quale l'enunciato ironico si riferisce, sia una conoscenza dell'enciclopedia del locutore e dei suoi sistemi di valutazione [...]. 


Maria Pia Ellero - Matteo Residori, Breve manuale di retorica, Sansoni, 2001, pp. 114-115 [ho omesso i riferimenti bibliografici sintetici intra-testo]

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