La destorificazione del negativo

La destorificazione del divenire, o più esattamente, dell’accadere in quanto negativo attuale o possibile, ha luogo nella magia lucana attraverso la tecnica fondamentale del «così-come», con la quale il «così» di un certo concreto aspetto negativo e di un corrispondente desiderio di eliminazione viene ritualmente riassorbito in una esemplarità mitica risolutiva. Tale esemplarità assume vari gradi di complessità e di autonomia rappresentativa rispetto alla esecuzione rituale, ma per rozza ed elementare che sia, non manca mai. Quando le donne al fiume riempiono la placenta e recitano lo scongiuro «come si riempie questa borsa d’acqua, così possano riempirsi questi seni di latte» [47], esse mimano e recitano un mito elementare che riassorbe nel colmarsi d’acqua della placenta la varietà dei momenti critici individuali relativi all’allattamento. Quando si ingiunge alla risipela di andar via e si annuncia che sta per sopraggiungere l’argento al cui contatto essa dovrà fuggire [23], si mima e si recita il mito esemplare dell’argento che mette in fuga la risipela, onde poi quando l’argento viene ritualmente messo in contatto col male, la risipela fugge in alto mare [24, 25]. [...] In tutti questi casi il rito ripete, narrando e mimando, miti esemplari nei quali tutto è già deciso nel senso desiderato. Ancor più esplicito e autonomo si rende il momento mitico nei cosiddetti scongiuri con historiola, nei quali il principio e il termine di una certa negatività sono riplasmati in episodi esemplari che hanno operatori metastorici come protagonisti del «fare» e del «disfare». Nello scongiuro per l’ingorgo mammario [51, 52, 53, 54] l’esemplarità metastorica narra di un nanetto deforme che in illo tempore fece e disfece l’ingorgo, provocandolo nelle donne per vendicarsi della loro derisione, e quindi annullando il malefìzio dopo aver ricevuto le loro scuse; il rito è appunto la iterazione stereotipa di questo univoco exemplum, nella cui stabilità esemplare sono riassorbite, via via che si presentano, le varie incerte possibilità concrete dei singoli casi di ingorgo.

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Allorché la negatività non è attuale, ma è un possibile che concerne il futuro, la tecnica del così-come assume la forma dei modelli prefiguranti, della ispezione dei segni, dei comportamenti interdetti e dei cerimoniali di riparazione. Per la esatta comprensione di questa forma tecnica, largamente diffusa nella magia lucana, occorre tener presente il significato psicologico di una negatività possibile in un regime di esistenza nel quale hanno particolare rilievo le crisi di miseria psicologica. Il rischio di perdere la presenza si configura qui come rischio che la prospettiva del negativo si vada isolando nella coscienza, e diventi parassitaria, onde tutti gli altri contenuti di coscienza si fanno allusivi o simbolici rispetto all’evento temuto, e in particolare tutti i comportamenti acquistano una valenza prefiguratrice di quell’evento, secondo analogie affatto accidentali. In rapporto a ciò si moltiplicano i comportamenti interdetti, e la condotta si va punteggiando di interdizioni scrupolose, le quali al limite si orientano verso una vera e propria paralisi dell’agire. La ideologia magica protegge da questo rischio mercé l’istituzione di orizzonti metastorici culturalmente accreditati nei quali è riconosciuta una valenza prefigurante solo a pochi definiti comportamenti: in virtù di questa scelta di simboli mitici, solo alcuni comportamenti restano interdetti, mentre tutti gli altri sono ridischiusi alle necessità profane. D’altra parte l’orizzonte metastorico non si limita a scegliere i simboli prefiguranti, e a fissare i comportamenti interdetti, ma racchiude anche il rito che disfà o comunque ripara il comportamento interdetto eseguito per inavvertenza o per necessità. Di qui un regime protetto di esistenza, nel quale la prospettiva negativa è cancellata in virtù di un come mitico il cui modello va rigorosamente iterato sia nelle interdizioni che comporta come nelle riparazioni che comanda. Il bruciare legno di perastro selvatico è il simbolo mitico della pelle ruvida e spinosa; il passare sotto una cavezza, o l’incrociare le mani sulla spalliera di una sedia, sono simboli mitici del cordone ombelicale attorcigliato intorno al collo; il passaggio in prossimità di un falegname che sta segando legna, e il calpestare i trucioli, è il simbolo mitico della seretedda ["seghetta": mancata adesione dei margini della sutura longitudinale del cranio del neonato]; un maiale squartato che ha perso tutto il suo sangue, o il pesce associato all’assenza di sangue, o il baccalà secco sono simboli mitici di un bambino deperito; e così via. Basterà che il mito sia osservato nei comportamenti negativi e positivi che richiede (per es. non passare sotto una cavezza, e ripassarvi in senso inverso se l’atto è stato inavvertitamente eseguito), e la prospettiva infausta è riassorbita nell’orizzonte metastorico, dove non ci sono traversie, o dove il negativo è sempre cancellabile per la semplice ragione che è già stato cancellato. Una attenuazione del tema della destorificazione del negativo possibile si ha infine nelle pratiche divinatorie, dove l’ispezione dei simboli prefiguranti è indirizzata non tanto a cancellare la possibilità indesiderata, quanto piuttosto a sopprimere l’incertezza del futuro, e a prefigurarlo: il negativo, in questo caso, è la stessa incertezza della prospettiva. La ispezione dei segni durante il battesimo o durante la cerimonia nuziale, il cerimoniale divinatorio delle varie possibilità circa il destino e la fedeltà della persona amata lontana [11] rientrano visibilmente in questo quadro tecnico.


Ernesto De Martino, Sud e magia, Feltrinelli, 2004 (ed. or. 1959), pp. 104-108. [i numeri tra parentesi quadre si riferiscono alle varie formule magiche illustrate in precedenza nel testo]

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