L'uso degli "abitini" nella magia lucana

Nel quadro di questo particolare bisogno di protezione del bambino, soprattutto durante l’infanzia e la puerizia, rientra l’uso di sacchetti magici, chiamati in Lucania «abitini». Si tratta di sacchetti di stoffa per lo più a forma rettangolare, associati al velo organico (alla cosiddetta «camicia») di cui rappresentano la simbolica continuazione. Data l’importanza apotropaica che, fra tutte le forme di lotta contro le forze maligne, ha assunto il battesimo, è naturale che si tenga molto a battezzare l’abitino, che viene appeso al collo del neonato durante la cerimonia al fonte battesimale. L’abitino battezzato del primo nato ha una particolare virtù, e perciò quando l’infante non è primo nato il suo abitino viene appeso al collo di uno che lo sia, e che debba essere battezzato; in tal modo anche gli infanti che non hanno la ventura di essere primi nati, si possono procacciare per procura abitini particolarmente efficaci. La dotazione dei sacchetti magici è varia: un pezzetto di ferro di cavallo «ferrato» per la prima volta, tre acini di grano, tre di sale, un pelo di cane nero, una fettuccia di «stola del prete», figurine di santi; tre chicchi di grano, tre di sale, tre di pepe, tre crocette di paglia, qualche santino; un numero di chicchi di grano, i denti della volpe (specialmente durante la dentizione), pezzettini di ostia, un nastro senza misura, alcuni pizzichi di sale acquistati da tabaccai diversi, spilli in croce appuntati su un pezzo di tela, un pezzo di corda della campana, qualche santino; un pizzico di cenere, tre chicchi di grano, un po’ di sale, un po’ di crusca, due aghi legati in croce, qualche santino; ecc. Gli abitini o sono, come si è detto, legati al collo, oppure appuntati con uno spillo a indumenti personali. L’uso di nascondere nelle fasce dell’infante un paio di forbici con le punte rivolte verso l’alto è documentato a Tricarico.

L’equipaggiamento degli abitini non è determinato una volta per sempre, ma subisce aggiunte in considerazione di determinati momenti critici della vita infantile: per es. durante il periodo della dentizione vi si aggiungono denti di volpe. Gli abitini in passato non erano portati solo durante il periodo dell’infanzia e della puerizia, ma seguivano la persona durante tutta la vita; oggi naturalmente il costume è in stato di disgregazione. Tuttavia è esplicitamente attestato a Colobraro che anche l’adulto non deve abbandonare il suo abitino, o quanto meno dovrà metterselo di nuovo nei momenti importanti della vita: per es. quando si va alle fiere a fare acquisti. In generale il contenuto dei sacchetti magici è determinato sempre da particolari associazioni tradizionali, alle quali si mescolano i temi del sincretismo pagano-cattolico. Così per es. è chiara la connessione fra «nastro» e possibilità di «legare» la fattura e di sbarrarle il passo merce della magia del nodo; che poi il nastro debba essere «senza misura» significa semplicemente che non deve essere un nastro per scopi profani: il carattere «sacro» di questo nastro sui generis è espresso appunto nel fatto che quando si va dal merciaio si deve chiedere di tagliarne un pezzo a caso, «senza misura». Analogamente le forbici con le punte aperte rivolte in alto vogliono minacciare di «taglio» – e quindi di interruzione le forze maligne: rappresentano dunque un’arma magica in posizione di impiego. Altri amuleti (per es. il pezzetto di fettuccia di stola del prete) partecipano della forma magica degli arredi sacri e di ciò che è in connessione con le cerimonie della Chiesa. Analogamente, per espressa dichiarazione della informatrice, il pezzo di corda della campana ha un valore esorcistico per il semplice fatto che la invisibile forza maligna circolante nell’aria è costretta a contare quante volte la corda è stata tirata per far suonare la campana: questo le fa perdere tempo e la imbroglia, finche scoraggiata recede dal suo proposito: cioè viene applicata alla corda della campana la notissima ideologia tradizionale della scopa come mezzo per impegnare il malocchio a contare i fili di saggina di cui è composta, e quindi per tenerlo lontano merce questo inganno. Altre volte la spiegazione antica e la nuova coesistono, come nel caso degli aghi, ai quali doveva originariamente associarsi l’idea fondamentale di pungere il portatore di fatture e di malie, mentre ora, accanto a questa spiegazione, ancora viva, viene data anche l’altra secondo la quale il fascino giunto davanti a una croce formata di spilli non sa decidere se si tratta di Cristo o del diavolo: la croce gli ricorda Cristo, gli spilli il diavolo. Travagliata dal dubbio, e fascinata essa stessa dalla contraddizione, la «magia» resta irretita, e infine abbandona l’impresa.


Ernesto De Martino, Sud e magia, Feltrinelli, 2004 (ed. or. 1959), pp. 47-49. [la foto dell'abitino è di Ando Gilardi, che fu collaboratore di De Martino nella spedizione lucana]

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