L'ultimo uomo e la sua disincantata visione della storia

[...] la storia ci insegna che in passato ci sono stati orizzonti a non finire, dalle civiltà alle religioni, dai codici morali ai «sistemi di valori». La gente che ha vissuto all'interno di essi, non avendo la moderna cognizione della storia, ha creduto che il proprio orizzonte fosse il solo possibile. Quelli invece che in questo processo sono venuti più tardi, quelli che vivono nella vecchiaia dell'umanità non possono essere così acritici. L'istruzione moderna, quell'istruzione universale che è assolutamente indispensabile per la preparazione delle società alla moderna economia mondiale, libera gli uomini dal loro attaccamento alla tradizione ed alla autorità. Essi si rendono conto che il loro orizzonte è semplicemente un orizzonte, non una solida terra ma un miraggio che scompare man mano che uno vi si avvicina, dando luogo ad un altro orizzonte. Questa è la ragione per cui l'uomo moderno è l'ultimo uomo: un uomo che l'esperienza della storia ha fiaccato e che non si fa più illusioni sulla possibilità dell'esperienza diretta dei valori.

L'istruzione moderna, in altre parole, stimola una certa tendenza al relativismo, la dottrina secondo la quale tutti gli orizzonti e tutti i sistemi di valori sono relativi al loro tempo ed al loro luogo, e nessuno è vero in assoluto ma rispecchia i pregiudizi o gli interessi di coloro che lo propongono. Una dottrina che dice che non esiste una prospettiva privilegiata che si combina perfettamente con il desiderio dell'uomo democratico di credere che il suo modo di vivere vada bene come ogni altro modo di vivere. In questo contesto il relativismo non porta alla liberazione di individui grandi o forti, ma di individui mediocri, ai quali ora viene detto che non hanno niente di cui debbano vergognarsi. All'inizio della storia lo schiavo si rifiutò di rischiare la vita in una lotta a sangue per una paura istintiva. Alla fine della storia l'ultimo uomo ha abbastanza buon senso da non rischiare la vita per una causa, perché egli sa che la storia è piena di battaglie inutili che gli uomini hanno combattuto per sapere se dovevano essere cristiani o musulmani, protestanti o cattolici, tedeschi o francesi. Le fedeltà che hanno spinto gli uomini ad atti di coraggio ed a sacrifici disperati si sono rivelati, successivamente degli sciocchi pregiudizi. Gli uomini che hanno avuto un'istruzione moderna sono ben lieti di starsene beati e tranquilli a casa, congratulandosi con se stessi per la loro larghezza di vedute e la loro mancanza di fanatismo. Lo Zarathustra di Nietzsche dice di loro: «Perché così voi parlate: "Noi siamo del tutto veri, e senza credenze o superstizioni". Così voi gonfiate i vostri petti - ma ahimé, essi sono vuoti».

[...]

Quando Zarathustra ebbe finito il suo primo discorso sull'ultimo uomo, dalla folla si levò un clamore smanioso. «Dacci l'ultimo uomo, Zarathustra», gli gridarono, «fa' di noi degli ultimi uomini!» Quella dell'ultimo uomo è una vita caratterizzata dalla sicurezza fisica e dall'abbondanza materiale, esattamente ciò che ai politici occidentali piace promettere ai propri elettorati. È stata effettivamente «tutto questo» la storia umana dei pochi millenni trascorsi? E noi dobbiamo avere paura o no di arrivare un giorno ad essere felici e soddisfatti, ma come animali del genere homo sapiens e non più come esseri umani? O il pericolo è che si arrivi ad essere felici per un verso ma si continui ad essere insoddisfatti di noi stessi per un altro, e perciò pronti a ritrascinare il mondo nella storia, con tutte le sue guerre, le sue ingiustizie e le sue rivoluzioni?


Francis Fukuyama, La fine della storia e l'ultimo uomo, Rizzoli, 1992, pp. 320-326.

Commenti