Il lento avanzare della secolarizzazione in Occidente

Su un punto gli storici sembrano essere concordi, pur risalendo molto più addietro dei limiti entro i quali la sociologia religiosa può eseguire le proprie misurazioni: il fenomeno dell'avanzare dell'irreligione è relativamente recente, anche se un certo attenuarsi della religiosità, soprattutto nelle classi colte, si va palesando già ben addietro nel tempo. Per coglierne i primi sintomi dobbiamo risalire una lunga serie di secoli.

Indubbiamente, è difficile stabilire una data esatta, fissare un secolo da cui si possa far procedere il fenomeno: è certo tuttavia che esso inizia ben prima di quel che potrebbe far supporre una superficiale considerazione. Qualcuno sostiene, in verità arditamente, che già il mille segna un passaggio sostanziale da una ad un'altra psicologia: nel mille, ad esempio, era prevista la fine del mondo, e questa data, al passare del periodo, coincide più o meno bene con l'inizio di una ripresa della vita sociale: lo scampato pericolo sembra indirizzare verso interessi più profani. Penso che su questa «apertura» incida, in una misura tuttavia difficilmente precisabile, lo choc psicologico della mancata fine: Glaber, che ha vissuto lo scadere del millennio, dice che allo scoccare del mille senza l'insorgere dell'atteso evento «sembra come se il mondo si sia scosso e abbia scrollato via la sua venerabile età e si sia dovunque vestito dei paramenti bianchi delle chiese» ¹.

Nei secoli intorno al mille, inoltre, l'immenso sfacelo della società, che procedeva ininterrotto dal tardo impero, sembra cessare: il castello, il monastero, la città, dove si viene coagulando la cultura, segnano il sorgere di una nuova vita.

È tra il mille e il mille e cento che la componente sessuale e quella sentimentale cominciano ad avere, nella società europea, un diritto ufficiale di cittadinanza quali «valori» e non più quali componenti deteriori da tacere o soffocare il più possibile! Con l'XI secolo l'interesse erotico comincia a traboccare, inserendosi in ogni aspetto della vita: l'amante gode della generale reputazione quale persona superiore, ed il richiamo all'amore sconvolge fin la vita del chiostro ².

L'evoluzione verso queste conclusioni fu naturalmente lenta e disuguale nello spazio e nel tempo, ma fu egualmente e sempre più orientata verso una crescente influenza del sesso nel prevalere di una concezione più umana e fisica dell'amore. È la prima grande sfida alla morale ed al costume cristiano, anche se si tratta di una sfida, per così dire, in sordina, in quanto proviene da persone che, almeno formalmente, si professano ancora religiose e cristiane.

Tuttavia, questo primo passo verso la dissacrazione è orientato, seppure embrionalmente, verso una forse ingenua sistemazione teoretica. Ricordiamo il famoso dialogo di Aucassin: «Che ci faccio io in paradiso? Non mi curo di andarvi, desidero soltanto possedere Nicolette, la mia dolcissima compagna, che così teneramente amo. In paradiso vanno soltanto gli individui che adesso vi descrivo: ci vanno quei vecchi preti, quei vecchi storpi, quegli infelici che giorno e notte tossono dinanzi agli altari, come nelle cripte sotto le chiese: chi va in giro con vecchi mantelli sdruciti e vecchi abiti logori, chi è nudo, scalzo e dolorante, chi muore di fame e di sete, di freddo e di miseria. Questi sono gli esseri che entrano in paradiso, con i quali non ho nulla in comune. All'inferno invece vanno bei nobili, prodi cavalieri caduti in torneo ed in guerre grandi, come il forte arciere e il fedele soldato. Andrò con essi: lì vanno anche le dame cortesi e belle che hanno due o tre amici, insieme ai mariti loro signori. E lì passa oro e argento, ermellino e ricche pellicce, arpisti e menestrelli, e tutti coloro che sono felici nel mondo; andrò con essi, a patto, tuttavia, che possa avere Nicolette, la mia tenera amica al fianco».

Nessun passo più di questo, forse, sintetizza il significato del nascente dualismo fra la vita sociale laica e quella religiosa, che con il tempo assumerà forme ideologiche e logiche sempre più nette. Questa incipiente antitesi non ha infatti manifestazioni e significati soltanto erotico-sentimentali: già la nuova attenzione portata, dopo il mille, alle forme corporee, all'arte, alla scienza, nel suo spostare l'attenzione dai valori puramente religiosi, anche a quelli profani, si risolve in una prima impercettibile ritirata appunto del mondo religioso dinanzi a quello profano; se questi primi spostamenti creano un nuovo equilibrio fra il sacro e il profano, e quindi danno vita ad una rinnovata religiosità, ciononostante, è indubbio che il precedente equilibrio a favore del sacro denotava una maggiore spiritualità, sia in estensione che in profondità, almeno nei circoli culturalmente evoluti.

Questa penetrazione di laicità si viene infatti palesando in molti aspetti della vita sociale e culturale, dal decadere delle sacre rappresentazioni, un tempo incontrastate dominatrici del teatro, alla prima poesia provenzale e siciliana, ai «tornei d'amore», manifestazione, quest'ultima, palesemente laica, seppure permeata di spirito romantico-religioso. La poesia trobadorica, in particolare, è tra gli indici di questo primo flettersi della religiosità, anche se si tratta quasi di una meteora culturale: nata nel 1190 circa, è già in decadenza intorno al 1240; comunque, è indubbio che l'inquietudine barbarica dei trovatori è appena sfumata di sentimento cristiano.

Contemporaneamente, anche la filosofia tende a staccarsi dalla teologia.

Osserva giustamente il Toffanin ³ che quando, intorno al 1100, i «Maestri» scendono dal chiostro verso le scuole vescovili, si trovano di fronte degli scolari nuovi, e si viene dunque formando un diverso mondo culturale, che è anche diversamente religioso: il XII secolo, con il suo crescente numero di laici colti, va sempre più avvertendo il fascino del futuro umanesimo, e con la sua religiosità, decrescente in vista del secolarizzarsi della cultura, preannuncia il Rinascimento. Si va laicizzando la cultura, e attraverso questa il volto del mondo. Dalle scuole vescovili gli studenti non si ritirano più nella pace del chiostro, ma entrano nella vita profana, e in questo loro protendersi verso un altro mondo vengono proponendo una sempre più incalzante perplessità religiosa, che si allea alla sapienza profana nel suo contendere il passo alla teologia.

Il laicizzarsi della ragione, così come quello della vita civile e della cultura, porta ad un incrociato liberarsi di queste tre componenti dal controllo della teologia, sul piano speculativo, e dai valori religiosi in genere, sul piano pratico.

Ma già con il mille l'uomo aveva palesato, come abbiamo già osservato, un maggiore interessamento nei riguardi della natura, mentre si diffondeva sempre più lo studio «diretto» dei fenomeni. Tutti tendono ad intensificare lo sperimentalismo: Ruggero Bacone, scienziato ma anche francescano, tratta di scienza sperimentale. Alberto Magno scrive un trattato sulle piante, che è forse la migliore opera del genere di tutto il Medioevo.

Accanto a questi fattori viene influendo sulla religiosità tutto il risveglio culturale, in relazione a questi fenomeni sollecitatore ed insieme sollecitato: tecnica e cultura procedono parallelamente, e si influenzano costantemente l'un l'altra.

Il razionalismo averroista (poi aristotelico) giunge infatti in Europa al declinare della grande ondata di guerre religiose che ha insanguinato a lungo il continente nel secolo, o nei secoli precedenti: è stato indubbiamente aiutato dallo scetticismo intellettuale introdotto nelle classi colte da queste guerre ⁴.

Ma il laicizzarsi della vita sociale non si esprime soltanto a causa ed attraverso motivi culturali, artistici, o filosofici, bensì anche su altri piani.

Quasi contemporaneamente si vengono, ad esempio, sviluppando nuove discipline «mondane», quali l'algebra, l'astronomia, la nautica, le varie scienze e tecniche fatte poi valide e salde nel tempo dal sorgere delle università: Bologna, Padova, Salerno, Napoli, Parigi, Tolosa, Montpellier, e via dicendo.

La stessa vita popolare si trasforma: essa era intessuta fino a quel momento di componenti più o meno mitiche, le stelle che interessavano erano quelle dell'astrologia, i numeri erano legati alla cabala e all'astrologia; ogni atto e fatto aveva un significato terreno, umano e insieme sacrale o parasacrale.

Circa dal XII secolo in avanti, le concezioni religiose, così come quelle magiche, hanno dei concorrenti: nuovi problemi e nuove idee si fanno strada, concentrando sempre più intensamente l'attenzione sulla natura.

La storia tende quindi sempre più, anche da questi punti di vista, a fugare il soprannaturale e il meraviglioso, tentando di giustificare i fatti su un piano meramente umano: possiamo anzi parlare, seppure ancora sporadicamente, e per aspetti prevalentemente culturali della vita sociale, di un'incipiente incredulità; come considerare diversamente il naturalismo di Montpellier e di Salerno?

Ma tutti questi fenomeni socio-culturali o tecnico-scientifici non avrebbero che un significato scarsamente o diversamente rilevante, se non si tenesse presente che essi si sviluppano in presenza di trasformazioni tecnico-economiche di notevole momento, delle quali è ben difficile valutarne il peso in relazione alla dinamica della società tutta, e della società religiosa in specie.

È indubbio che, come abbiamo già osservato in un nostro precedente saggio, già il fuoco, gli animali domestici, la ruota, l'imbarcazione, la vela, il cuoio, i mattoni, il vetro, e via dicendo, al loro apparire, nel significare fasi decisive del progresso tecnologico, influenzarono sostanzialmente i fenomeni economico-sociali e le caratteristiche delle diverse culture e civiltà, ma anche, diciamolo pure, delle diverse religioni.

Questo fenomeno si verifica nuovamente al tramonto dell'alto Medioevo; l'iniziale decadere della religiosità in questo periodo non può essere colto nella sola dinamica delle idee: è invece indispensabile tenere presente che, dopo la stasi alto-medioevale, sono proprio i secoli XI e XII, già notevoli sul piano culturale, che vedono anche l'introduzione delle nuove tecniche sopra rammentate, che cominciano ad esercitare, nel loro progressivo diffondersi e moltiplicarsi, una continuativa e crescente influenza sulla società e sugli individui singolarmente considerati Questi stessi secoli, parallelamente all'introdursi di nuove tecniche, vedono anche l'inizio di una trasformazione industriale che, pur trascurabile nella sua prima fase, dovette indubbiamente influire sullo spirito religioso, con un procedere almeno analogo a quello odierno e delle epoche recenti.

In particolare, non dimentichiamo che con il mille si introducono appunto talune nuove tecniche di lavorazione di notevole importanza, quali, ad esempio, l'uso dell'energia idraulica per la insufflazione dell'aria, con conseguente creazione dei primi altiforni, la produzione della carta e dei tessuti su scala industriale e, poco dopo, la produzione della ghisa, già ricavata in Germania alla fine del '300. Né dobbiamo dimenticare l'accelerazione nei servizi di trasporto in seguito all'introduzione di alcuni interessanti accorgimenti.

Inoltre, la stessa attività artigianale, pur non risultando sempre influenzata da queste maggiori scoperte, nel suo stesso diffondersi e moltiplicarsi veniva trasformando la psicologia individuale. Non possiamo misurare l'entità di questa influenza, tuttavia, come annota il Mumford, «il naturalismo crebbe dalle occupazioni quotidiane e dalla vita di lavoro dell'artigiano: nella sua lotta con i materiali ostinati, fondendo il vetro, martellando il ferro, scalpellando la pietra, battendo il rame, egli apprese a rispettare la natura dei materiali e le condizioni obiettive per la riuscita dell'operazione. La preghiera poteva servire soltanto se uno si aggiungeva alla sua efficacia manipolando intelligentemente il suo ambiente. Questa era la quotidiana lezione dell'artigianato. I risultati potevano essere ricchi di fantasia; ma il procedimento per raggiungerli era aderente alla realtà» ⁵.

Questi sintomi a livello tecnologico-artigianale sono espressioni di una ben precisa trasformazione giuridica e industriale su cui non è nostro compito soffermarci: il servo della gleba fugge con sempre maggiore frequenza verso i centri urbani che cominciano ad espandersi demograficamente, e dove l'affrancazione è più facile; nascono anche le prime fiere internazionali, mentre i mercanti cominciano ad attraversare l'Europa, veicoli di merci e insieme di idee. Territori immensi, in tutto il continente, vengono colonizzati, bonificati, coltivati, ad opera, in gran parte, di ordini monastici. Il capitale comincia a circolare con moto accelerato: noi oggi conosciamo le conseguenze negative, sul piano religioso, di questi fenomeni. Tutto questo sfocerà, fra l'altro, nel primo capitalismo italiano, di carattere tessile e bancario, che potrebbe essere definito, con un'espressione che ad alcuni umanisti apparirebbe forse eretica, la culla del Rinascimento e dell'Umanesimo. È infatti in questo rifiorire di attività, di traffici, nello scorrere di denaro e quindi di beni e servizi, in questo più intenso germogliare delle tecniche, che viene mutando la psicologia degli uomini, anche comuni, di questo tempo, e che vengono aprendosi le loro menti ai nuovi problemi della classicità, dell'umanesimo, delle scienze, mentre viene inferto ancora un colpo ai problemi della religiosità e dello spirito, che fanno un nuovo, forse quasi impercettibile, passo verso una posizione di minore momento sulla scena del mondo ⁶.

Il processo di deterioramento avviene comunque a due diversi livelli: a livello superiore, attraverso una minore religiosità delle discipline esistenti e attraverso il sorgere di nuove discipline: a livello inferiore, nel diverso articolarsi della vita umana in rapporto ad una serie di nuovi fattori che si vengono affiancando, e per ora non sostituendo, a quelli religiosi: naturalmente le due sfere, quella superiore e quella inferiore, agiscono e reagiscono le une sulle altre dando vita a sempre nuove trasformazioni.

Tra queste nuove idee ve ne erano di profonde, ma anche di banali, ed è difficile stabilire quali influirono maggiormente.

Tra le banali vorrei rammentare il trionfo della contabilità: non dimentichiamo, ad esempio, che tra il 1278 e il 1340 a Genova si tiene già una contabilità municipale a partita doppia, mentre più tardi, nel 1494, il Pacioli pubblica a Venezia un trattato su questo metodo di contabilità. Il Mumford osserva che «così i numeri vennero ad esercitare una presa indipendente sull'immaginazione: il pensiero quantitativo e le situazioni di cassa soppiantarono la discriminazione quantitativa ed i valori estetici e morali». Può sembrare un'osservazione paradossale, ma, a nostro modo di vedere, in tutto ciò vi è qualche cosa di vero: queste date segnano il sorgere di un altro fattore disintegratore, nasce la stirpe dei «travet», che in pochi secoli diverrà legione, invadendo l'Europa e il mondo. Possiamo pensare che il suo piatto mondo, permeato di «quantità», non abbia contribuito a respingere un mondo di valori che da molti punti di vista si fondava sulla componente sentimentale?

Accanto a queste influenze a livello logico e ideologico, il mondo delle nuove industrie e delle nuove idee veniva moltiplicando, seppure talvolta indirettamente, «corpi» e «ordini» disparati, che permettevano alla società civile una prima presa di coscienza di sé, anche se lo stato nel senso moderno del termine era ancora un fantasma. La società civile era in piena espansione, proprio attraverso questo pullulare di piccoli ma vitalissimi gruppi prodotti da nuove esigenze, soprattutto economiche: non si può dimenticare che il XII e il XIII secolo vedono i lineamenti più consistenti di un'economia monetaria, che tende a prendere il posto della vecchia economia agricola naturale.

Si accelera inoltre, come abbiamo osservato più sopra, lo spostamento della vita sociale dalla campagna alla città, con un certo spostamento del baricentro del potere, anche ideologico e culturale, dai monasteri, fondati sull'agricoltura, alla nuova classe mercantile laica.

Si viene quindi formando un tessuto sociale estremamente resistente, che si paleserà in seguito quale incubatrice di molti dei più aperti avversari della religione.

Gli interessi dei gruppi religiosi, nel loro contrapporsi a quelli laici, provocheranno una prima fase di ostilità e di lotte fra i nuovi tessuti sociali e la chiesa, il che verrà indubbiamente accelerando il sorgere dello spirito laico, anche a livello intellettuale ⁷: già il XII secolo, a dire il vero, aveva visto il sorgere di un certo numero di correnti ideologiche, frutto e insieme radice del nuovo spirito, che culmineranno nel Defensor di Marsilio da Padova, una delle figure più prestigiose di questo orientamento.

I conflitti fra laici e « chierici », frequentissimi nel XIII secolo, lo erano molto meno nell'XI e XII secolo. Il de Lagarde osserva che: «Ce qu'il importe de souligner, c'est que l'histoire du XIe et du XIIe siècle ne nous apporte pas l'écho de conflits aussi généralisés. C'est donc bien un phénomène caractéristique du XIIIe siècle que le développement de cette hostilité aigue entre les deux autorités» ⁸.

Il che consentirebbe probabilmente di spostare al 1100 ed oltre il periodo cui riferire l'inizio del declino della religiosità. Ma si tratta di un problema per il quale i margini d'incertezza sono così vasti, e i dati disponibili così vaghi, che appare perfettamente inutile pronunciarsi con un'ipotesi che, probabilmente, potrebbe essere facilmente confutata.

Già in questa prima fase dello sviluppo tecnico-industriale, una certa ostilità della laicità verso la religiosità, anche se non si risolveva in un approfondito distacco sul piano religioso, si faceva ormai palese, ed è documentata da una serie abbastanza nutrita di studi di cui il Defensor è soltanto l'esempio tipico: proprio mentre la chiesa raggiungeva il suo massimo splendore, comparivano germi destinati ad essere fonte di una profonda decadenza del sacro.

_______________________

1. L. Mumford, La condizione dell'uomo, Edizioni di Comunità, Milano, 1957, p. 130.
2. Ibidem.
3. G. Toffanin, Storia dell'umanesimo, Perella ed., Napoli-Città di Castello 1933; Il secolo senza Roma, cit.; L'uomo antico nel pensiero del Rinascimento, Zanichelli, Bologna 1957.
4. Ma si introduce, con l'averroismo, una vera tendenza all'irreligioso? Il tema è complesso e non possiamo dettagliarlo in questa sede; ci basti soltanto ricordare, per annotare il carattere irreligioso di queste correnti, quanto diceva il Boccaccio dell'averroista Cavalcanti: « e per ciò che egli alquanto tenea dell'oppinione degli epicuri, si diceva tra la gente volgare che queste sue speculazioni erano solo in cercare se trovar si potesse che Iddio non fosse » (cfr. Giovanni Boccaccio, Il Decamerone, VI, 9).
5. L. Mumford, op. cit., p. 168.
6. Anche il mondo filosofico è ormai quale non avrebbe potuto neppure essere concepito prime del mille: i filosofi sono disposti ad ogni avventura. Averroè, Ockam, Cusano, Pomponazzi, preparano la corrente libertina del XVI secolo. Soprattutto il Pomponazzi (1462-1524) appare ormai radicato nella « empietà ».
7. Non dimentichiamo che già con il XII secolo sorgono in Francia le prime scuole elementari rigorosamente sottratte all'influenza dei sacerdoti e dei monaci. Cfr. a questo proposito, tra l'altro, G. de Lagarde, Naissance de l'esprit laïque au déclin du Moyen Age..., Ed. Nauwerlaerts, Lovanio-Parigi 1956, p. 181 e H. Pirenne, Les villes du Moyen Age, p. 201.
8. G. de Lagarde, op. cit., p. 202.


Sabino S. Acquaviva, L'eclissi del sacro nella civiltà industriale, Edizioni di Comunità, 1966, pp. 162-171 [non ho riportato tutte le note].

Commenti