L'influenza dell'urbanesimo e della diffusione della tecnologia nel processo di desacralizzazione

Anzitutto osserveremo, e ciò facendo non diciamo nulla di nuovo, che il mutamento del costume di vita si risolve, fra l'altro, in un'accelerazione del ritmo della vita stessa: lo spazio di tempo riservato all'approfondimento interiore, alla religiosità, fenomeno intimo e quindi connesso a momenti di sosta della vita umana, diviene sempre più ristretto. Lavoro, divertimenti, e via dicendo, lasciano sempre meno spazio alla vita religiosa. La stessa organizzazione della giornata frena la religiosità, mentre vi sono altri fattori che comprimono, per così dire, il fenomeno religioso.

Non diciamo ancora una volta nulla di nuovo osservando che il cinema, la radio, invitando ad interessi profani con un costante attacco psicologico alla personalità dell'individuo, e con il loro ininterrotto invito, pur non avendo direttamente questa finalità, allontanano dalla religione e dai suoi problemi.

La parte più sensuale e materiale della vita umana è quindi favorita dallo sviluppo di queste «condizioni psicologiche»; il fenomeno religioso impallidisce, lo sradicamento, l'anonimato tecnicizzato delle grandi città, il conseguente dilagare dell'erotismo, aggravano ulteriormente la situazione.

Il Chelini, nel suo volume La ville et l'Église, viene dettagliando alcuni fattori che, nella fase più recente, influiscono sul fenomeno della dissacrazione, quali appunto le condizioni degli alloggi, il lavoro, l'affarismo, il lavoro della donna, il commercio, il ballo popolare, il club, il bar, i mezzi di trasporto, l'automobile, eccetera ¹.

Questi stessi fenomeni, ingigantendo con il potente aiuto della tecnica, si sono venuti estendendo alle campagne, ed hanno portato la rovina laddove già essa non era stata creata dalle precedenti fasi di sviluppo della società, e dalla penetrazione di nuove idee, verificatasi fra il '700 e l'800. Oggi non vi è ormai villaggio, il più remoto, da cui sia impossibile raggiungere con una certa rapidità una città, non vi è zona agricola ove le tecniche e il costume della città non si vadano diffondendo. In tal modo le zone di inosservanza, spesso connesse con le regioni circostanti le grandi città, i maggiori centri tecnico-industriali e le grandi vie di comunicazione, vanno dilagando ovunque.

Nel concorrere di tutti questi fattori, la psicologia dell'uomo moderno appare ormai profondamente razionalizzata: ogni uomo vive servendosi ininterrottamente di macchine. L'influenza da esse esercitata è profonda, intima, come hanno segnalato i più recenti studi in materia, e come d'altronde abbiamo cercato di chiarire noi stessi nelle pagine precedenti, osservando il penetrare attraverso i secoli di queste influenze. La persona umana è insomma influenzata da un ambiente tecnico unitario che la fascia completamente; tale ambiente deve essere quindi preso in considerazione come un tutto unico, ma quanto diverso dall'ambiente naturale di un tempo! Attualmente ne siamo talmente permeati che ci sembra impossibile un tempo esistesse un ambiente diverso, e che esista spesso a pochi chilometri da noi.

Ancora fino al XVI secolo, o anche in parte del XVII, la tecnica è primitiva rispetto ai più recenti sviluppi e, come abbiamo già osservato, l'uomo è ancora direttamente succubo degli elementi naturali: il mezzo di trasporto più rapido è sempre il cavallo e, per le merci, il carro trainato da cavalli, l'illuminazione è sempre ottenuta con i mezzi tradizionali, ogni individuo continua ad avere un diretto contatto con le naturali componenti dell'universo: l'acqua, il fuoco, la terra, e via dicendo: naturalmente anche la religiosità è connessa con questo stadio della conoscenza e della tecnica.

Questa connessione fra il fenomeno religioso e l'evoluzione tecnico-scientifica è già attestata da diversi autori, almeno per le epoche più primitive. Lo Yinger osserva, a dire il vero con una certa approssimità descrittiva, che «the more primitive the technology and the more precarious and uncertain the results from one's efforts to obtain food and others goods, the more religion is used to bolster man's efforts. Yet the correlation is undoubtely high» ².

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1. J. Chelini, op. cit., p. 105.
2. Cfr. J. M. Yinger, Sociologia della religione, Torino, Boringhieri, 1961, p. 230.


Sabino S. Acquaviva, L'eclissi del sacro nella civiltà industriale, Edizioni di Comunità, 1966, pp. 216-218 [non ho riportato tutte le note al testo].

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