Caratteristiche peculiari dell'arte figurativa medievale: la rappresentazione non realistica dell'immagine umana e l'assenza del genere del ritratto

Le idee di spazio corrispondenti al «modello del mondo» teocentrico sono distintamente rilevabili nell'arte figurativa medievale. La pittura di quest'epoca respinge la prospettiva lineare. I singoli frammenti del quadro, le figure rappresentate ognuna secondo il proprio scorcio, non sono collegati in prospettiva reciproca; talora nel quadro è completamente assente la profondità e tutto ciò che vi è raffigurato è come disposto su un unico piano. Tale piano di raffigurazione rappresenta una superficie impenetrabile attraverso la quale non è visibile lo spazio interno. L'evidente assenza di corrispondenza tra le proporzioni preoccupa poco gli artisti: gli alberi o le montagne possono avere la stessa dimensione della figura dell'uomo; al fine di far interamente entrare entro la cornice del quadro tutta la costruzione, si rappresenta la casa sproporzionatamente piccola. Le figure, sottolineate dal contorno, non si intersecano e sono rappresentate per intero. Esse vengono spesso spinte in primo piano rispetto all'ambiente, che si trasforma in un semplice sfondo decorativo. Le parti nettamente distinte dello spazio si combinano in un'unica immagine. L'estetica del Medioevo poneva all'artista il compito non di ricreare l'illusione del mondo visibile ma di rivelare, conformemente alla dottrina del neoplatonismo, la «vista intellettuale». Ma  a questa vista è accessibile molto di quello che l'occhio non recepisce. Perciò la pittura medievale introduce l'osservatore in una situazione particolare che si può chiamare il «dramma dell'incontro dei due mondi». Il mondo sensibile e fisicamente visibile tocca qui il mondo ultrasensibile. L'uomo del Medioevo, nel contemplare il quadro, l'immagine sacra, la scultura aveva la sensazione di poter passare da un piano all'altro.

Si può forse aver dubbi sul fatto che anche nel Medioevo l'uomo distinguesse gli oggetti disposti vicino e lontano e conoscesse le loro reali proporzioni? Eppure queste semplici osservazioni della vita non venivano trasposte nella pittura e non ricevevano un valore estetico. Il centro intorno al quale veniva disposto il mondo, così com'era raffigurato dai pittori medievali, era Dio. Poiché possiede vero significato non ciò che è visibile con la vista fisica, ma la realtà superiore colta dagli occhi spirituali, la pittura medievale, nel negare l'autonomia del mondo visibile soggetto a forze superiori ultrasensibili, parte contemporaneamente dal presupposto dell'inattendibilità della contemplazione umana, terrena. Nel quadro medievale l'osservatore non rappresenta il centro da cui si guarda la realtà. Il quadro presuppone la presenza non di un unico, ma di molteplici e numerosi punti di osservazione. Da qui la rappresentazione «svolta», la sproporzione, la «prospettiva rovesciata». Nel quadro è possibile la combinazione delle descrizioni di due o più momenti temporali della narrazione pittorica. L'insieme del quadro è organizzato sulla base della vicinanza e non secondo le regole dell'unità. Lo spazio non viene misurato dalle percezioni dell'individuo. In conseguenza di tali particolarità esso non «attira» a sé l'osservatore, ma lo «respinge». [pp. 88-89]

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Non meno indicativa è la prolungata assenza del ritratto nella pittura medievale. I pittori scorgevano i tratti individuali dei volti umani ed erano capaci di riprodurli. Non l'«incapacità» e la «mancanza d'osservazione» dei pittori, ma l'aspirazione a riprodurre il generale a scapito dell'irripetibile e l'ultrasensibile a spese delle caratteristiche reali della personalità poneva un limite all'approssimazione alla somiglianza ritrattistica. Ma l'assenza del ritratto, direttamente legata alla tendenza all'incarnazione delle verità eterne e dei valori permanenti, getta ulteriore luce sulla percezione del tempo nel Medioevo. La deconcretizzazione è il rovescio dell'atemporalità. L'uomo non sentiva di esistere nel tempo; per lui esistere significava essere, e non trovarsi in un divenire. Oltre tutto il ritratto fissa solo uno dei molti stati dell'uomo nella concretezza spaziale-temporale. Inoltre gli uomini del Medioevo non vivono in un unico tempo: accanto all'esistenza naturale v'è anche quella soprannaturale, e nell'arte si doveva rappresentare sia la vita terrena sia la realtà di un piano diverso, superiore, e la prima come derivata dalla seconda. Così, gli ideali estetici del Medioevo, formatisi sotto la diretta influenza dell'ideologia dominante, non favorivano lo sviluppo dell'interesse per la riproduzione in ritratto della personalità umana. Ed essa stessa era ancora scarsamente consapevole di sé. L'uomo del Medioevo «temeva di essere se stesso, temeva l'originalità». [p. 136]


Aron Jakovlevič Gurevič, Le categorie della cultura medievale, Einaudi, 1983 (ed. or. russa 1972) [ho omesso le note].

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