L'analogia microcosmo-macrocosmo nella cultura del Medioevo

[...] nel Medioevo l'atteggiamento dell'uomo verso la natura non è l'atteggiamento del soggetto verso l'oggetto, quanto piuttosto la ricerca di sé nel mondo esterno, la percezione del cosmo come soggetto. L'uomo vede nell'universo le qualità che egli stesso possiede. Non esistono limiti precisi tra l'individuo e il mondo. Trovando in esso il proprio prolungamento, egli nel contempo rinviene l'universo in sé: è come se si guardassero l'un l'altro.

All'assenza di una contrapposizione radicale tra l'uomo e l'ambiente naturale corrispondeva l'assenza di un'altra opposizione: quella tra natura e cultura. Se nell'età moderna si è formata la concezione della natura come mondo empirico, come dato posto al di fuori dell'uomo, elemento soggetto a superamento culturale, nel Medioevo non esisteva la coscienza di questo confine, o esso, in ogni caso, era impreciso e confuso. Perciò anche il termine natura può difficilmente essere tradotto in modo adeguato ricorrendo al senso attuale del termine. La natura nella concezione medievale è creazione di Dio. La Natura personificata delle allegorie filosofiche del XII secolo è l'ancella di Dio, la quale incarna nella materia i suoi pensieri e i suoi piani. Per l'uomo del Medioevo la natura era «un grande serbatoio di simboli».

Si può forse comprendere meglio che per ogni altra via la specificità della percezione del mondo e dello spazio in epoche lontane da noi, se consideriamo le categorie di microcosmo e macrocosmo (o megacosmo). Il microcosmo non è semplicemente una piccola parte del tutto, uno degli elementi dell'universo, ma una sorta di sua replica ridotta, di riproduzione. Secondo l'idea espressa dai teologi e dai poeti, il microcosmo è altrettanto integrale e compiuto in se stesso del mondo-grande. Il microcosmo era pensato come un uomo che può essere compreso solo nel quadro di un parallelismo tra universo «piccolo» e «grande». Questo tema, noto già nell'antico Oriente e nella Grecia antica, godette nell'Europa medievale, in particolare a partire dal XII secolo, di enorme popolarità. Gli elementi dell'organismo umano sono identici agli elementi che formano il mondo. La carne dell'uomo è di terra, il sangue d'acqua, il respiro d'aria e il calore di fuoco. Ogni parte del corpo umano corrisponde a una parte del mondo: la testa al cielo, il petto all'aria, il ventre al mare, i piedi alla terra, le ossa trovano la loro corrispondenza nelle pietre, i tendini nei rami, i capelli nell'erba, i sensi negli animali. Tuttavia l'uomo è imparentato con il resto del mondo non solo dalla comunanza degli elementi che lo costituiscono. Per descrivere l'ordine del macro e microcosmo nel Medioevo si ricorreva allo stesso schema basilare; la legge della creazione veniva individuata nell'analogia. L'aspirazione ad abbracciare il mondo come unità percorre tutte le summae, le enciclopedie e le etimologie medievali: esse considerano tutto in conseguenza, a cominciare da Dio, dalla Bibbia e dalla liturgia, poi gli uomini, gli animali e le piante, per finire alla gastronomia e ai metodi di aggiogare i buoi e di arare la terra. Ma per comprendere esattamente il significato contenuto nella concezione del microcosmo, bisogna tenere conto delle modificazioni subite dallo stesso concetto di «cosmo» nel passaggio dall'antichità al Medioevo. Se nella percezione antica il mondo è totale e armonico, in quella dell'uomo del Medioevo esso è dualistico. Il cosmo antico - la bellezza della natura, il suo ordine, la sua dignità - nell'interpretazione cristiana ha perduto una parte delle sue qualità: il concetto ha cominciato ad essere prevalentemente applicato soltanto al mondo umano (mundus nel Medioevo è l'«umanità») senza più comportare un'alta valutazione etica ed estetica. 

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Ripetutamente si tentò di personificare visivamente l'idea del macro e del microcosmo. In un disegno allegorico, illustrando l'opera della badessa Ildegarda di Bingen, il macrocosmo è rappresentato nella forma di un simbolo dell'eternità: un cerchio sorretto dalla Natura, incoronata a sua volta dalla Saggezza divina. All'interno del cerchio è collocata una figura umana, il microcosmo. Esso porta in sé il cielo e la terra, dice Ildegarda, e in lui sono nascoste tutte le cose. In una delle miniature che decorano l'opera della badessa Herrada di Landsberg, l'uomo microcosmo è circondato dai pianeti e dai quattro elementi del mondo (il fuoco, l'acqua, la terra, l'aria). L'analogia tra microcosmo e macrocosmo sta alla base stessa della simbologia medievale, poiché la natura era concepita come uno specchio nel quale l'uomo può contemplare l'immagine di Dio. Ma se nell'uomo si possono ritrovare tutti i tratti fondamentali del mondo, anche la natura è pensata in sembianze umane. Il poeta del XII secolo Alano di Lilla si immagina la natura sotto l'aspetto di una donna con un diadema composto dalle stelle dello zodiaco e indosso una veste sulla quale sono raffigurati uccelli, piante, animali e altre creature, disposti nell'ordine corrispondente alla successione in cui il Signore li ha creati. Figure o teste umane servivano da allegorie dei venti, la terra era raffigurata sotto l'aspetto di una donna. Sulle labbra della Natura Alano pone parole che affermano la somiglianza tra essa e l'uomo. In un disegno illustrante l'opera di Onorio di Autun Clauis physicae le forze del cosmo, gli elementi del mondo e persino le cause e gli effetti sono incarnati da figure e corpi umani. Qui anche lo spazio e il tempo acquistano sembianze umane: il tempus è un vecchio, il locus una figura femminile. Simili raffigurazioni allegoriche non impediscono affatto al filosofo di parlare di immaterialità e intelligibilità del tempo e dello spazio.

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L'insistenza con cui la poesia, l'arte, la teologia del Medioevo ritornano continuamente al tema della natura antropomorfa e dell'uomo cosmico non è un semplice dato della tradizione, non è una semplice convenzione: in queste rappresentazioni si esprime un atteggiamento peculiare, in seguito perduto, dell'uomo verso il mondo della natura. L'uomo possedeva il senso dell'analogia, anzi della parentela della struttura del cosmo con la propria struttura. Nella natura si vedeva il libro sul quale poter apprendere la saggezza, e nello stesso tempo lo specchio che rifletteva l'uomo. «Tutte le opere del mondo - scriveva Alano di Lilla - sono per noi come un libro, un quadro e uno specchio». L'uomo si riteneva il coronamento della creazione, foggiato a immagine e somiglianza di Dio; tutti gli altri oggetti della creazione erano finalizzati a lui. Ma quest'idea aveva un senso completamente diverso da quello che ebbe nel Rinascimento, poiché nella teoria cosmologica del cristianesimo medievale l'uomo non acquistava un significato autonomo: con la sua esistenza egli glorificava il Signore.


Aron Jakovlevič Gurevič, Le categorie della cultura medievale, Einaudi, 1983 (ed. or. russa 1972), pp. 58-62 [ho omesso le note].

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