I 14 motivi alla base della diversa disponibilità delle culture ad accettare le innovazioni

Come nascono le differenze di ricettività tra i popoli? Gli storici hanno tirato fuori una lista di almeno 14 ragioni. La prima è una lunga durata media della vita, che in principio dà agli inventori la possibilità di accumulare conoscenze e di intraprendere programmi a lunga scadenza. L'aumento della speranza di vita dovuto alla medicina moderna può aver contribuito ad accelerare il ritmo delle invenzioni in questi ultimi secoli. Cinque fattori risiedono nell'economia e nell'organizzazione delle società:

1) La disponibilità di forza lavoro a buon mercato data dagli schiavi sembra scoraggiare l'innovazione, mentre una forza lavoro scarsa o costosa stimola la ricerca di soluzioni tecnologiche. Per esempio, un cambiamento politico che interrompesse il flusso di immigrati messicani in California, e quindi di braccianti a buon mercato, renderebbe interessante la ricerca di una varietà di pomodoro che si possa raccogliere a macchina.

2) L'esistenza di leggi a protezione dei brevetti e della proprietà intellettuale in Occidente favorisce l'innovazione, mentre la mancanza di tutela, come in Cina, la scoraggia.

3) Le società industriali forniscono molte opportunità per l'istruzione tecnico-scientifica, il che accadeva anche nell'Islam medioevale ma non, ad esempio, nel moderno Zaire.

4) Il capitalismo moderno è organizzato in modo tale da rendere redditizio l'investimento in ricerca e sviluppo. 5) Il forte individualismo di società come quella americana fa sì che gli inventori godano dei benefici del loro lavoro, mentre i legami esistenti in società come quella guineana fanno sì che chiunque inizi a guadagnare denaro si trovi subito a dover mantenere una vasta parentela. Quattro spiegazioni hanno carattere più ideologico: 

1) La disponibilità ad assumersi rischi, indispensabile per l'innovazione, è più diffusa in alcune società che in altre.

2) Il metodo scientifico è una caratteristica esclusiva dell'Europa moderna, che ha contribuito non poco alla sua preminenza tecnologica.

3) La tolleranza delle idee diverse aiuta il cambiamento, mentre la rigida ortodossia e tradizione (come avviene in Cina) lo affossa.

4) Non tutte le religioni sono uguali quando si tratta di progresso: alcune versioni dell'ebraismo e del cristianesimo sembrano essere particolarmente compatibili, mentre islamismo, induismo e bramanesimo possono essere in alcuni casi particolarmente incompatibili.

Le dieci ipotesi viste fino a qui sono tutte plausibili, ma nessuna è in qualche modo legata alle diversità geografiche. Se è vero che le leggi sui brevetti, il capitalismo e certe forme di cristianesimo favoriscono l'innovazione, perché ce li siamo trovati in Europa dopo il Medioevo e non nell'odierna Cina o in India? Almeno, questi dieci fattori vanno chiaramente in una direzione, mentre i rimanenti - guerra, governo centralizzato, clima, abbondanza di risorse -sembrano essere ambigui, perché a volte agiscono a favore a volte contro:

1) La guerra è sempre stata uno dei principali motori dell'innovazione; gli enormi investimenti fatti sulle armi nucleari durante la seconda guerra mondiale fecero nascere interi nuovi settori tecnologici. Ma i conflitti possono anche portare a gravissimi arresti del progresso scientifico.

2) Un governo centrale forte favorì la tecnologia in Giappone e Germania alla fine del xix secolo, ma la affossò in Cina dopo il 1500.

3) Secondo molti europei del nord l'ingegnosità prospera nei climi rigidi, dove è necessaria per sopravvivere, e non in quelli più miti dove non c'è bisogno di vestiti e il cibo casca dagli alberi. Ma c'è chi pensa che un ambiente favorevole renda l'uomo libero dai bisogni più immediati e quindi lo spinga alla speculazione.

4) C'è discordia sul ruolo dell'abbondanza di risorse naturali nello stimolare o inibire il progresso. Una risorsa cospicua può far venire in mente qualche modo in cui utilizzarla: ad esempio i mulini ad acqua prosperarono in Europa del nord, in un'area piovosa e ricca di fiumi - ma perché non nell'ancora più umida Nuova Guinea? Si dice che la deforestazione della Britannia sia dietro al rapido progresso della tecnologia del carbone - ma perché questa non ha avuto lo stesso effetto in Cina? La lista dei fattori prossimi potrebbe essere ancora più lunga; ma tutte queste ipotesi sembrano aggirare la questione delle cause remote. Sembra un brutto colpo al nostro tentativo di trovare un filo conduttore alla storia dell'umanità. Ma come mostrerò adesso, la diversità degli attori all'opera nel campo dell'innovazione tecnologica rende il nostro compito più facile, non più difficile. Per gli scopi di questo libro, dobbiamo chiederci se i fattori della nostra lista si presentarono con differenze sistematiche da continente a continente. Per molti, siano essi uomini della strada o storici di professione, la risposta è implicitamente positiva. Si ritiene comunemente, ad esempio, che la cultura degli aborigeni avesse caratteristiche ideologiche tali da renderli arretrati: erano (o sono) conservatori, vivevano in un tempo magico correlato alla creazione del mondo e non si concentravano sul presente e sui modi per migliorarlo. Anche uno dei principali storici dell'Africa, invece, ha scritto che gli africani sono ripiegati su se stessi e non hanno lo slancio espansivo degli europei. Ma tutte queste sono pure speculazioni. Non c'è mai stato uno studio comparato di più società in condizioni socioeconomiche simili, poste però su due continenti diversi, che dimostrasse l'insorgere di sistematiche differenze ideologiche. È un ragionamento circolare: si inferisce l'esistenza di diversità culturali partendo da quelle tecnologiche.



Jared Diamond, Armi, acciaio e malattie. Breve storia del mondo negli ultimi redicimila anni, Einaudi, 2003, pp. 250-252.

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