La struttura escatologica del comunismo

La maggioranza dei "senza-religione" non sono veramente liberi da comportamenti religiosi, da teologie e da mitologie. Talvolta si trascinano tutto un ingombrante bagaglio magico-religioso, deformato fin quasi alla caricatura, quindi difficilmente riconoscibile. Il processo di desacralizzazione dell'esistenza umana è giunto a volte a forme ibride di magia minore e religiosità scimmiesca. Non parliamo delle numerosissime "piccole religioni" che pullulano in tutte le città moderne, le chiese, le sètte, e le scuole pseudoocculte, neospiritualiste o sedicenti ermetiche, perché tutti questi fenomeni appartengono sempre alla sfera della religiosità, anche se quasi sempre si tratta di aspetti aberranti di pseudomorfosi. Non ci riferiamo neppure ai diversi movimenti politici e al profetismo sociale, la cui struttura mitologica e il fanatismo religioso sono facilmente individuabili. Per dare un solo esempio, sarà sufficiente ricordare la struttura mitologica del comunismo e il suo significato escatologico. Marx, com'è noto, riprende e prolunga uno dei grandi miti escatologici del mondo asiatico-mediterraneo: la parte salvatrice del Giusto (l'"eletto", l'"unto", l'"innocente", il "messaggero": e oggi il proletariato), le cui sofferenze hanno il compito di cambiare lo statuto ontologico del mondo. Infatti, la società unitaria di Marx e la conseguente scomparsa delle tensioni storiche hanno il loro perfetto precedente nel mito dell'Età dell'Oro che, secondo le diverse tradizioni, caratterizza l'inizio e la fine della Storia. Marx ha arricchito questo venerabile mito di tutta un'ideologia messianica giudeo-cristiana: da un lato, la funzione profetica e soteriologica che egli affida al proletariato; dall'altro la lotta finale tra il Bene e il Male, agevolmente paragonabile al conflitto apocalittico tra Cristo e Anticristo, con la vittoria decisiva del primo. È inoltre significativo il fatto che Marx riprenda a suo vantaggio la speranza escatologica giudeo-cristiana di una fine assoluta della Storia; differisce in ciò dalle altre filosofie storicistiche (per esempio Croce e Ortega y Gasset), per le quali le tensioni storiche sono consustanziali alla condizione umana e non possono mai essere abolite completamente.


Mircea Eliade, Il sacro e il profano, Bollati Boringhieri, 2016 (ed. or. tedesca 1957), pp. 130-131.

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