Le quattro fonti scritturali della dottrina del Purgatorio

La dottrina cristiana del Purgatorio è stata messa a punto - nella forma cattolica, in quanto i riformati l'hanno rifiutata - soltanto nel secolo XVI, con il Concilio di Trento. Dopo Trento, i dottrinari cattolici del Purgatorio, Bellarmino e Suarez, hanno portato a sostegno numerosi testi della Scrittura. Prenderò qui in considerazione soltanto quelli che nel Medioevo, e più precisamente sino agli inizi del secolo XIV, hanno effettivamente avuto un ruolo nella nascita del Purgatorio.

Un solo passo dell'Antico Testamento, tratto dal secondo libro dei Maccabei - che ebrei e protestanti non considerano canonico -, è stato accolto dalla teologia cristiana antica e medievale, da sant'Agostino a san Tommaso d'Aquino, come prova dell'esistenza di una credenza nel Purgatorio. In esso, dopo una battaglia durante la quale i combattenti ebrei che vi furono uccisi si sarebbero macchiati di una colpa misteriosa, Giuda Maccabeo ordina che si preghi per loro.

Allora, benedicendo le azioni del Signore, giusto giudice, che rende manifeste le cose occulte, si misero a supplicare, chiedendo che fosse completamente cancellato il peccato commesso. Poi il nobile Giuda esortò il popolo a conservarsi puro, ora che avevano visto coi propri occhi quanto era accaduto per il peccato dei caduti. Quindi, raccolte fra i suoi uomini quasi duemila dramme d'argento, la mandò a Gerusalemme, perché si offrisse un sacrificio per il peccato, agendo molto bene e pensando giustamente alla resurrezione: infatti, se non avesse sperato che i caduti sarebbero risorti, sarebbe stato inutile e senza senso pregare per i morti, ma, considerando che a quelli che si addormentano con religiosa pietà è riservata una magnifica ricompensa, santo e pio fu un tale pensiero: per questo egli fece compiere un sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero liberati dal loro peccato (II Maccabei 12.41-45).


Sia gli specialisti dell'ebraismo antico sia gli esegeti della Bibbia non sono d'accordo sull'interpretazione di questo difficile testo, che allude a credenze e pratiche non menzionate altrove. Non mi addentrerò in tali controversie. Per i miei fini, l'importante è che, seguendo i Padri della Chiesa, i cristiani del Medioevo hanno visto in quel passo l'affermazione di due elementi fondamentali del futuro Purgatorio: la possibilità di un riscatto dei peccati dopo la morte e l'efficacia delle preghiere dei vivi per i defunti redimibili. Aggiungerò che per i cristiani del Medioevo si tratta di un testo necessario, in quanto per loro ogni realtà, e a maggior ragione ogni verità di fede, deve avere un doppio fondamento nelle Scritture, in conformità alla dottrina del simbolismo tipologico che individua nella Bibbia una struttura a rimando: a ciascuna verità del Nuovo Testamento corrisponde, nell'Antico, un passo premonitore.

Che cosa c'è dunque nel Nuovo Testamento? Tre testi hanno avuto particolare rilievo.

Il primo è nel Vangelo di Matteo (12.31-32):

Perciò vi dico: Ogni peccato e bestemmia saranno perdonati agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito Santo non sarà perdonata. E chiunque dirà una parola contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonata, ma chi la dirà contro lo Spirito Santo non gli sarà perdonata, né in questo secolo, né nel futuro.

L'importanza di questo passo è capitale. Indirettamente - ma l'esegesi attraverso la messa in evidenza dei presupposti è stata abituale nel cristianesimo, e dal punto di vista logico mi pare assolutamente fondata - esso presuppone, e dunque afferma, la possibilità di riscatto dei peccati nell'altro mondo.

Un secondo testo è la storia del povero Lazzaro e del cattivo ricco, narrata nel Vangelo di Luca:

C'era un uomo ricco che si vestiva di porpora e di bisso e banchettava ogni giorno splendidamente. Presso il suo portone giaceva un povero di nome Lazzaro, pieno di ulcere e che desiderava sfamarsi di ciò che cadeva dalla mensa del ricco; fersino i cani venivano a leccargli le ulcere.
Or avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. Trovandosi questi nell'Ade fra i tormenti, alzati gli occhi, vide da lontano Abramo e Lazzaro nel suo seno. Allora, alzata la voce, disse: Padre Abramo, abbi pietà di me. Manda Lazzaro, affinché intinga nell'acqua l'estremità del suo dito per refrigerarmi la lingua, perché spasimo in questa fiamma. Ma Abramo gli rispose: Figlio, ricordati che nella tua vita hai ricevuto i tuoi beni e Lazzaro similmente i mali, adesso invece lui è consolato e tu sei negli spasimi. E per di più, tra noi e voi è stato posto un grande abisso, in modo che coloro che volessero passare da qui a voi non possono, né quelli di costì se volessero passare a noi (Luca 16.19-26).

Dal punto di vista dell'aldilà, questo passo arreca tre precisazioni: l'Inferno (Ade) e il luogo di attesa dei giusti (seno di Abramo) sono vicini, stante che ci si può vedere dall'uno all'altro, ma sono separati da un abisso invalicabile; nell'Inferno regna quella caratteristica sete che Mircea Eliade ha chiamato «la sete del defunto» e che si ritroverà alla base del concetto di refrigerium; infine, il luogo di attesa dei giusti è designato come il seno di Abramo. Il seno di Abramo è stato la prima incarnazione cristiana del Purgatorio.

L'ultimo testo è quello che ha suscitato il maggior numero di commenti. Si tratta di un passo della prima epistola di san Paolo ai Corinzi.

Nessuno infatti può porre altro fondamento che quello che è stato posto, cioè Gesù Cristo. Ora, se uno costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l'opera di ciascuno si renderà manifesta, perché si rivelerà nel fuoco e il fuoco proverà quel che vale l'opera di ciascuno. Se l'opera di qualcuno che ha costruito sopra rimarrà, egli ne riceverà la ricompensa; se l'opera di qualcuno invece sarà consumata dal fuoco, ne avrà danno, però si salverà, ma come attraverso il fuoco (I Corinzi 3.11-15).

È indubbiamente un testo di grande difficoltà, che però è stato essenziale per la genesi del Purgatorio nel Medioevo - genesi che è quasi possibile seguire unicamente attraverso l'esegesi di questo passo di Paolo. Si è tuttavia generalmente diffusa abbastanza presto l'idea fondamentale che nell'aldilà la sorte è diversa a seconda della qualità di ciascun uomo, che vi è una certa proporzionalità tra i meriti e i peccati da una parte e le ricompense e i castighi dall'altra, e che nell'aldilà avrà luogo una prova decisiva per il destino ultimo di ciascuno. Il momento di questa prova sembra però collocato nel corso del Giudizio finale. Il pensiero di Paolo rimane in questo caso prossimo all'ebraismo. L'altro elemento del testo paolino che avrà una notevole influenza è l'evocazione del fuoco. L'espressione come (quasi) attraverso il fuoco legittimerà talune interpretazioni metaforiche del fuoco di cui parla san Paolo, ma nel complesso il passo autenticherà la credenza in un fuoco reale.

Ritroviamo qui il ruolo del fuoco. Il Purgatorio, prima di essere considerato un luogo, è stato innanzitutto concepito come un fuoco, difficile da localizzare ma che ha concentrato in sé la dottrina donde doveva derivare il Purgatorio, contribuendo molto alla sua nascita. È dunque opportuno aggiungere qualcosa in proposito. A partire dall'epoca della patristica, opinioni diverse si interrogano sulla natura di quel fuoco: è punitivo, purificatore o probatorio? La teologia cattolica moderna distingue un fuoco dell'Inferno, punitivo, un fuoco del Purgatorio, di espiazione e purificazione, e un fuoco del giudizio, probatorio. Si tratta di una razionalizzazione tarda. Nel Medioevo, tutti quei fuochi sono più o meno confusi: innanzitutto, il fuoco del Purgatorio è il fratello di quello dell'Inferno - un fratello destinato a non essere eterno, ma tuttavia non meno bruciante durante il suo periodo di attività; quindi, poiché il fuoco del giudizio è ricondotto al giudizio individuale subito dopo la morte, fuoco del Purgatorio e fuoco del giudizio, nella maggior parte dei casi, saranno praticamente confusi. I teologi insistono piuttosto sull'uno o sull'altro aspetto del Purgatorio, i predicatori medievali hanno fatto la stessa cosa, e i semplici fedeli hanno dovuto assumere, a modo loro, il medesimo atteggiamento. Il fuoco del Purgatorio è stato al tempo stesso un castigo, una purificazione e un'ordalia, il che è conforme al carattere ambivalente del fuoco indoeuropeo, efficacemente evidenziato da C.-M. Edsman.


Jacques Le Goff, La nascita del Purgatorio, Einaudi, 1996 (ed. or. fr. 1981), pp. 51-54. [ho omesso le note].

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