Miti e simboli non scompaiono mai dall'orizzonte della storia

È della massima importanza, pensiamo, ritrovare tutta una mitologia, se non una teologia, dissimulata nella vita più « qualunque » dell'uomo moderno: sta a lui risalire la corrente e riscoprire il significato profondo di tutte quelle immagini appassite e di tutti quei miti degradati. Non ci si venga a dire che queste scorie non interessano più all'uomo moderno, che esse appartengono a « un passato di superstizione » fortunatamente liquidato dal XIX secolo, che va bene per i poeti, per i bambini e la gente che viaggia in metropolitana rimpinzarsi di immagini e di nostalgia ma, per pietà!, si lasci che la gente seria continui a pensare e a « fare la storia »: una separazione del genere tra « le cose serie della vita » e le « fantasticherie » non corrisponde alla realtà. L'uomo moderno è libero di disprezzare le mitologie, tuttavia ciò non gli impedirà di continuare a nutrirsi di miti decaduti e di immagini degradate. La più terribile crisi storica del mondo moderno - la seconda guerra mondiale e tutte le conseguenze che ha portato con sé e si è trascinata dietro - ha dimostrato a sufficienza che pensare di sradicare miti e simboli è pura illusione. Anche nella « situazione storica » più disperata (nelle trincee di Stalingrado, nei campi d concentramento nazisti e sovietici), degli uomini e delle donne hanno cantato romanze, ascoltato delle storie (sono giunti al punto di sacrificare una parte della loro magra razione per offrirsi questo piacere) e quelle storie non facevano che trasmettere dei miti, quelle romanze erano cariche di « nostalgie ». Tutta questa parte, essenziale e imprescindibile dell'uomo, che si chiama l'immaginazione nuota in pieno simbolismo  e continua a vivere [in] miti e simbologie arcaici.

[ Qui vengono in mente le pagine in cui Primo Levi racconta ad un compagno di lavoro nel lager di Auschwitz il canto dantesco di Ulisse, e nel raccontare si infervora al punto che giunge a pensare che darebbe la sua razione di cibo di quel giorno pur di ricordare alcune terzine che gli sfuggono]


Mircea Eliade, Immagini e simboli, Jaca Book, 2015 (ed. or. 1952), pp. 21-22.

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