I meccanismi cerebrali dell'estasi

Immaginiamo per esempio di essere appena tornati a casa dopo una lunga giornata di lavoro. È venerdì sera e abbiamo davanti un piacevole weekend. Per scacciare le ansie della settimana lavorativa, decidiamo di fare un bel bagno: accendiamo qualche candela, ci versiamo un bicchiere di vino, ci sintonizziamo sulla nostra stazione radio preferita ed entriamo nella vasca.

Involontariamente abbiamo posto le basi ideali del rituale. Le candele, il vino, gli effetti rilassanti del bagno assegnano a questa serata il crisma del momento speciale. Come l'atmosfera suggestiva e le azioni marcate che rafforzano gli effetti del rituale religioso, questi fattori stimolano l'attività limbica e autonoma, informando la mente che sta succedendo qualcosa di speciale.

Mentre ci rilassiamo in vasca, la radio trasmette una dolce ballata romantica il cui ritmo lento e costante attiva il sistema parasimpatico. Aumentando, l'attività parasimpatica induce l'ippocampo a esercitare una lieve azione inibitoria sul flusso neurale e questo provoca una parziale deafferentazione dell'area dell'orientamento, per cui proviamo una piacevolissima ondata di serenità, una sorta di piccola trascendenza.

Se però la musica proseguisse, i livelli di attività parasimpatica continuerebbero a salire e la serenità si trasformerebbe in qualcosa di più intenso, perché la prolungata risposta parasimpatica bloccherebbe sempre di più l'area dell'orientamento; tale blocco estensivo produrrebbe un più pronunciato stato unitario, dandoci l'impressione di essere beatamente assorbiti dalla musica.

Così, una placida canzone suonata nell'ambiente adatto può condurre a un'ascesi e a uno stato alterato di coscienza non diversi da quelli indotti dai rituali. Lo stesso risultato si può ottenere con altri comportamenti ritmici che agiscono sull'umore. Attività ritmiche lente come leggere una poesia, cullare un bambino o pregare hanno lo stesso effetto, mentre attività ritmiche veloci come partecipare a una maratona, avere rapporti sessuali o fare il tifo allo stadio con altre migliaia di appassionati di calcio ne hanno un altro. Per la verità entrambi i tipi di attività conducono il cervello a stati estatici, ma lo fanno attraverso meccanismi leggermente diversi.

In ciascun caso il comportamento ritmico produce stati unitari tramite il blocco dell'area dell'orientamento, alla quale non arriva più il flusso neurale, e l'intensità dell'effetto dipende dal grado di deafferentazione. Poiché, in teoria, il grado può aumentare di qualsivoglia entità fino al blocco totale, è possibile un ampio spettro di stati sempre più estatici. Chiamiamo questo spettro continuum unitario, un continuum che comprende tanto le esperienze profonde dei mistici quanto i piccoli momenti di trascendenza quotidiana della gente comune e che dimostra come, sotto il profilo neurologico, le une e gli altri differiscano non per qualità, ma solo per quantità.

Lo stato mentale che ci è più familiare, nel continuum, è quello in cui ci troviamo nella maggior parte della vita quotidiana. Mangiamo, dormiamo, lavoriamo, interagiamo con gli altri, e benché ci rendiamo conto di essere in qualche modo connessi con ciò che ci circonda (la famiglia, il quartiere, la nazione e così via), esperiamo il mondo come qualcosa di nettamente distinto da noi.

Quando però saliamo lungo il continuum unitario, il senso di separatezza si attenua sempre di più. Possiamo essere indotti a uno stato di lieve trascendenza dall'arte, dalla musica o da una passeggiata autunnale nel bosco. Possiamo poi raggiungere stati unitari più profondi durante periodi di intensa concentrazione o durante quell'intossicazione modificatrice del carattere che è l'amore romantico.

Simili attività, e gli stati trascendenti che producono, non sono religiose in senso stretto, ma sotto il profilo neurologico somigliano a molte esperienze mistiche prodotte dall'attività religiosa. Sono esperienze che si trovano lungo lo stesso continuum neurologico e che, come tutti gli stati unitari non spirituali, sono più o meno intense secondo il grado di deafferentazione dell'area dell'orientamento.

A livelli bassi il blocco produce lievi sensazioni estatiche, come il senso di unione e di ispirazione comune dei fedeli che partecipano a una funzione religiosa solenne. Se ci spostiamo lungo il continuum, troviamo una successione di stati unitari sempre più intensi, caratterizzati dal timore reverenziale e dal rapimento spirituale. quando i rituali sono rigorosi e prolungati, possono insorgere trance, verificarsi momenti di estasi, aversi visioni vivide. Al vertice del continuum, dove la deafferentazione è massima, rinveniamo gli stati di profonda unione spirituale con una realtà più vasta che ci sono stati descritti dai mistici.

Come abbiamo già spiegato, agli stati estatici intensi non si arriva con un mero comportamento rituale fisico. In genere il corpo umano non sopporta un'intensa attività rituale per il tempo necessario a permettere che la deafferentazione raggiunga il vertice. I mistici di tutte le tradizioni lo hanno capito per via intuitiva e, per arrivare agli stati di più profonda unione con il divino, hanno imparato a coltivare l'inesauribile potere della meditazione.

A seconda delle tradizioni, la tecnica meditativa assume forme e funzioni diverse. Alcuni mistici inducono la mente a una concentrazione estrema, quasi da raggio laser; altri cercano di eliminare la concentrazione e cancellare tutti i pensieri. Alcuni si dedicano alla preghiera contemplativa riflettendo sui sacri misteri o su certi versetti delle scritture; altri pregano in maniera più passiva, limitandosi a contemplare la possibilità di Dio; altri ancora ricorrono a una combinazione di tecniche per favorire la ricerca spirituale. Ma qualunque metodo le tradizioni mistiche usino, lo scopo è quasi sempre lo stesso: mettere a tacere la mente conscia e affrancare la consapevolezza dalla morsa dell'io. Come neurologi, siamo affascinati soprattutto da una cosa: quasi tutti i metodi usati dai mistici sembrano concepiti apposta per innescare il processo si deafferentazione (oltre che altre funzioni cerebrali correlate) e per spingerlo molto oltre il livello prodotto dal semplice rituale.

Nel complesso, le tecniche di meditazione si possono dividere in due ampie categorie: quelle passive, in cui si cerca di liberare la mente da tutti i pensieri consci, e quelle attive, in cui si cerca di concentrarsi bene su un oggetto, come un mantra, un simbolo o un verso della scrittura.


A. Newberg - E. d'Aquili, Dio nel cervello, Mondadori, 2002 (ed. or. 2001), pp. 117-119 [ho omesso le note].

Commenti