La compresenza di bene e male nelle figure della mitologia indiana (coincidentia oppositorum)

[...] il bene può servire a compiere il male; una creatura demoniaca, attraverso le «rinunce» ascetiche che si è imposte, può conseguire la «libertà» di compiere il male; poiché le sue buone azioni costituiscono una sorta di riserva di forze magiche, che le permettono ogni tipo di attività.

Ma questa «confusione» ha un suo senso nascosto. Infatti, per chi vuole trovare l'assoluto e conquistare l'autonomia spirituale, che significato può avere «il male» e «il bene»? Si tratta di valutazioni che hanno un senso e una validità soltanto nel mondo delle apparenze, in questa vita «ignorante» che tutti conduciamo, a livello delle forme (nāmarūpa) e delle delimitazioni individuali. Ma questo livello è privo di «realtà»; tutto ciò che è multiplo e in divenire è privo di realtà, è «illusorio». Quindi, sia il bene che il male, per colui che si può sollevare al di là dei «contrari», sono apprezzamenti soggettivi, illusori.

Il saggio (nel senso indiano della parola: colui che si distacca dalle cose) può vedere come coincidono gli estremi e si fondono i contrari nell'unità divina, nell'assoluto. Per questo motivo, tutte le tecniche ascetico-contemplative indiane insegnano al saggio a rimanere indifferente di fronte ai contrari: bene-male, bello-brutto, piacevole-doloroso, caldo-freddo, ecc. Chi si è incamminato sulla via della «salvezza», chi tende a conquistare l'autonomia perfetta dello spirito, deve realizzare nella propria esperienza la «totalizzazione» dei contrari, che è il segno della Spirito puro.

Questa idea fondamentale - che tutti i «cambiamenti» e i contrasti sono apparenti - si incontra fin dai testi vedici [...]

Tutti i «sistemi» filosofici indiani convergono verso un unico obiettivo: la pluralità e il divenire sono illusori o, in ogni caso, privi di significato; l'assoluto dello spirito puro è altrove (neti! neti!, «né questo! né questo!» il grido del saggio delle Upaniṣad); il solo mezzo per conquistare l'autonomia spirituale è di superare i contrari, di comprendere che il bene e il male, la luce e le tenebre, ecc., sono momenti della medesima unità in diverse manifestazioni.


Mircea Eliade, Il mito della reintegrazione, Jaca Book, 2002 (1942 l'anno di composizione in romeno), pp. 41-43.

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