Popper: l'infalsificabilità di marxismo e psicoanalisi

L'epistemologia di Popper e la dottrina del Demarkationskriterium (= criterio di demarcazione) fra asserzioni scientifiche e asserzioni non-scientifiche risulta ancor più chiara se vista in riferimento alla critica di due fra le più importanti esperienze culturali dell'età contemporanea: il marxismo e la psicanalisi.

In « Il criterio della rilevanza scientifica » (Conjectures and refutations, 1965, pp. 33-41), Popper scrive: « Fu nell'estate del 1919 che incominciai a sentirmi sempre meno soddisfatto di tali teorie, la teoria marxista della storia, la psicanalisi e la psicologia individuale, diventando dubbioso circa le loro pretese di scientificità. Il mio problema dapprima si configurò nella semplice forma: "che cosa non va nel marxismo, nella psicanalisi e nella psicologia individuale? Perché queste dottrine sono così diverse dalle teorie fisiche, dalla teoria newtoniana e soprattutto dalla teoria della relatività?" ». Meditando sulla questione, continua Popper, « mi accorsi che i miei amici simpatizzanti di Marx, Freud e Adler erano impressionati da alcuni punti condivisi dalle tre teorie, e in particolare dal loro apparente potere di spiegazione. Esse, infatti, sembravano capaci di spiegare praticamente ogni cosa che accadesse nei loro rispettivi campi. Studiandone una qualunque, pareva di attingere una conversione o rivelazione intellettuale, tale da dischiudere alla vista una nuova verità, preclusa agli occhi dei non iniziati. Dopo essere stati così illuminati, si riuscivano a cogliere delle conferme ovunque: il mondo era pieno di verifiche della teoria... La sua verità appariva perciò manifesta, e quanti non vi credevano risultavano chiaramente persone che non volevano vedere la verità manifesta, che si rifiutavano di vederla, o perché contrastava con i loro interessi di classe, o a causa delle loro inibizioni, tuttora "non analizzate" e reclamanti un trattamento clinico ».

Di conseguenza, ribatte Popper, « l'elemento più caratteristico di questa situazione mi sembrò essere l'incessante flusso di conferme, di osservazioni atte a "verificare" le teorie considerate... Un marxista non poteva aprire un giornale senza trovarvi in ogni pagine delle prove a sostegno della propria interpretazione della storia; e questo non solo nelle notizie, ma anche nella presentazione - rilevante i pregiudizi classisti del giornale - e soprattutto, ovviamente, in quello che esso non diceva. Gli analisti freudiani sostenevano che le loro teorie erano costantemente verificate dalle "osservazioni cliniche". In quanto ad Adler, restai molto colpito da un'esperienza personale. Una volta, nel 1919, gli riferii di un caso che non mi pareva particolarmente adleriano; ma egli senza alcuna difficoltà lo analizzò in termini della sua teoria dei sentimenti di inferiorità pur non avendo neppur visto il bambino. Un po' sconcertato, gli chiesi come potesse essere così sicuro: "A causa della mia esperienza di mille casi", egli rispose: al che io non potei evitare di soggiungere: "esperienza che ora è divenuta di mille casi e uno" » (ivi).

Da questa limpida quanto polemica pagina di Popper, traspare già la critica di fondo che Popper rivolge al marxismo e alla psicanalisi: quella di essere organizzate in modo tale da sfuggire al « rischio » della falsificazione. Mentre la dottrina einsteniana della gravitazione si presenta con un potere esplicativo limitato, e aperto ad una possibile smentita da parte dei dati empirici, marxismo e psicanalisi si presentano entrambe come delle dottrine onni-esplicative e « a maglie larghe », ossia non suscettibili di sufficiente falsificabilità, oppure dirette a « parare » le prove di falsificabilità con continue « ipotesi di salvataggio ». Ad esempio, per quanto riguarda il marxismo, « le previsioni implicate da taluni suoi enunciati originari (come l'analisi della "incombente rivoluzione sociale" ad opera di Marx) erano controllabili e di fatto vennero falsificate. Tuttavia, invece di accettare le confutazioni, i seguaci di Marx reinterpretarono sia la teoria, sia le prove empiriche per farle concordare [e la medesima cosa fecero i primi cristiani quando videro che le profezie di Paolo sulla fine imminente dei tempi  non si verificavano. Nelle religioni naturalmente l'infalsificabilità è imprescindibile, essendo delle "narrazioni della Verità" per definizione]. Così, salvarono la teoria dalla confutazione, ma riuscirono in ciò al prezzo di adottare un espediente destinato a renderla inconfutabile. In tal modo, attuarono una "mossa convenzionalistica" nella teoria, col quale stratagemma ne distrussero la conclamata pretesa di possedere una stato scientifico » (ivi). Analogamente, per quanto riguarda le dottrine psicanalitiche, esse risultano compatibili con i più disparati comportamenti umani, così da rendere praticamente impossibile l'indicazione di un comportamento umano non idoneo a essere addotto come conferma di tali teorie:

« Posso illustrare tale circostanza con due esempi assai diversi di comportamento umano: quello di un uomo che spinge un fanciullo nell'acqua con l'intenzione di affogarlo; e quello di un uomo che sacrifica la propria vita tentando di salvare il ragazzo. Ciascuno di questi due casi può venir spiegato con pari facilità in termini freudiani e in termini adleriani. Per Freud, il primo uomo soffriva di qualche repressione (poniamo, di qualche componente del complesso di Edipo), mentre il secondo uomo aveva attinto la sublimazione. Per Adler il primo uomo soffriva di sentimenti d'inferiorità (determinanti, forse, la necessità di provare a se stesso che aveva il coraggio di commettere un simile crimine), e altrettanto succedeva al secondo uomo (la cui esigenza era di provare a se stesso che aveva il coraggio di tentare il salvataggio del ragazzo » (ivi).

Contro il marxismo e la psicanalisi, come contro tutte le dottrine non sufficientemente falsificabili, Popper propone quindi uno « stato d'assedio » metodologico, secondo i princìpi seguenti:

  1. « È facile reperire delle conferme, o verifiche, di quasi ogni teoria, se si cercano appunto delle conferme.
  2. Le conferme dovrebbero aver valore solo se rappresentano il risultato di previsioni rischiose, cioè se non illuminati dalla teoria in questione, ci saremmo dovuti aspettare un evento incompatibile con essa, vale a dire un evento che l'avrebbe confutata.
  3. Ogni "buona" teoria scientifica è una proibizione: preclude l'accadimento di certe cose. Tanto maggiore è il numero delle cose così precluse, tanto migliore risulta la teoria.
  4. Una teoria che non può venir confutata da nessun evento concepibile non è scientifica. L'inconfutabilità di una teoria non è (come spesso si ritiene) una virtù, bensì un vizio.
  5. Ogni controllo genuino di una teoria è un tentativo di falsificarla, o di confutarla. La controllabilità coincide con la falsificabilità; ma vi sono gradi di controllabilità: alcune teorie sono più controllabili, più esposte alla confutazione di altre. Esse si assumono, per così dire, i rischi maggiori
  6. Gli elementi probatori non dovrebbero avere valore ai fini della conferma, se non quando sono il risultato di un controllo genuino della teoria; il che significa che questo possa venir presentato come un serio, ma inefficace, tentativo di falsificare la teoria stessa (ora, in casi simili, parlo di "elementi probatori corroboranti").
  7. Alcune teorie genuinamente controllabili, una volta rivelatesi false, vengono nondimeno ancora sostenute dai loro fautori, per esempio introducendo qualche assunzione ausiliare ad hoc, o reinterpretando ad hoc la teoria stessa, in modo da sottrarla alla confutazione. Una procedura siffatta è sempre possibile, ma salva la teoria dalla confutazione solo al prezzo di distruggere, o almeno d'infirmare, il suo stato scientifico (successivamente descrissi tale operazione di salvataggio come una mossa convenzionalistica o uno stratagemma convenzionalistico) » (ivi).


Nicola Abbagnano - Giovanni Fornero, Filosofi e filosofie nella storia. Vol. 3. Ottocento e Novecento, Paravia, 1986, pp. 642-644. [Il commento tra parentesi quadre è mio; ho leggermente modificato la forma grafica dell'elenco numerato per motivi pratici].

Commenti